Cravenroad7

Sembra che gli ospiti di un ospizio abbiamo cessato di morire e siano tutti ultracentenari, sicché il suo proprietario (evidentemente non preoccupato dal fatto che i ricavi della struttura derivano proprio dalla permanenza degli ospiti) si rivolge a Dylan per risolvere l'arcano.
La storia si svolge piatta con Dylan che si beve tutto ciò che raccontano i simpatici vegliardi, che iniziano a morire.
Ed il suo quinto sesto e mezzo pizzica....(bah!).
Sembra assodato che essi si uccidano tra di loro per godere di un ulteriore scampolo d'immortalità per chi sopravvive (!?)
quando, morto l'ultimo ospite, in un finale che riscatta la piattezza della storia, si scopre che era tutta una sceneggiata.
Dylan beffato come un gonzo (senza che facesse peraltro alcuna indagine peraltro sull'identità degli anziani) da ospiti dell'ospizio, gestore e diretttrice sanitaria (almeno però due colpi glieli ha dati).

Anche Mari, che non mi piace molto in generale, mi è parso un po' abulico.

Partiamo inanzittutto dall'atmosfera molto dark e angosciante, merito soprattutto di Nicola Mari che ricrea un ambientazione puramente HORROR. I "vecchietti" sono macchiette che, per le loro peculiarità (la nonna vampira, gli eterni innamorati, il povero diavolo, il fauno, la cuoca diabetica), assumono un carattere divertente e grottesco. Piatta, invece, la fiamma del mese (grazie Di Gregorio per aver fatto consumare Dylan ). Interessanti le varie storielle dei personaggi (alcune di sclaviana memoria come la Morte),la ritrovata crudeltà di determinate sequenze (l'uccisione di Adam) e la sottile ironia di fondo (la morte di Daisy con un pennello di frassino).

La trama, molto barbatiana, è ben strutturata e il finale, secondo me, è davvero spiazzante. Mi aspettavo il solito serial killer (pensavo ad Hudson, la dottoressa o addirittura al poliziotto) o qualche evento soprannaturale, e invece Di Gregorio tira fuori dal cilindro un idea geniale.

la morte di Adam uber alles)

Finalmente un GDG di gran lunga sopra la sufficienza. Ovviamente nulla di eccezionale, ma con l'albo # 283 è sicuramente il miglior Di Gregorio finora pubblicato sul mensile. Condivido quanto detto da Survivor sul fatto che GDG non sappia sviluppare i suoi soggetti e mi dispiace che il (purtroppo) "nuovo Ruju" debba usare DyD per perfezionarsi (ed è improbabile che raggiunga i livelli che teneva Chiavarotti o della Barbato di Necropolis). In ogni caso questo mese ci ha fornito un ottima prova, una sceneggiatura finalmente decente dopo quella dell'albo # 291 Senza trucco né inganno e dei personaggi ottimamente caratterizzati (e in questo mi riferisco ovviamente agli anziani ospiti che sono i veri protagonisti dell'albo). Per il resto molto belle le atmosfere di Mari che aiuta GDG a rendere grottesca una scena inquietante (p. 57 Daisy che innocentemente cerca le sue pillole dopo essersi trasformata), che rende perfettamente l'atmosfera onirica e illusoria dei ricordi di Daisy (pp. 42 e 43), quella gotica delle scene con Edgard (pp. 25-26, 35-37), quella cupa ed evocativa dei racconti di Thomas e Adam (pp. 52-53, 68-69) e ottimi i racconti dell'orologio interno, dell'amore che vince sulla Morte, del Diavolo, della fotografia e anche della nonna vampira che dipinge gli ospiti per come sono realmente. Degna di nota la comparsa dell'Oscura Signora sclaviana.
C'è da dire che il finale mi ha ricordato lo spettacolo "Il club dei suicidi" dell'albo # 31 Gran Guignol, che parlava di un gruppo di attori che dovevano suicidarsi uno dopo l'altro.

...continuo a vedere sempre di più il coniglio nascosto nel cappello dello sceneggiatore. Anche questa storia, come altre sue, l'ho letta seguendo il mistero, o il 'trucco', che reggeva tutta la storia, in questo caso un' ultima recita di una compagnia di attori, nel caso di "lavori forzati" lo spirito dell'extracomunitario,ecc. Diciamo che le storie di DG le divoro fino alle ultime pagine per vedere come va a finire. E quando si legge così, senza soffermarsi sulle pagine (che sia per puro interesse,o per un'emozione o semplicemente per un dettaglio che vedi risaltare e che senti tuo) diventa una lettura che vale quei venti minuti di impiego.

Un soggetto che si dipana catapultando subito il nostro eroe nel vivo della vicenda. L'idea di persone che non invecchiano non sarà originalissima, ma è resa da Di Gregorio con una inventiva vivace che mette Dylan in una serie di situazioni ben congegnate, anche se di tanto in tanto si avverte la propensione alla retorica del nostro. Il finale, però, pur presentando qualcosa che si può assimilare ad uno spiegone, lo fa con una delicatezza ed un sentimento che lo rendono sopportabile, lasciando l'autore sbigottito dal colpo di scena. Il Dylan di Di Gregorio è, come è accaduto in altre occasioni, aderente al personaggio, mentre i soliti comprimari sono totalmente assenti. La potenza evocativa dei personaggi di contorno, invece, è dettata dal carattere che Di Gregorio imprime loro, piuttosto che per i dialoghi che a volte appaiono un po' troppo sempliciotti, anche se in certe occasioni (vedi la morte di Edgard) brilla per forza evocativa ed espressività. Mari un po' sottotono in certe occasioni, con un senso delle proporzioni non sempre reso al meglio (Daisy a pagina 45 dà quasi l'idea di essere un cartonato), mentre in altre mantiene una vis espressiva di notevole fattura, specie quando i temi si fanno sognanti o surreali, condendo con il suo solito tratto sofferto la psicologia dei personaggi. La copertina di Stano è invece l'ennesima perla di una stagione che lo ha visto sempre protagonista: i quadri sembrano gettare uno sguardo inquietante sul lettore da ogni angolazione e le tinte cupe della colorazione fanno da contorno efficace, lasciando in chi la guarda un senso di smarrimento