Cravenroad7

Mi accodo agli sbavi sui disegni di Stano.

Quando leggo una storia di Paola raramente vengo deluso, ed è la stessa considerazione che faccio quando Burattini scrive Zagor; Paola non è mai banale, chiaramente ci sono storie che, complice la sensibilità  di ognuno, hanno riscontri opposti, ma mai lasciano indifferenti. Questo preambolo per dire che ANIME PRIGIONIERE conferma quanto appena esposto. Come non appassionarsi e, soprattutto, identificarsi con la disperazione dei vari protagonisti di questo albo? Ognuno porta il suo mattoncino, necessario e imprescindibile al pari degli altri, per costruire la vicenda e renderla coinvolgente, anche grazie ai disegni struggenti di Stano. Menzione doverosa per la padrona del cagnolino, che simboleggia purtroppo fedelmente la situazione di tante persone.

Certo che ci voleva Paola Barbato accoppiata a Stano per riesumarmi...

Dopo l'inverecondo tonfo del mese scorso di Di Gregorio, con una storia avvincente quanto il trucco dei fazzoletti annodati nella manica del prestigiatore, la storia di questo mese è decisamente 'boh'!

Brutta? Boh. Bella? Boh. Cosa mi rappresenta? Boh. Commovente come dichiarato nell'Horror Club Premium di apertura? Decisamente no.

Diciamo subito che i disegni di Stano nobilitano tutto (praticamente perfetti, ma praticamente lo dico di ogni sua nuova storia, anche se in questo caso il ricorso al digitale è alquanto manifesto e in alcune circostanze sgradevole).
Non che la storia manchi di maestria, eppure ad essa si giustappone il solito 'torbido Barbato' (introduciamo il nuovo nemico figo che ci teniamo buono per un prossimo ritorno fra mille albi e per altre mille storie, con oscure allusioni e sentori di cattivi presagi nell'aere; un Cagliostro ingiustificato ma mettiamolo giusto per ricordare che c'è; i soliti gggiovani fighi e incazzosi alla Barbato; una morale controversa all'essenza di violetta).
Inoltre la storia è esile esile, proprio quello che non mi aspetterei da Barbato, con uno scioglimento altrettanto esile esile.

Non brutta né bella, ma cribbio, almeno lei può dare qualcosa in più. E non l'ha dato.

Una buona storia, una discreta boccata d'ossigeno dopo una manciata di albi dimenticabili (quando non pessimi, come quello del mese scorso). La Barbato sa scrivere, e questo, nonostante qualche difetto, è un albo ben scritto. Il che dovrebbe essere il minimo sindacale, e invece di questi tempi è addirittura un valore aggiunto (definire dilettantesco il finale di Senza trucco né inganno è fargli un complimento: probabilmente certi dilettanti farebbero meglio).

Prendendo per buona la parola della Barbato e accettando il fatto che le similitudini evidenziate da Cyber Dylan siano del tutto casuali, c'è da complimentarsi per il soggetto di questa storia, bizzarro e poco canonico eppure dylaniano quanto basta. Anche il modo in cui il protagonista è gestito è gradevole: avrei preferito una caratterizzazione più ironica, ma questo Dylan va comunque bene. Per una volta il Nostro si ricorda di essere un indagatore (dell'incubo) e conduce con abile piglio investigativo un'indagine degna di questo nome, dimostrando di meritare la sua qualifica. Mi fa piacere rivedere, se non il Dylan ironico e scanzonato di una volta (che di recente ho ritrovato solo in alcune sublimi sequenze del Giorno del licantropo meddiano), quantomeno un Dylan empatico e partecipe, realmente coinvolto nel caso che sta trattando, realmente vicino alla vittima (alle vittime), realmente sofferente. Non che di recente non si sia visto Dylan soffrire, partecipare, empatizzare: però la Barbato, a differenza di altri autori, riesce a rendere autentici e perfettamente credibili i sentimenti del suo protagonista; riesce, in una parola, a donargli spessore.

Difetti ce ne sono: su tutti, la caratterizzazione poco approfondita dei ragazzi che assumono Dylan (che alla fin fine spiccano solo per la riuscita caratterizzazione grafica) e una certa pesantezza (giustificata ma comunque evitabile, IMO) in alcuni atteggiamenti di Dylan. Però, stavolta la complessiva riuscita della storia riesce a far passare questi difetti in secondo piano: ci sono e li segnalo, ma non risultano particolarmente fastidiosi.

Nota dolente: la resa dei disegni. Le ultime due prove di Stano sono state fortemente penalizzate (per non dire massacrate) dalla stampa bonelliana: nel Giorno del licantropo lo sfumato era sporco e impastato, in questo Anime prigioniere la stampa retinata preserva le mezzetinte ma distrugge l'incisività del tratto di Stano (da sempre le sue linee nette e taglienti sono uno dei suoi punti di forza). Fino a qualche anno fa problemi di questo genere non ce n'erano: possibile che negli ultimi tempi la stampa bonelliana sia peggiorata fino a questo punto? I disegni sarebbero splendidi, in sé, ma in questo modo la loro bellezza viene pesantemente smorzata. Peccato.

