Cravenroad7

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MessaggioInviato: mar ago 03, 2004 7:34 pm 
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<BLOCKQUOTE id=quote><font size=1 face="Verdana, Arial, Helvetica" id=quote>quote:<hr height=1 noshade id=quote>
non lo sapevo, ho l'edizione della comic art

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E' un'edizione framcese, ho preso la prima cover che ho trovato in rete ;-)

V.


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MessaggioInviato: mar ago 03, 2004 9:35 pm 
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sono due anni che devo mettere la copertina sul sito

---
And crawling on the planet's face
Some insects called the human race
Lost in time, and lost in space
And meaning


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MessaggioInviato: mar ago 03, 2004 10:56 pm 
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Beh, io per "esperimento" intendevo tentativo di dire a chiare lettere, senza metafore horror o fantasmi o licantropi o storie complesse, la nuda realtà della vita.
Quando lessi il lungo addio molti miei amici mi dicevano che era uno skifo e che erano impazziti a pubblicare una storia del genere in un fumetto simile.è ovvio che non avevano compreso che cosa stava facendo Sclavi.
Per capire "esperimento" o anche creatività, devi intendere la differenza che passa fra l'opera creativa dell'autore, che, in un determinato frangente, scuote la routine-serie. In altri termini, un fumetto in evoluzione, non serializzato.
Quindi, se voi non siete d'accordo con quanto ho detto posso solo replicare con alcune considerazioni.
Innanzitutto il tema dei Freaks è sempre stato caro a Sclavi, per questo io intendo la pubblicazione di quel soggetto soltanto grazie all'atmosfera creata da Sclavi. Lo si rivede in Ghor, una delle prime. Impossibile secondo me dire che quella storia sia stata scritta da Marcheselli( soggetto) e che Sclavi non c'entri.Sclavi c'entra anche e solo nel semplice fatto che essa rappresentava il suo tema di fondo. Non credo che un altro autore diverso da Sclavi, o in un contesto fumettistico diverso avrebbe visto la luce. Dunque, io non banalizzo il soggetto marcheselliano, ma lo contestualizzo semplicemente all'interno dell'opera poetica sclaviana. E vi rientra perfettamente. Poi se voi non volete intenderla così potete benissimo scindere le cose, e dare il merito a Marcheselli. Ma secondo me, il soggetto è estremamente influenzato dall'intimo di Sclavi. Anche il suo concepimento intendo.
Inoltre sul fatto che dite che non ci fosse alcun esperimento, io non posso essere in linea con voi, perché quando c'era lui alla penna di esperimenti, di tentativi di creare storie sempre più complesse, sempre più particolari, sempre più a-schematiche, ce ne sono state tante. E all'epoca molti rimanevano perplessi perché nessuno aveva capito lo sperimentalismo di Sclavi. Sclavi doveva preparare il lettore a qualcosa di mai tentato e lo ha fatto con queste ed altre storie.
è ovvio che, a posteriori, quando si è cresciuti si vede che tutto rientra nella poetica sclaviana. Ma questo è stato possibile inquadrarlo solo dopo. Sclavi voleva creare uno shock al fumetto e c'è riuscito. Anzi, se vi devo dire la verità, Dylan Dog stesso è stato concepito come un esperimento narrativo, e grazie all'inosabile ha rotto la serialità e il concetto di fumetto d'Autore.
Quindi, secondo me, potremmo essere in linea su alcuni punti, ma non sull'anti-serialità e l'esperimento.
Oltre a questo, desidero aggiungere che sono convinto che un'analisi dettagliata sia ciò che molti fanno per raggiungere la sintesi, ma a volte la sintesi diventa parziale perché si perde di vista il contesto. E il contesto lo ha creato Sclavi, all'epoca.
Inutile dire che oggi le cose sono cambiate e Dylan è diventato molto più seriale, eccezion fatta per la Barbato, che , nonostante tutto, riesce con un solo albo, in un solo mese, a far sentire la sua forte personalità creativa.è lei il dopo-Sclavi, l'erede. Questo a mio giudizio, naturalmente opinabilissimo.
"Contesto Sclavi" significa poter pubblicare JF o Il lungo addio o, per es., Storia di Nessuno. Anzi, quest'ultima ha aperto, insieme a Morgana, proprio quello che io chiamo "esperimento". E questo termine vuol dire sorpresa continua, sorpresa fino all'inverosimile. Se ciò non fosse stato e Sclavi fosse stato prevedibile, quindi privo della creatività sperimentale, il fumetto sarebbe morto in edicola, o avrebbe avuto solo un pugno di adepti senza rivoluzionare alcunché nel panorama fumettistico italiano.
L'irripetibilità di certe storie è proprio quanto vado dicendo. La creatività, il picco, non si ripete. E per me la visione d'insieme si ottiene analizzando un lungo arco di tempo, non un singolo albo, chiuso in sé stesso, giudicato nel soggetto o nella sceneggiatura.
Altrimenti dovrei dire anche: non solo Marcheselli, ma anche Ambrosini ha contribuito al successo del lungo addio. è chiaro che qui parliamo di Sclavi, e questo sarebbe solo un appunto, che vorrei evitare di fare.
Il discorso è complesso, naturalmente, e non è possibile esaurirlo in un post,né in un topic perché contempla tematiche troppo profonde.
Io non sono il lettore che legge una storia e dice "com'è bella" e ha finito il mese così. A me la serialità non piace. è giusto che vi sia un'oscillazione fra il seriale e l'autore, per poter avere in mente il quid della situazione e non dettagli, o albi singoli che non danno la dimensione del tutto.
Il tutto va visto senza leggere tutto, altrimenti qui c'è un rovescio della medaglia: si diventa sfegatati collezionisti, fanatici dei minimi cambiamenti, oppure, peggio, difensori a spada tratta di ogni albo e di ogni scelta editoriale. Tutto ciò sarebbe la fine di ogni dialogo possibile e costruttivo.
Scusate la prolissità.
RIngrazio gli interlocutori!<img src=icon_smile.gif border=0 align=middle>



