La prima storia è largamente insufficiente.
Le altre hanno maggiori o minori manchevolezze, ma nel complesso si mantengono sulla linea di galleggiamento.
seguono
S
P
O
I
L
E
R
Belve di città Un Mignacco ben lontano dai tempi migliori ci propina questo inutile sequel che evidenzia tutti i suoi tipici difetti attuali: indeterminatezza, ripetitività nelle situazioni, carenza di qualità narrative.
La storia è in pratica divisa in due parti.
Nella prima si ammucchiano confusamente situazioni (delitti + sogni) che vorrebbero far montare la tensione. Nella seconda si dipana il mistero (per modo di dire, perché i "cattivi" sono palesi fin dall'inizio).
Il risultato è decisamente fiacco. Nella prima parte sia i delitti che i sogni sono inscenati senza alcuna fantasia: i delitti non vanno oltre un "zak zak" facile facile e i sogni sono l'epitome della banalità .
La seconda non fa che mettere in scena situazioni inverosimili. Come è venuta in mente ai cattivi l'idea di screditare Dylan e Seline con un filmato FALSO?!?! Il piano riesce solo perché PER PURO CASO Dylan non avverte Bloch (ma i cattivi non potevano esserne certi, anzi il fatto che Dylan abbia per amico un ispettore avrebbe dovuto dissuaderli fin dall'inizio dall'inscenare una patacca così facilmente smascherabile). Bloch avrebbe detto subito a Dylan che i delitti sono stati commessi usando lame e che quindi il filmato era falso; bastava che l'ispettore accennasse alla cosa, anche senza bisogno che Dylan gli parlasse del filmato, e tutto il piano crollava.
Poi, perché uccidere Seline quando questa era già screditata?!?!?! Ammazzarla dopo il processo serve solo a far sospettare che forse una congiura esisteva davvero. Tanto valeva ammazzarla subito simulando un incidente, quando era lontano dai riflettori, invece di montare l'inutile video-patacca.
Il finale col classico
deus ex machina a risolvere la situazione è l'ultimo chiodo nella bara. Dylan, al solito, anche se si porta dietro la pistola non spara nemmeno a salve.
A parte questo, il tema dei capitalisti cattivi che ammazzano a dritta e a manca è risaputo e noioso. Non se ne può più di storie su capitalisti che fanno il male solo "perché sì", perché costituzionalmente cattivi, senza neanche provare ad analizzare SERIAMENTE le ragioni della loro cattiveria!!!!
Piccatto tira via che è un piacere!
Nela vignetta in cui è a letto con Seline, Dylan sembra una marionetta senza fili!!!
AutoscattoMarzano crea una specie di episodio di 'Ai confini della realtà ' in tono minore.
La prima parte, anzichè cercare la suspense, è tenuta su un registro dimesso e sottotono. Forse l'autore puntava al realismo, ma così ne fa le spese la suspense. Comunque una certa atmosfera c'è, anche per merito dei disegni di Dall'Agnol.
Finale con classico spiegone "uccisore di palle" che razionalizza (e banalizza) il tutto.
Il penitenteUn Ruju più controllato e meno frettoloso del solito realizza una storia buona e apprezzabile, con svolte narrative abbastanza imprevedibili.
Sfortunatamente il soggetto è insufficiente per reggere la lunghezza di 90 pagine. Si poteva svolgere in 50 o meno. Così la tensione viene annacquata da lungaggini piuttosto monotone, tipo le troppe pagine dedicate alla persecuzione di Dylan da parte di Mattie (ne bastava una, che diamine!)
Più condensata la storia poteva essere da 7,5 o da 8. Così è da 6,5.
La confessioneGiallo stinto danneggiato dal fatto che il "mistero" non è esattamente impenetrabile.
Insomma, ci sono solo 2 personaggi e l'avvocato non poteva essere colpevole (sarebbe stato DAVVERO troppo facile!!!!).
Nel finale Gualdoni cerca di risollevare la storiella buttandola sul patetico/melodrammatico. Naturalmente non ci riesce
Voto complessivo: 6 meno meno.
Senza la prima storia l'insieme avrebbe potuto essere un 6,5 o un 6 pieno.