beh se il fine di "Marty" era intristire c'è riuscito anche col sottoscritto.
non leggo i commenti precedenti ma annuso grande celebrazione. Dico brevemente che "Marty" per me è una storia addirittura INFANTILE ed EVANESCENTE nel suo complesso e quindi
UNA DELLE PIU' SOPRAVVALUTATE. Siamo tutti sclaviani, siamo tutti freak, OK. Ma non siamo tutti rincoglioniti o regrediti all'età puberale
"Marty" sconta un clamoroso buco nell'acqua dello Sclavi sceneggiatore e poi il "bis" della Neri soggettista già piuttosto arida di spunti nella precedente occasione ovvero "Il lago nel cielo". Laddove era scialbissima retorica, qui è addirittura il vuoto più assoluto di idee. Peraltro riproposto in pochissimi mesi il mezzuccio del fantasma/sdoppiamento di personalità con annesso splatter gratuito e poco ispirato vedi il fricchettone invisibile di "Ucronia" e il pazzoide di "L'assassino è tra noi". Ma si perde addirittura in spessore. Si va dritti senza pudore sulla melassa, si entra nel cuore della melassa stessa. Torna l'insopportabilissimo Botolo. Parolacce a gogò per colmare lacune (w le parolacce, ma la parolaccia è qui strumento conformista: inflazione di "stronzo"). Devo apprezzare e interpretare in questi termini una storia del Signor Sclavi??? Devo proprio, pur di felicitarmi di un suo ritorno? Dobbiamo toccare il fondo? "Marty" poveraccio spira in una stanzina brulla mentre la credibilità del ritorno sclaviano si scioglie come cioccolato di fronte al raggio dalla finestra. Un raggio che ci riporta al fardello di Johnny Freak, dell'eccesso, della commercializzazione del marchio DYD, del suo rinsecchimento espressivo il cui germoglio era nel seno dello sciagurato Johnny a ben leggere. Le uniche cose che salvano l'albo sono il contrasto tra mielosità delle scene in cui compaiono Dylan e Marty (non necessariamente insieme..) e la apparente carica psicologica dell'assassino, e forse le isterie di Bloch o il finale con la vignetta del funerale e la vignetta di Guccini. O forse il fatto che non siano presenti pistolotti diretti come nel periodo di "Cattivi pensieri", "Il gigante" o "Il lago del cielo" e che la retorica di fondo sia più interpretabile, ma in questo senso si lasciano comunque detestare le riflessioni vaghe di Dylan ("la gente... la gente" ma la gente CHE COSA????!!!! BASTAAAA
) o la solita associazione collettività =mostri. Insomma elementi che ti permettono di distinguerla da una qualunque imitazione masierana o manierista. Non mi sento di mettere nella lista delle cose buone nemmeno Casertano, normalizzato al punto di ridicolizzare lo splatter (secondo me molto meglio in "I mostri di Sullivan". Pù che un voto darei un aggettivo complessivo: PIETOSO, nel senso dello scaturire PIETAS. E profonda tristezza per un capovolgimento copernicano: Johnny Freak superstar