Edited by - triss on 08/03/2004 23:05:52


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MessaggioInviato: mar ago 03, 2004 11:15 pm 
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Be', se smettiamo di parlare di JF, allargando il discorso della "sperimentalità" al corpus sclaviano di DD nella sua interezza posso anche concordare in parte (benchè dopo Ken Parker l'arrivo di Dylan Dog non fosse così dirompente a livello formale). Però sia JF che "Il lungo addio" restano a mio parere storie che non rompono lo schema della serialità, ma anzi vi si inseriscono in modo perfetto. Storie fuori dagli schemi sono ad esempio "Gli orrori di Altroquando" o "Golconda", dove Sclavi praticamente si disinteressa di narrare una storia e si abbandona al fluire libero della sua scrittura. JF e "Il lungo addio" narrano invece proprio delle storie, e il loro fine è esattamente quello di narrare delle storie. Nello stile di Sclavi, beninteso. Non vedo una superiorità di una cosa sull'altra nè una maggiore dignità artistica in una cosa piuttosto che nell'altra. Credo invece che sia un titolo di merito per Sclavi il raggiungere livelli qualitativi tanto elevati nell'una cosa e nell'altra.

V.


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MessaggioInviato: mar ago 03, 2004 11:24 pm 
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Beh, Galvez,
in questi termini allora abbiamo soltanto, a mio avviso, due modi differenti di considerare gli "albi sperimentali" e credo, di conseguenza, che sarebbe sciocco tentare un accordo. Infatti, penso che siano i gusti e le opinioni personali a dare il via alle interpretazioni.
Cmq non ho mai inteso con il mio discorso relegare in serie B il resto dei suoi lavori, ma soltanto focalizzare le varie intensità e gli albi più discussi. Naturalmente ce ne saranno anche altri. Siamo qui apposta. Semplicemente quei due, a mio avviso, erano particolarmente importanti e naturalmente non possono essere scissi dal resto della serie come albi in assoluto migliori o maggiori o che sia. Li ho presi riguardo ad un contesto e in base ad una intepretazione mia, cioè del tutto soggettiva.
Ad es. Golconda, dal punto di vista del lettore, la ritengo molto meno sperimentale di Storia di Nessuno. Ma, guardando a posteriori, cioè considerando gli sviluppi della serie, potrebbe annoverarsi anch'essa su quella linea. Comunque, ripeto, che qui ci influenzano i gusti e le preferenze, non in ultimo il modo di guardare il fumetto, l'angolazione.
Dato che sei un buon interlocutore, ti invito caldamente a restare in queste pagine e a scrivere di Sclavi tutto ciò che pensi o credi.
Non importa se si è d'accordo o meno, basta sviluppare un discorso per comprendere meglio la situzione.



Edited by - triss on 08/03/2004 23:29:07


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MessaggioInviato: mer ago 04, 2004 7:48 am 
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Che i gusti influenzino le interpretazioni di un fatto è naturale; tuttavia, giustamente, è per fare un confronto tra le interpretazioni che si discute in un forum.

