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<b>IL VECCHIO CHE LEGGE</b>
Un viaggio psichedelico nella mente di un uomo, una poesia mascherata da fumetto.
All'inizio sembra una storia come tante altre: Dylan viene ingaggiato per indagare sulla sparizione di Ozra, chiede aiuto a Bloch, fa qualche sopralluogo. La svolta arriva con l'entrata in scena di Groucho (o meglio, di un capotreno con le sembianze di Groucho), momento inquietante e che segna un brusco passaggio dalla realtà alla surrealtà, dal giallo alla psichedelia pura.
Da lì in poi, infatti, la trama si dissolve completamente e la successione degli eventi segue non più un filo logico, ma il fluire del sogno di Dylan/Ozra.
Alle domande iniziali (Ozra è ancora vivo? Perché aveva un biglietto da visita di Dylan?) Celoni non dà una risposta, anzi, l'intera storia - proprio come una poesia - non offre spiegazioni, ma si abbandona all'interpretazione del lettore.
Ozra è prigioniero e al contempo carceriere dei propri ricordi. La sua mente è occupata dai tanti libri che ha letto, dalle esperienze che ha vissuto (le persecuzioni naziste), dalle donne che ha amato (Vittoria, la bambina che non ha un volto, forse perché non è una persona in particolare ma solo la personificazione di un desiderio d'amore mai realizzato). Ozra viene continuamente (e letteralmente) ucciso dai propri ricordi e per questo non muore mai davvero, ma resta in una sorta di limbo dal quale Dylan, nel finale, riesce a salvarlo impedendogli di morire di nuovo, quindi permettendogli di morire definitivamente. Ozra libera i ricordi dalla prigione, i ricordi liberano lui.
?Il vecchio che legge? è una storia coraggiosa e sperimentale, tanto nella sceneggiatura quanto nei disegni, ma è rovinata dall'eccesso di retorica: Dylan descrive con parole ricercate e poetiche i suoi dubbi esistenziali (il che, oltre a risultare stucchevole, non è in linea con il personaggio); le didascalie, le descrizioni e le citazioni letterarie appesantiscono vignette che il lettore può osservare e interpretare anche da solo.
Insomma, la storia è buona (forse la migliore del Gigante) e dimostra che Celoni se la cava molto bene anche come sceneggiatore, ma il tono poetico e gli spunti filosofici vanno utilizzati col contagocce, altrimenti diventa facile cadere nei luoghi comuni.
<b>BLATTE</b>
Dopo aver affrontato temi impegnativi come la guerra (?L'inferno in terra?) e i decessi nei luoghi di lavoro (?Le morti bianche?), Gualdoni si cimenta con una storia leggera e paradossale come ?Blatte?. L'idea dell'inversione dei ruoli - Dylan che si trova vittima dei disinfestatori che lui stesso ha chiamato, i disinfestatori che vengono a loro volta infestati dagli insetti - funziona bene e diverte, i disegni di Saudelli sono perfetti per l'occasione. L'impressione è che Gualdoni dia il meglio di sé proprio con le storie brevi e dal tono ironico (penso anche a ?Call center?, pubblicata nello scorso Gigante).
<b>TUEENTOUN</b>
Le sceneggiature della Barbato hanno nell'atmosfera e nella tensione i loro punti di forza.
?Tueentoun? non fa eccezione: tutto contribuisce a coinvolgere il lettore, dal modo in cui Dylan introduce la vicenda, alla credibilità dei dialoghi, all'aria cupa e torbida che si respira nel paese. I temi trattati sono forti, si parla infatti di controllo delle nascite, quindi di incesti, di donne costrette a farsi ingravidare da tutti per il bene comune, di aborti forzati, di figli disabili tenuti nascosti, persino di omicidi finalizzati a mantenere uguale il numero di uomini e di donne nella comunità. Fra le righe si potrebbero anche intravedere una critica alla mentalità provinciale (l'amore per il pettegolezzo, l'ipocrisia, la discriminazione di chi ha costumi troppo liberi) e una riflessione sulle difficili condizioni della donna in alcuni contesti sociali.
L'intreccio tutto sommato si regge, anche se l'idea (di per sé buona) di rendere identici nell'aspetto gli abitanti di Tueentoun può disorientare il lettore meno attento. Ciò che delude è il finale, non all'altezza delle pagine precedenti (con la Barbato ai testi capita spesso): spiegazioni fin troppo dettagliate, solito ricorso alle maledizioni, qualche incongruenza e la sensazione di aver visto tanto fumo per poco arrosto.
Così ?Tueentoun? rimane una storia riuscita e appassionante, ma incapace di trovare la quadratura del cerchio. Se è vero che è stata scritta 5 anni fa, si spiega come mai la Barbato cada in errori che ultimamente aveva imparato a non commettere.
<b>PER UNA ROSA</b>
Ultimamente la mia fiducia in Di Gregorio si è affievolita, soprattutto a causa dei suoi ultimi lavori per la serie regolare (?La strage dei Graham? e ?Fuga dal passato?). ?Per una rosa? non inverte la tendenza: è una storia che vorrebbe commuovere, ma che ci riesce solo in parte e principalmente grazie a idee prese in prestito dal romanzo che la ispira, ?Il Piccolo Principe?.
I disegni di Dall'Agnol toccano un livello di sintesi (ma anche di illeggibilità) mai raggiunto prima d'ora su Dylan Dog. I volti e le ambientazioni sono definiti con pochissime linee, le sole essenziali a rendere l'idea di ciò che si vuole raffigurare. Il problema è che uno stile così estremo è adatto solo ad alcuni tipi di atmosfere e ai lettori dal palato più fine_
V.M. (vietato ai minori)
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