Mi trovo abbastanza in sintonia con rimatt. Questo è un buon albo, non certo un capolavoro, ma che sembra trascendentale se paragonato allla fiacchissima serie regolare di questi ultimi tempi.
E comunque Roi, anche quando pochissimo ispirato (come appunto qui), vale di più dei piattamente illustrativi Montanari & Grassani.
seguono
S
P
O
I
L
E
R
La capanna nel boscoMarzano sforna un soggetto dove Dylan e i suoi occasionali compagni si ritrovano immersi in una Natura primordiale che, lungi dall'essere il paradiso di cui parlava Rousseau, si rivela una sentina di pericoli. Ovvero: uno dei più comuni tra i luoghi comuni dell'horror, fin dai tempi di
Un tranquillo weekend di paura (ma anche prima).
Tutta la prima parte rigurgita di clichè: i villici che paiono appena un gradino sopra i pitecantropi nella scala evolutiva, l'impossibilità di avere contatti con la "civiltà" (niente telefoni, niente auto), il senso di pericolo crescente culminante con la caccia all'uomo...
Tutto questo viene ribaltato nel finale genuinamente a sorpresa, dove il rapporto Buoni-Cattivi appare invertito, e quindi anche l'accumulo di clichè nella prima parte aveva una "ragion d'essere": era finalizzato al ribaltamento finale.
Buona l'idea e buono il finale, ma la storia nel complesso scricchiola un po'. Il problema è che la prima parte appare davvero troppo luuuunga e monotona, inzeppata com'è di conversazioni noiose, situazioni ripetute fino allo sfinimento e una generale mancanza di suspense.
Soprattutto i personaggi sono privi di qualità: o sono di un'antipatia sublime (Serena e il mandrillo in berretto da baseball) o sono insignificanti (gli altri due... Manco ricordo i loro nomi!). Con queste premesse la caccia all'uomo, che nelle intenzioni dell'autore doveva chiaramente generare tensione, risulta piatta e noiosa. E' difficile appassionarsi quando i personaggi sono solo macchiette e quindi non ti frega niente se vivono o muoiono!
Inoltre Dylan fa quello che fa sempre più spesso negli ultimi tempi, vale a dire "non fa", a parte ciondolare e trinciare giudizi.
Peccato, perchè con un po' più di cura nella gestione della prima parte la storia poteva davvero risultare qualcosa di speciale. Così è solo da 6,5
ParanoiaUn Ruju abbastanza curato stende un soggetto appartenente al filone delle storie dylaniane più visionarie e paranoiche (e, in qualche modo, intimiste). Persino i dialoghi funzionicchiano, caso miracoloso trattandosi di Ruju!
Il senso di solitudine e angoscia c'è, però la storia non manca di difetti. Il problema principale è che le "visioni" sono quasi sempre molto banali. Corridoi lunghissimi... Scarafaggi dalle pareti... Gocce dai rubinetti e luce che se ne va... Tutto più o meno già visto, anche in numerosi albi vecchi di Dylan. Non so se il problema sia più di Ruju o di Roi (che qui si limita a svolgere il compitino assegnatogli con diligenza, ma senza fantasia), però il senso di paranoia finisce coll'essere più 'enunciato' che effettivamente vissuto o percepito come tale.
Forse ciò dipende dal fatto che Ruju non è molto portato per le trame visionarie; i numerosi albi polizieschi e noir da lui sceneggiati dimostrano da tempo che la sua 'indole' propende assai di più per il razionale.
La storia, comunque, su lascia leggere piacevolmente, anche se il finale tende a essere un po' troppo sbrigativo.
Gita fuori portaMignacco butta giù il soggetto meno ambizioso del lotto e forse per questo più riuscito. Niente pippe mentali qui! L'intento è fornire un po' di sano e spensierato divertimento. Non a caso Groucho si trova perfettamente a suo agio e Dylan appare assai più sciolto e meno 'trombone'.
I difetti sono più o meno gli stessi delle altre due storie, soprattutto prevale la scarsa fantasia. Le fiabe sono rappresentate esattamente come uno se l'aspetta, senza guizzi: Barbablù ammazza le mogli, la strega trasforma le persone per mangiarle, il drago sputa fuoco e brucia... e così via. Inoltre non mancano lungaggini e ripetitività.
Detto ciò, la storia scorre via liscia e piacevole, senza troppe cadute di ritmo.