Per questo voglio tornare un momento su "serialità" e "sperimentalità". Se assumiamo che il fumetto è uno dei tanti modi del narrare, ritengo che il fumetto caratterizzato dai tempi di scadenza stringenti della serialità abbia bisogno di una storia solida da raccontare molto più dell'opera realizzata una tantum. E' per questo motivo che proprio non riesco a vedere sperimentalismi in un albo come Johnny Freak, dove Sclavi incanala la sua scrittura al servizio di quanto deve raccontare, mediando la sua capacità di suscitare emozioni attraverso tale storia da raccontare. Che è quanto avviene nel (buon) fumetto seriale. Lo Sclavi "sperimentale" è più quello che in Dylan Dog utilizza una scrittura libera che si avvicina a quella di Roy Mann, uno Sclavi che per suscitare le emozioni si affida all'uso immediato del suo stile, del suo procedere per blocchi narrativi costruiti per far provare sensazioni al lettore molto più che per comunicargli dei fatti.

Poi, può anche darsi che intendiamo la stessa cosa con nomi diversi <img src=icon_smile.gif border=0 align=middle>

V.


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MessaggioInviato: mer ago 04, 2004 10:40 pm 
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Credo che, in effetti,
sia proprio così. Ma la differenza è che chiamiamo con lo stesso nome albi diversamente interpretati.
Tu vedi lo sperimentalismo nel modo in cui Sclavi si libera degli schemi e opera "voli pindarici" senza preoccuparsi se il tutto avrà una coerenza finale, o se sarà accettato dal lettore. Semplicemente, vedi nella libera associazione delle sue idee, manifesta in albi e speciali ( GLI ORRORI DI ALTROQUANDO ) oppure GOLCONDA!. Io, al contrario, vedo nell'ordinarietà che tu rintracci in JF, pur con il riconoscimento dell'alta qualità della sceneggiatura, l'esperimento.
In sintesi, per me esperimento significa albo realistico al cento per cento, senza alcuna metafora di fondo e con un gioco narrativo "perfettamente inserito" ( come tu hai detto ) nella storicità narrativa senza finzioni. Per te, invece, libera associazione, libero fluire dell'immaginario sclaviano.
Il motivo per cui io, personalmente, continuo a chiamarli esperimenti ( JF e il lungo addio) risiede anche nel fatto che sono stati "unici", a detta dei loro stessi autori.
Prendi per es. IL CUORE DI JOHNNY che voleva esserne il seguito. Secondo me, questo seguito non è venuto come il primo, né mi è rimasto particolarmente impresso. Anzi, lo ritengo un tentativo andato a monte. La storia poteva essere anche carina, ma era un seguito che, a mio avviso, ha avvalorato la tesi dell'irripetibilità.
Su Marcheselli vorrei aggiungere qualche altra cosa.
Mi pare che abbia scritto il soggetto del n.72 L'ULTIMO PLENILUNIO, non ricordo se anche la sceneggiatura. Fatto sta che qui, io ,di risultati eclatanti non ne ho visti. E una spiegazione me lo sono data in questo senso. Era nel realismo, nel tema centrale di Sclavi che Marcheselli aveva potuto dare un senso al tutto.
Chiaramente, com'è ovvio, potresti anche essere in disaccordo con i miei gusti sugli albi suddetti, ma io, ripeto, non ho trovato lo stesso lirismo del lungo addio e di JF.
Marcheselli ha rappresentato Sclavi in JF, e Sclavi si è inserito nella scneggiatura con il tema di fondo. Il lungo addio, invece, anche se presenta una tematica onirica, non dimentichiamoci del realismo dei ricordi, del parlare di una storia d'amore adolescenziale ecc. Fu dichiarato nel numero successivo che quello sarebbe stato un albo "unico" e che la serie avrebbe ripreso il suo corso. Queste sono dichiarazioni dell'Horror Club, non mie.
Inoltre non dimenticare che GROUCHO si è praticamente trasformato in quell'albo, dando un colpo narrativo di realismo e di sperimentalismo. Non puoi negare che far comportare GROUCHO in un modo così atipico non significhi introdurre una tematica "atipica".
GROCHO senza battute non lo abbiamo più visto, né così gentile ed elegante come in quel caso.
Se per te il picco viene raggiunto in quelle storie, non sperimentali, ma semplicemente come punto d'arrivo di una tematica già in nuce dei precedenti, posso concordare. Ma non posso fare altrettanto sul "come" è stata raggiunta. Il "come" per me rappresenta "sperimentalismo". Con questa parola si vuol dire anche "rischio di fallire", rischio nel dire in un certo modo che potrebbe urtare la suscettibilità del lettore, oppure far scambiare Dylan per un fumetto "deviato" dal suo corso. Bada bene, che ci sono stati molti miei amici che hanno abbandonato Dylan proprio perché c'erano stati questi colpi di scena sul "come" rappresentare.
Sono stati albi osannati e mal compresi allo stesso tempo.
Io ne ho compreso la forza dirompente ed è di questo che ti parlo. Di questa forza, non della letterarietà o meno dello stile.
Sclavi ha parlato, perché è stato uno scrittore molto autobiografico, e , parliamoci chiaro, gli sperimentalismi non sono altro che questo: introdurre sempre più nella propria opera sé stessi. Altri non lo fanno o ci vanno cauti, non è da tutti parlare come ha fatto Sclavi.
Il fumetto dell'autore ( non d'Autore come Topolino) è un fumetto che risente dello stravolgimento della sua personalità, tradendo a volte il personaggio, sì, ( come hai detto su Zagor e io aggiungo anche Mister No )ma non tradendo sé stessi.
Questa secondo me è la differenza fra il fumetto d'Autore e il fumetto dell'autore ( cioè di chi lo scrive, il quale pur mantenendo alcuni punti fermi del personaggio non può non tradirlo).
L'autobiografismo sclaviano ha stravolto più volte Dylan, fin quasi all'inverosimile. E io, questo autobiografismo massimo, l'ho visto nei due albi in questione. Poi, naturalmente, ad altri livelli l'ho visto in STORIA DI NESSUNO, una trama atipica di per sé; in Morgana, in Goclconda, ma anche nell'IRONIA sfrenata, in Groucho, in INFERNI e caso singolare ne GLI ORRORI DI ALTROQUANDO. Quest'ultima davvero inclassificabile se dobbiamo paragonarla alla serialità propriamente detta.
Bah, questo è il mio punto di vista. Penso che chiamiamo con gli stessi nomi albi diversi. Un punto di contatto potrebbe trovarsi soltanto se ammettiamo insieme che quei due albi hanno segnato il lirismo massimo di Sclavi, senza peraltro azzerare ciò che segue e ciò che precede. Non ultimo aggiungerei FINCHE' MORTE NON VI SEPARI.
Ecco tutto.



