"Mater Morbi" è una storia amara e molto difficile da commentare. Come scrive giustamente Ema, per giudicarla con onestà intellettuale bisogna prenderla per quello che è, non per quello che avremmo voluto che fosse.
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Si sapeva già da tempo che con "Mater Morbi" Recchioni avrebbe affrontato il tema della malattia. Quel che non si poteva prevedere era il modo in cui lo avrebbe fatto. Così il lettore dylaniato - memore di "Johnny Freak", di "Oltre quella porta" o di "Marty" - probabilmente si aspettava una storia malinconica, poetica ed emozionante. Un trastullo commuovente, ma pur sempre rassicurante in quanto frutto della fantasia. Invece l'approccio di Recchioni spiazza. In "Mater Morbi" non c'è spazio per la retorica o per i sentimentalismi, il tono è prevalentemente descrittivo, a volte quasi documentaristico. Non c'è speranza, ma solo rassegnazione: la malattia qui non è un pretesto per riflettere sul senso della vita, né ha alcunché di malinconico o poetico; piuttosto è un nemico invincibile: è inutile cercare in lei dei lati positivi, è inutile tentare di opporle resistenza, è inutile persino sperare di morire pur di evitarla, l'unica scelta è accettarla consapevolmente. Il soggetto dell'albo si traduce nella dimostrazione pratica della tesi. Dylan e il giovane Vincent affrontano e descrivono dettagliatamente il loro calvario: i primi sintomi, l'infanzia rubata (dice Vincent: "Ho quindici anni, eppure quando parlo con un mio coetaneo mi sembra di averne duemila!"), le analisi diagnostiche inutili e debilitanti, la disorganizzazione degli ospedali (lo scambio della cartella clinica di Dylan con quella di un altro paziente), la solitudine, l'invidia nei confronti di chi è sano, la freddezza degli infermieri ("In questo posto dare retta alle paure dei pazienti è secondaro... l'unica cosa che conta è aggiustarli!"), il cinico accanimento terapeutico da parte dei medici (l'intera storia potrebbe essere letta come un'apologia dell'eutanasia, ma l'autore sembra aver smentito una simile interpretazione). Il finale si pone sulla stessa lunghezza d'onda delle pagine precedenti: se con Chiaverotti il bad ending aveva sempre un taglio grottesco e dissacrante, qui invece esso è tutto fuorché ironico, anzi, avvalora il messaggio alla base dell'albo (la malattia non ha niente di poetico, è schifosa e basta) a costo di scontrarsi con la continuity della serie. Le varie sequenze con Mater Morbi, la femme fatale che personifica la malattia, da una parte fanno a pugni con il realismo delle restanti tavole (l'apparizione dei "Tormenti" a mio parere è una grave caduta di stile), dall'altra sono le uniche occasioni nelle quali ricordiamo di avere tra le mani una storia horror, nonché una storia di Recchioni: è lଠche troviamo battute cool ("Qual è il menù?" "Terra e vetri rotti." (...) "Non resistermi, Dylan... togli il peccato dalle mie labbra.") e un Dylan sessualmente irresistibile e tanto carismatico da surclassare la dark lady grazie alla sola forza delle parole (con RRobe ai testi è successo tre volte su tre: vedere anche "Fuori tempo massimo" e "Il modulo A38"). Però, gioia per gli occhi a parte (memorabile la mano sul sedere a pagina 58), la scelta di rappresentare la malattia come una bonazza da urlo non sembra affatto coerente con le atmosfere e con il significato della storia.
Qualcuno forse avrebbe preferito un albo meno freddo e più appagante, non certo allegro (ovvio) ma capace ugualmente di trasmettere qualche sensazione positiva. Invece "Mater Morbi" schiaffeggia il lettore descrivendogli la dura realtà con crudezza, lucidità e un'impressionante disillusione. Nelle parole di Dylan e Vincent si scorgono le riflessioni autobiografiche di Recchioni e ciò rende l'albo ancora più triste e credibile, ancora più coraggioso. Gli splendidi disegni di Carnevale (un vero artista dal tratto particolarmente adatto a Dylan Dog: in alcune tavole mi è sembrato di rivedere il primo Ambrosini) rendono ancora più opprimente l'atmosfera del Royal Free Hospital. Insomma, "Mater Morbi" è una storia che - nonostante qualche incoerenza - raggiunge perfettamente lo scopo per il quale è stata scritta e che lo fa senza preoccuparsi di venire incontro alle aspettative del popolo dylaniato. Gli applausi (molti, a quanto pare) sono più che meritati.
V.M. (vietato ai minori)
Ultima modifica di V.M. il lun gen 25, 2010 1:53 am, modificato 2 volte in totale.
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