Altre considerazioni dell'utente Juan Galvez (circa il ventennale e le ultime storie di Sclavi) attinenti con la discussione:
Cita:
Vorrei precisare e, se ci riesco, approfondire il discorso di Ozy.
Quando parla di "coglioneria" ha ragione.
Ha ragione in pieno quando parla di diffusa coglioneria dei comprimari: non interessano, quindi vengono tolti di mezzo narrativamente privandoli della loro individualità .
Il discorso si fa molto più complesso con Dylan Dog. La scena con la dottoressa dipinge, effettivamente, quello che oggi è il rapporto di Dylan con le donne secondo Paola Barbato. Un rapporto improntato a coglionaggine. Questo Dylan Dog infatti non è più la macchietta rujesca o chiaverottiana che timbrava il cartellino ogni mese ma, seppure in modo opposto, è altrettanto lontano dall'uomo innamorato dell'amore e dell'idea della donna che Sclavi aveva modellato. Perché anche la Barbato, lungi dall'umanizzarne la sfera amorosa, la riduce per contrappasso al contrario della macchietta che era diventata, facendone semplicemente una macchietta di segno contrario. L'errore sta nella pretesa umanizzazione, che non poteva che fallire: il rapporto sclaviano di Dylan Dog con le donne ha sapore irrealistico, fantastico, ma è umanissimo: un umanissimo sognare. Per tentare non di umanizzare, ma di rendere reale, non si poteva che svuotare il fenomeno amoroso di DD della sua particolare ma pienissima umanità .
Tuttavia.
Tuttavia Paola Barbato ha una sua (o del nuovo Sclavi?) precisa idea di Dylan Dog, e con il ventennale l'ha condotta a maturazione. Quel rapporto Dylan/Xabaras che Ozy stigmatizza è in realtà il colpo d'ala, il capolavoro della Barbato. E, attenzione, Ozy ha perfettamente ragione a stigmatizzarlo, perché è proprio in quel rapporto che si è infine risolto, scomparendo, il vero Dylan Dog di Sclavi. Dove Ozy sbaglia, è nel ritenere che fosse una soluzione semplicistica; dove sbaglia la Barbato è nel ritenere che Dylan Dog dovesse essere umanizzato. Ma umanizzare un personaggio che nella sua iconicità è tuttavia umanissimo, perché specchio e filtro della sensibilità eccessiva del suo autore - e nella sua serialità aggiornabile da quella di chi lo sappia scrivere - significa necessariamente cambiargli i connotati, NON approfondirlo. Non renderlo più umano, ma diversamente umano: sottrargli la fantasia per dargli la realtà . Ecco quindi che la Barbato in questi anni ne ha fatto via via il ritratto di un isterico. Il Dylan Dog di Paola Barbato non è più un uomo sensibile, è un isterico, un instabile emotivo dominato dalla sua fragilità nervosa: non è più il Peter Pan proverbiale, ma un vero Peter Pan, un ragazzo che realmente non ha saputo divenire adulto, come uno che potremmo incontrare ogni giorno: non li riassume più tutti. In questo senso il rapporto che si instaura con Xabaras in questi due albi è realmente un capolavoro di finezza psicologica: il crollo di tutte le difese di Dylan di fronte al manifestarsi della causa profonda della propria instabilità , il che non può che acuirla, e acuirne l'isteria: un crollo è tale perché improvviso e totale, ma questo è progressivamente fondato sugli ultimi anni di storie barbatiane, che hanno mostrato il personaggio sempre meno sensibile e sempre più schizzato.
Questo è il Dylan Dog di Paola Barbato, e lei l'ha ritratto mirabilmente. Che non c'entri un CAZZO con il personaggio di Sclavi è un altro paio di maniche.
Cita:
Sul numero 250 - Vado in controtendenza. Non nel giudizio globale sulla storia: se a qualcuno erano rimasti dei dubbi, questo albo li cancella definitivamente: Sclavi non ha più nulla da dire, e quel nulla lo dice male.
Vado in controtendenza perché questa storia ha un inizio folgorante, sclaviano, quasi geniale. Poi a pagina 20 Sclavi finisce la benzina, si ammoscia, si ripete, fa il verso a se stesso, tromboneggia. L'inserto antipotere non dà fastidio perché è retorico, ma perché è calato nella storia in modo rozzissimo, martellando dove un tempo si sarebbe insinuato con efficacia ed eleganza. Le "citazioni" sono posticce, stupidotte, al limite del pierinesco; la sceneggiatura non possiede in nulla quell'aerea - e disturbante - carica surreale delle sarabande sclaviane tra non-sense e lunare assurdità : è solo una teoria di quadri slegati, noiosi e ripetitivi. La "donna che racchiude tutte le donne amate" da Dylan è qualcosa di indisponente. E' una chiaverottata. Non c'è un autore che filtra romanticamente i sogni adolescenziali, c'è un adolescente emotivamente immaturo che scrive.
Vado in controtendenza perché il finale è goffo, prevedibile nel senso peggiore del termine (quello che non ti fa dire: "oh sì, finirà proprio così", ma ti fa dire: "oh no, non così ancora!"). Uno dei finali che hanno fornito la cifra del peggior Chiaverotti: il finto ribaltamento finale che vorrebbe essere angosciante e ti fa solo venir voglia di mandare a cagare chi ha scritto una roba così. L'elemento fantastico, appena sbattuto fuori a calci in culo da Sclavi nel prefinale non riesce a rientrare da questa porta sul retro aperta surrettiziamente. Ti dice soltanto: "io non ci sono mai stato".
V.
p.s. ah, sì: Brindisi ottimo, colori superbi. Fateli lavorare per qualcuno per cui valga la pena farlo.
Con questi ulteriori post direi che abbiamo sufficiente materiale per proseguire la discussione. Ora attendo il parere di TUTTI
gli utenti del forum... va beh mi accontento di quelli che hanno ancora a cuore questo fumetto. Grazie.