Edited by - triss on 08/04/2004 22:46:36


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MessaggioInviato: gio ago 05, 2004 8:44 am 
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Ogni autore, nel momento in cui scrive una storia non per la sola necessità economica e di mestiere, ma perchè la sente sua a un livello particolarmente profondo, indubbiamente compie un esperimento su, con, e di se stesso: perché scrivere diventa (o meglio ritorna ad essere) un indagare all'interno delle proprie paure e speranze, del proprio modo di essere e pensare, dei propri sentimenti; e organizzare narrativamente il risultato. In questo senso lo sperimentare di Sclavi è certamente presente in diverse delle storie più personali, e nelle due su cui hai focalizzato l'attenzione appare realmente molto analitico: volendo azzardare, se Johnny Freak è Sclavi, chi beneficia del sacrificio di Johnny è Dylan Dog. Questo esperimentare su di sé è qualcosa che nel fumetto seriale è difficile da ottenere, se non occasionalmente, a causa delle stringenti necessità date dalle scadenze fisse. Non è però un'esclusiva o una primogenitura di Sclavi. Nella sola storia del fumetto bonelliano una consonanza così totale (anche se appunto, per forza di cose episodica) la rinvengo nel Tex di Gianluigi Bonelli e nel Martin Mystère di Alfredo Castelli, curiosamente i personaggi che appaiono più antitetici rispetto a Dylan Dog, così segnati da una risposta materialista e razionalista al mondo che ci circonda. E se opposti a DD lo sono nella percezione della realtà, gli sono però così simili nel presentare una percezione che è visceralmente connessa a quella dei loro creatori. Il Tex che va dalla fine degli anni '60 alla metà e oltre dei '70 rappresenta tutti gli ideali di giustizia, lealtà, amicizia e atteggiamento <i>risolutivo</i> verso la vita che erano propri di Bonelli padre: quando il vecchio patriarca affermava <i>Tex sono io</i> non si limitava a una rodomontata in linea con il Tex più duro, ma effettuava un riconoscimento della trasposizione del suo mondo ideale nell'immaginario letterario dell'unico suo personaggio che gli sopravvivrà. Tex ha, ovvero è, la limpida linearità di Gianluigi. Anche il legame di Alfredo Castelli con il suo personaggio è altrettanto forte, forse perfino di più, di quello di Bonelli con Tex e Sclavi con Dylan Dog: in Martin Mystère Castelli ha progressivamente riversato tutto se stesso, il suo atteggiamento di curiosità verso la vita e la conoscenza, l'approccio sempre razionale alla scienza e mai chiuso a ciò che è incognito e può - e deve - essere acquisito dall?uomo; così come il suo amore per la vita. Un atteggiamento speculare a quello di Sclavi e Dylan Dog.

