Allora, breve resoconto della conferenza che ha aperto la mostra L'Audace Bonelli:
intanto c'è da dire che mi aspettavo ci fosse molta, ma molta, più gente, mentre invece il dibattito si è tenuto in una piccola sala dove la maggior parte delle persone forse era costituita proprio dagli autori, dai critici e dagli organizzatori dell'evento.
Appena entriamo in sala ci troviamo davanti Bonelli, Marcheselli, Castelli e Recchioni, che prendono posto in ultima fila. Siccome al nostro arrivo i posti a sedere erano già esauriti, il nostro gruppo (che per l'occasione poteva anche vantarsi di una special guest d'eccezione, la simpaticissima madre di Dylan) bivacca un po' sul fondo della stanza, pensando al modo di approcciare l'editore e il suo staff. Mentre Dylan cerca di istigare gli altri a presentarsi e a trovare un modo per permetterle di far vedere i propri disegni a qualcuno, arrivano degli addetti che piazzano altre due file di posti in fondo alla sala, cosa per la quale ci ritroviamo seduti esattamente dietro Bonelli e apostoli al seguito.
Prima dell'inizio del dibattito si è stretta la mano solo a Recchioni (una persona immancabilmente deliziosa), cui ci si è presentati a titolo di Cravenroad7 e nella fattispecie: "noi siamo quelli che rifanno le copertine", al che una risata impastata di compassione prorompe spontanea dall'autore; agli altri grandi, un po' per imbarazzo e un po' per timore reverenziale, abbiamo deciso di presentarci a conclusione della discussione.
Allora, il tutto inizia con l'intervento e la presentazione del critico Gino Frezza, di una noia sublime, il quale ripercorre blablabla il fenomeno di costume, il fumetto, il Bonelli, la narrativa popolare, il rapporto col cinema blablabla; segue l'intervento di Matteo Stefanelli, altro critico, che questa volta parla di blablabla, perché la frontiera dell'avventura blablabla, la serialità etcetcetc. Ecco, durante questi interventi eravamo tutti egualmente tediati e basiti dalla banalità di ciò che veniva detto, un misto fra la glorificazione di Bonelli e delle sue pubblicazioni e l'analisi qualunquista del medium fumetto. Lo stesso editore con autori al seguito sembravano completamente avulsi da questi interventi e parlottavano fra loro o scorrevano il volume creato in occasione dell'esposizione. Poi ha parlato Burattini, autore di Zagor, che ha fatto una digressione moderatamente interessante su Zagor e l'avventura, il genere avventuroso nei cosiddetti Dime novel, i romanzi a puntate, Salgari, Dickens, Dumas, Verne e combriccola al séguito, con tanto di diapositive di copertine di Zagor e altre illustrazioni appunto di opere avventurose varie. Poi c'è un intervento conclusivo ancora una volta vacuo e poco significativo del direttore del PAN e finalmente si passa a qualcosa di più interessante: al tavolo dei relatori vengono chiamati Bonelli, Berardi, Recchioni e Castelli.
Il patrono della casa editrice è sempre una persona piacevolissima da ascoltare al di là di ciò che dice, proprio per il modo di porsi sempre bonario e semplice. Il suo intervento immancabilmente ha toccato varie tappe della carriera della casa editrice, con alcuni ricordi a partire dalla gavetta sotto l'ala protettrice del padre Gianluigi, l'affetto incondizionato verso Tex, le idee di innovazione attraverso le decadi, l'arrivo allo scomodo evento Dylan Dog, prospettive attuali del fumetto, il rapporto con i lettori e anche con gli autori... il tutto in un approccio quasi "condominiale", di uno che "vive" i fumetti, non semplicemente che li fabbrica, tenendo presente la duplice esigenza dell'acquirente-lettore/produttore-editore. Davvero quest'uomo merita tutta la stima e il successo ottenuti negli anni.
Continua...
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