Concludendo: un albo buono, e anche qualcosina in più.

quoto quanto detto da Rimatt e in prima pagina da Tommaso

Sarebbe 6,5, ma arrotondo anch'io a 7!

@rimatt:
il problema della stampa c'è che da quando vengono digitalizzate le tavole e non più fotografate. ma è evidente solo con le mezze tinte o le retinature fatte al pc. c'è un albo di nathan never di qualche tempo fa e parlando con il disegnatore venne fuori che le retinature perfette in stampa erano quelle applicata a mano, quelle seghettate e sfuocate erano quelle fatte con il pc.

Ho votato OTTIMO. Una storia che mi è piaciuta completamente e in tutto. Cosa che, a dire il vero, non accadeva da tempo.
Bellissimi i disegni di Stano. Questa cosa delle mezze tinte mi ha stupito positivamente.
La storia della Barbato l'ho trovata bellissima. Un po', lo ammetto, temevo questo numero. Dopo "Il santuario" partivo un po' prevenuto, nonostante abbia sempre amato molto le storie di paola.

Non capisco tutto questo entusiasmo.Storia banalissima,sceneggiatura confusa,finale piatto,anzi,piattissimo......

De Gustibus....io non capisco i due che han votato "insufficente" quindi ...

Te la appoggio, hi mate.

Ammetto che un po' di continuity non mi dispiacerebbe. Magari non eccessiva (con la memoria di cacca che mi ritrovo finirei per scordarmi molte cose ). Solo un filino....qualche nuovo personaggio che magari ogni tanto torna o qualche cattivo (come prima era Xabaras) che ogni tanto riappare, magari la stessa fidanzata per più di un albo (ma non troppo a lungo, Dylan è un "figaiolo").
Insomma, se la Barbato avesse avuto idee di questo tipo io l'appoggerei completamente e spero che con quest'albo abbia posto qualche base per farlo.

Temevo qualcosa del genere... A dire il vero è un problema che ho notato anche altrove, per esempio nei volumi della collezione Carl Barks o in quelli di Gottfredson. Se non ho capito male, o si stampa "al tratto" (e si rovina lo sfumato) o si retina (e si rovina la nitidezza dell'inchiostrazione). Possibile che non si riesca a fare diversamente? E' paradossale che in questo caso la tecnologia risulti penalizzante.

non in bonelli, ma in altre inziative come ristampe poi si ha la digitalizzazione da un volume e non da tavole quindi la sgranatura peggiora ancora.
l'uso delle tavole non originali per la scansione da problemi anche nel classico bianco e nero, vedi la recente collana su toppi.

Sì, con le dovute cautele: sarebbe bello e utile se però ci fosse una costanza maggiore inerente la sottotrama che si vuole utilizzare, con dei ritorni o dei rimandi molto più frequenti rispetto a ora perché, così com'è posta attualmente, la cosa fa un pò ridere i polli (alla fine, non si capisce nemmeno bene se c'è o non c'è). Perché alla fine della fiera se 'sta benedetta continuity la utilizza solo la Barbato allora forse l'idea è meglio accantonarla definitivamente o i tempi di recupero tra un utilizzo e l'altro si diraderebbero troppo e per forza di cose andrebbero a creare inevitabilmente situazioni al limite del grottesco.
Questo mese abbiamo una storia della Barbato, il mese prossimo abbiamo Di Gregorio, poi avremo un esordiente, poi (adesso vado a caso) ci sarà  De Nardo, poi Medda, poi di nuovo Di Gregorio, poi Marzano, a seguire Recchioni, ancora Di Gregorio (e fin qui ovviamente non se n'è vista traccia della sottottrama), dopo di che ecco di nuovo la Barbato ai testi che la riutilizza. Forse. Però sono passati 8 mesi. Un serial americano è tutta un'altra cosa: il rimando è assiduo e inevitabile.
Tutto questo solo al fine di evitare situazione assurde e grottesche, come scrivevo prima: con questo numero io scopro che Groucho e Dylan hanno un gatto in casa che dorme sulla pancia di quest'ultimo....(?!). E' un problema squisitamente gestionale e non della Barbato (che alla fine rimane ancora coerente con la strada intrapresa, per carità ); penso che se si voglia affrontare la questione della continuity lo si debba fare in modo serio e non così "alla carlona" (c'è quando c'è e solo nelle storie della Barbato, sempre che si riesca a trovare il modo di inserirla). La domanda, quindi, è una sola: lo si vuole affrontare questo problema?

Due parole veloci sull'albo: non è piaciuta particolarmente nemmeno a me e concordo con Dario e Hi mate, specialmente per quanto riguarda le tristi per quanto banali caratterizzazioni dei giovani e la sceneggiatura, più confusa che convincente. Autrice enormemente sottotono rispetto ai suoi standard (inutili, a parer mio, i confronti con "Il santuario"..prendo ben altri esempi come metri di paragone per accontentarmi). Non mi piaceva già  di partenza il soggetto e lo sviluppo non mi ha convinto ugualmente.
Stano strepitoso come al solito.