In questo senso, la scrittura di Sclavi è pienamente ?sperimentale?, e in JF e ?Il lungo addio? la sua impronta è fortissima.

In senso letterario, però, sperimentali sono quelle opere con le quali ha voluto spezzare le logiche della scrittura seriale - in primo luogo la linearità della storia - logiche per altro conseguenti alla struttura della serialità, eludibili (e da eludere ;-)) occasionalmente, ma che non possono essere negate in toto se si vuole far sopravvivere la serie come tale. Questa sperimentalità in JF non c?è. C?è anzi una ?normalità? narrativa che porta molti a disconoscerne l?aderenza sclaviana, a causa dell?intensità patetica che vi trasfonde Sclavi, che neppure lui, in seguito, riuscirà più a riscattare con una messa a nudo tanto profonda del proprio disagio.

V.

p.s. il soggetto di DD72 è effettivamente di Marcheselli.


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MessaggioInviato: gio ago 05, 2004 10:40 pm 
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Iscritto il: sab lug 03, 2004 10:42 pm
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Bravo,
credo che alla fine ci siamo capiti! Dal punto di vista letterario potrebbero non essere esperimenti, perché storie normali. Ma tu, certamente, hai compreso in che modo io vedo lo sperimentalismo.
Su Tex non sono molto ferrato, quindi posso risponderti soltanto in parte. Mi fido di quello che dici tu, e sono convinto che in effetti l'autore vi avesse messo sé stesso. Su Martin Mistere concordo lo stesso. Ma su Sclavi, nonostante queste anticipazioni fumettistiche, io intendo semplicemente che gli stravolgimenti, le idee nel loro libero fluire ( come le definisci tu ), il coraggio, appunto, di "buttare" il senso di sé per iscritto, in una maniera così radicale, talvolta sorprendente, non sono mai stati osati prima. Ecco, se ai tempi di Tex questo forse non era possibile, Sclavi l'ha reso una realtà, nonostante la psicanalisi e la postmodernità fossero già realtà conosciute( ai tempi di tex) . Sclavi ha fatto qualcosa che richiedeva un coraggio unico. Per dirla in termini terra terra, io avrei avuto paura a scrivre una storia "atipica" come GLI ORRORI DI ALTROQUANDO o Morgana. Mi sarei chiesto: cosa penseranno mai i lettori di questa roba?
In effetti, Sclavi ha osato molto, e il fatto è che non si è fermato ad un solo albo. Ha osato a ritmo serrato. In questo senso io intendo il cambiamento del concepimento del concetto di serialità.
Un uomo che aspettava soltanto il momento propizio per riversare tutto se stesso all'interno dell'opera: paranoie, orrori, fobie, pregiudizi, timidezza, disagio, noia di esistere, tragedia e non-senso, il nulla. Quest'ultimo forse il tema più sentito in assoluto. La nullità, il niente, Nessuno, l'emarginazione, l'inesistenza. Insomma un fumetto che ha trattato antiteticamente il tema dell'esistenza in base alla non-esistenza dell'autore stesso, al suo senso di profonda ironia sul proprio vuoto esistenziale e senso di nullità come essere umano. Questa , a mio avviso, è la cifra più alta dell'intera poetica sclaviana e oserei dire il tratto distintivo di Dylan Dog. Per questo molti auspicano il ritorno alla penna dell'autore-cardine. Ma, adesso, i tempi sono cambiati e ci si aspetta che qualcun altro, riprendendo i temi base del personaggio possa infondere in base al proprio disagio ( non quello di Sclavi) un nuovo lirismo e prosieguo alla serie: questo sta avvenendo con Paola Barbato, la quale spesso si è adirata allorché è stata assimilata a Sclavi. Infatti, lei non è Sclavi ma è riuscita, in un certo senso, ad inserirsi in modo quasi subliminale all'interno delle caratteristiche distintive del personaggio, riuscendo nuovamente a stravolgerlo. Ma in modo diverso, e , nello stesso tempo, in linea perfetta con l'eredità di Sclavi.
Scusa, forse sono andato un po' fuori tema, ma comunque sul discorso non letterario abbiamo trovato un punto d'approdo ( lo sperimentalismo ).




Edited by - triss on 08/05/2004 22:45:04


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MessaggioInviato: gio ago 05, 2004 11:53 pm 
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Concordo su gran parte delle cose che dici.

Puntualizzo due punti discordanti.

In realtà credo che nel fumetto seriale italiano nessuno abbia messo se stesso nel proprio personaggio più di Alfredo Castelli. Neppure Tiziano Sclavi. Solo che i due uomini sono diversissimi, e la gioia con cui Castelli scrive e di cui fa partecipe il lettore, laddove per Sclavi vi è sofferenza, spesso maschera la profondità dell'identificazione con il suo personaggio.

A segnare la differenza è che nella scrittura Sclavi è mosso dai suoi incubi, Castelli dai suoi sogni.

Entrambi parlano di sè, sperimentano su di sè: in modo diametralmente opposto.

Ma prima di loro anche Berardi era andato un po' oltre Bonelli nel mettere se stesso nella sua opera: Ken Parker è (stato) un'opera in divenire dove entrambi gli autori hanno riversato la propria visione politica, sociale, filosofica e soprattutto artistica della vita. Non gli ideali, i sogni o gli incubi, ma la weltanschauung.

Questo per restare al fumetto seriale italiano, altrimenti dovremmo partire da Winsor McCay e da Little Nemo ;-)

V.


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MessaggioInviato: ven ago 06, 2004 10:49 pm 
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Iscritto il: sab lug 03, 2004 10:42 pm
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Caro Vincenzo,
ti chiami così vero?
Noto con enorme interesse che hai una cultura fumettistica, oltre che di buona scrittura, di notevole incanto e sapienza.
Su Castelli ammetto di non avere molta esperienza. Ho pochi numeri di MM e, in fondo, penso di dovermi fidare anche in questo caso delle tue analisi. Se lui ha messo sé stesso nei suoi lavori molto più di Sclavi, questo non posso saperlo e sarebbe per me presunzione presumerlo dai pochi albi letti ( tra l'altro qualche decennio fa ). Quindi, su questa discordanza non posso che alzare le mani e darti fiducia.
Su Berardi ( ti riferisci all'autore di Julia?) posso dirti che lo conosco soltanto da poco. Non ho mai comprato Ken Parker. Quindi, anche in questo caso, io non parlerei di "discordanza", ma semplicemente di un mio azzardo personale, avendo conosciuto in primis l'opera di Sclavi, pur avendo avuto molto a che fare, anni addietro, con Mister No e qualche albo non fondamentale di Tex.
Io parlerei di impossibilità da parte mia di rispondere alle tue intepretazioni riguardo agli autori che hai citato.
Premetto che, però, su Berardi, ammesso che sia lo stesso di cui stiamo parlando, ho abbandonato Julia dopo i primi numeri perché non mi piaceva. La mia esperienza è proseguita con Nathan Never, anche se poi si è interrrotta intorno al n.50. Poi Gordon Link, fumetto non bonelliano( non più in commercio), scritto da Gianfranco Manfredi che ora milita nella scuderia Bonelli. Inoltre, ho seguito e -seguo- sporadicamente Brendon e la vena creativa chiaverottiana. Qualche esperienza con Lazarus Led, Diabolik, inevitabilmente Topolino. E, dimenticavo quasi, prima di Mister No, Kriminal reperito nelle cantine dei miei parenti e cercato in varie ristampe ( ti parlo dei primi anni ottanta ).
Con Mister No forse ho passato il maggior periodo della mia vita. Forse oltre 200 numeri. Ma è stato Sclavi, in primis, a scuotermi, come ho detto prima, ed è per questo che tendo quasi a concentrare la mia attenzione su di lui, non potendo, di conseguenza, poter intrattenere un dialogo proficuo su altre testate che tu conosci meglio di me. E questo non può che farmi piacere, almeno posso imparare qualcosa di nuovo, che conosco poco.
Naturalmente, conosco molte altre testate, ma mai seguite con insistenza come le altre. Per es. Akim, il comandante Mark, che tra l'altro non mi piacevano, non erano il mio genere.
In ultimo ho letto anche GEA, una delle ultime creazioni Bonelli, insieme a qualche numero di Napoleone. Magico Vento, altro fumetto di cui ho seguito solo i primi 5-6 numeri per poi abbandonarlo, sempre per una questione di gusti.
Zagor lo conosco soltanto per averlo letto una volta soltanto, quindi non potrei risponderti neppure su questo terreno.
Come vedi, ti ho esposto tutti i miei limiti. Ed è su questi che purtroppo non possiamo trovare terreno favorevole ad un accordo per mia mancanza.
Un saluto sincero!


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MessaggioInviato: sab ago 07, 2004 2:41 pm 
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Caro Triss (Tristano mi par di capire, giusto?),
sì, mi chiamo Vincenzo.

Vedo che hai una conoscenza vasta anche se non completa del fumetto bonelliano, e conosci qualche altra cosa al di fuori: ti invidio, hai praticamente ancora tutto il mondo a tua disposizione per essere scoperto ;-)

Castelli&Sclavi, il Sole&la Luna. Due modi opposti seppur così simili di scrivere e riversare se stessi in quello che scrivono. La metafora astronomica non l?ho scelta a caso, riflette alla perfezione, secondo me, il loro modo di essere. Quanto meno quello che offrono ai lettori attraverso i loro personaggi.

Berardi. Sì, è quello di Julia, e in Julia ha mantenuto intatta la sua capacità di scrivere (credo che a livello di tecnica di sceneggiatura sia il migliore al mondo o quasi), ma di certo le storie vanno dal soporifero al decente, con solo qualche punta di eccellenza, e soprattutto Berardi ha rinunciato a creare un personaggio che crescesse con il passare del tempo e delle storie. Però Berardi ha scritto Ken Parker, forse il più bel fumetto italiano, e te lo consiglio caldamente: la Panini lo sta ripubblicando, e anche se il formato che hanno adottato restringe le dimensioni della tavola e si perdono alcune copertine di Milazzo (la Ken Parker Collection ristampa due albi, addirittura quattro la recentissima edizione cartonata, giunta appena al secondo volume) è un modo economico per accostarsi a quelle storie straordinarie. Secondo me la serie decolla a partire dalla quinta avventura.

Delle serie ?storiche? bonelliane mi pare di capire che ti manchi anche la Storia del West di Gino D?Antonio, il primo fumetto pubblicato da Bonelli che abbia infranto diverse regole della serialità, e ancora oggi uno dei migliori mai pubblicati. Anche di questo è in corso una ristampa da edicola, arrivata al n.11 per le edizioni IF. Anche la Storia del West comincia a carburare alla grande dopo un po?, diciamo dalle storie ambientate durante la Guerra Civile.

Mister No è stato il primo fumetto che ho comprato dal n.1, ed uno di quelli che ho amato di più. Nolitta, Castelli e Sclavi vi hanno scritto cose bellissime. Lo lasciai dopo poco più di una dozzina di anni per riprenderlo con il n.241 e abbandonarlo definitivamente poco dopo il 300. Bonelli lo ha lasciato spegnersi.

I Bonelliani li ho letti più o meno tutti, e molti continuo a leggerli. Quello che proprio non riesco a leggere è Brendon ;-)

Magico Vento. La testata ha avuto una partenza anonima, con storie prive di una qualsivoglia originalità e personaggi che apparivano stereotipati e insapori; poi con il n.12, e soprattutto con il n.16, è cambiato tutto, e Manfredi ha impresso alla serie una svolta qualitativa veramente notevole: al momento Magico Vento, a parte questioni di gusto personale, è la migliore testata SBE, e una delle cose migliori in circolazione. L?esistenza di una continuity piuttosto forte, però, scoraggia dal riprenderne/cominciarne la lettura da un numero qualunque: sarebbe opportuno partire dall?inizio.

Questo per restare in Italia, a Bonelli ;-)

Ciao
V.


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MessaggioInviato: sab ago 07, 2004 10:41 pm 
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Iscritto il: sab lug 03, 2004 10:42 pm
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Sì, Vincenzo, io sono Tristano,
cmq su Ken Parker, volendo pur seguire il tuo consiglio non mi pare di aver trovato granché nelle edicole dei dintorni. Mi piacerebbe giusto leggere qualche storia. Ma, se devo essere sincero, mi interessa molto ROY MAN che da come ho capito è stato concepito da Sclavi. Non sai darmi qualche direttiva, qualche indicazine sul come reperirlo?
Mi sembra di capire che conosci anche fumetti d'Oltralpe. Sei un italiano all'estero? Scrivi troppo bene per essere uno straniero purosangue :-)
Su Julia sono d'accordo, le storie sono soporifere, anche se è da qualche tempo che non ne leggo una. Per es. ho letto anche Nick Raider, ma abbandonato subito. Ne ho sondati molti a pensarci bene, anche l'inverosimile. Anche la storia del west lessi un numero, ma sai le storie western non tanto mi attirano.
Inoltre ho letto molti numeri di Alan Ford ( questo l'avevo scordato !). Lo seguivo regolarmente, ma qui siamo fuori dalla Bonelli e parliamo di Max Bunker. Poi Satanik e Kriminal ( come ho detto ) che all'epoca ho letto fecero molto scalpore, mentre le sporadiche ristampe odierne faticano a reintrodursi in un contesto troppo diverso da quello degli anni 60 e di conseguenza non contengono più quella carica rivoluzionaria e di novità che li aveva caratterizzati all'epoca.
Quindi, ti riassumo: come posso trovare ROY MAN, mi sapresti spiegare cos'è? Un fumetto seriale o un fumetto a unica uscita? è stato creat da Sclavi in toto?
Magari, poi, se conosci qualcos'altro d'importante fammelo sapere su queste pagine. Riprenderemo presto il discorso su Sclavi. Penso che i temi di fondo non siano finiti e che si possa ancora scrivere molto, analizzando qualche altra storia strategica o rivoluzionaria.

Un saluto
T.


P.S: V. sono indiscreto se ti chiedo quanti anni hai? Per seguire Mister No dal n.1 devi averne più di me, dato che io sono nato proprio l'anno che è uscito il primo numero.
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Edited by - triss on 08/07/2004 23:07:31


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MessaggioInviato: dom ago 08, 2004 12:21 am 
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Iscritto il: mer lug 25, 2001 1:00 am
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Di Roy Mann esistono soltanto tre storie a causa della scomparsa di Micheluzzi. Sono: In uno strano mondo, Orizzonti di Gloria, Quante volte tornerai
Sono usciti anni fa presso la comic art, che non è fallita a quanto sembra ma ha soltanto sospeso le pubblicazioni.
Le storie sono state splittate su più numeri:
In uno strano mondo 34/39
Orizzonti di gloria 43/45
Quante volte tornerai 78/80

(non li ho sottomano dovrei controllare)

E sono state raccolte in un volume della collana Best Comic n.22
Se vuoi reperirle, non è impossibile, devi farti il giro di qualche fumetteria ben fornita e disposta a ravanare tra gli arretrati per cercare quei numeri.
Altre edizioni non le conosco.
Le ho facilmente reperite perche' sono di Roma, qui si trovano un sacco di cose per fortuna.
Forse Vincenzo sa chi è Armando :)





---
And crawling on the planet's face
Some insects called the human race
Lost in time, and lost in space
And meaning


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MessaggioInviato: dom ago 08, 2004 12:42 am 
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Be', Tristano, io sono, come si dice, romano de Roma, ho 40 anni, e a Roma continuo a vivere ;-). Però leggo fumetti (come libri) di ogni provenienza geografica.

Le ristampe di Ken Parker sono sicuramente rintracciabili in edicola, però credo sia una possibilità circoscritta alle edicole (e neppure tutte) delle grandi città. Il volume di vendita dei fumetti va sempre più contraendosi, e sempre più è difficile reperire certe pubblicazioni. Il numero delle edicole italiane è, credo, intorno alle 40.000, quindi certe testate che vendono circa 20.000 copie non possono essere distribuite ovunque; se poi si pensa che certe edicole (ad esempio nelle grandi stazioni) hanno molte copie di un fumetto, ecco che determinate testate forse sono presenti al massimo in un quarto dei potenziali punti vendita del paese. Quindi se tu vivi in un paese o in una piccola città ci sono forti possibilità che certi fumetti proprio non arrivino nelle edicole a te più vicine.

Alternative: o rompi le scatole al tuo edicolante perchè li ordini :-), oppure una buona fumetteria (o l?acquisto via internet, contattando fumetterie che abbiano un servizio di vendite online, oppure su eBay per l?usato). Se vivi in un paese o una piccola città è però probabile che la fumetteria più vicina sia comunque lontana.

E una fumetteria - una buona fumetteria, che tratti anche l'usato - è l'unico posto dove puoi trovare una cosa come Roy Mann. Roy Mann è un'opera realizzata da Sclavi insieme a uno dei più grandi autori italiani, quell'Attilio Micheluzzi con cui ha fatto anche "Gli orrori di Altroquando", e interrotta per la morte di Micheluzzi. C'è uno smilzo volume della (oggi defunta) casa editrice Comic Art, collana Best Comics n.22, che raccoglie l'opera completa, in precedenza apparsa sulla rivista Comic Art.

Di Sclavi, se non lo conosci, c'è anche Altai&Johnson, una serie realizzata insieme a Giorgio Cavazzano. La Montego la sta ristampando, e al momento ne sono apparsi 5 volumi. Anche qui parliamo di materiale reperibile in fumetteria (qui: http://www.montego.it/altejon.htm qualche info, anche se sono fermi con gli aggiornamenti).

Ciao
V.


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