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Nel complesso anche questo terzo Color Fest merita l'acquisto, nonostante non raggiunga il livello degli altri due: le storie sono piuttosto deboli e non si allontanano dagli standard attuali della serie regolare, ma i disegni e le loro colorazioni sono di ottima fattura.
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<b>NEMICI PER SEMPRE</b>
Faraci continua ad uscire fuori strada. "Nemici per sempre" mirava ad essere una storia divertente (per ammissione dello stesso autore), ma di ironico ha giusto un paio di battute di Groucho. Il soggetto è inconsistente, il finale non sorprende. A voler essere buoni si potrebbe parlare di storia "leggera", ma il limite non è tanto la mancanza di spessore, quanto il fatto che "Nemici per sempre" non è né carne né pesce: non appassiona, non diverte, non stupisce, non suscita alcuna emozone; intrattiene un po' per poi farsi dimenticare. Ottimi il lavoro di Camuncoli e, soprattutto, quello di D'Auria.
<b>LA FIABA NERA</b>
Una buona storia, senza dubbio la migliore fra le quattro. Enna e Roi sono complementari: entrambi prediligono le atmosfere cupe e claustrofobiche. Il risultato del loro lavoro è una bella fiaba horror, coinvolgente e molto dylaniata. Niente di particolarmente originale, ci mancherebbe (parliamo di una rivisitazione di "Hansel e Gretel" con Dylan, Groucho e una coppia di psicopatici come protagonisti), però la sceneggiatura è incalzante, efficace e (finalmente) priva di fronzoli; anche l'espediente della tasca bucata è inserito in modo sapiente e, di conseguenza, non puzza di deus ex machina. Brava anche la Chidini, che con la sua colorazione ha il merito di esaltare il tratto ombroso di Roi.
<b>LA SPOSA DEL DIAVOLO</b>
Anche Mastantuono, proprio come Faraci, finisce fuori strada. Ne "La sposa del Diavolo" al lettore è tutto chiaro fin dall'inizio: c'è una ragazza apparentemente morta, c'è un patto col diavolo, c'è una catena di morti fra gli abitanti del paese della ragazza; è fin troppo facile collegare fra loro i tre spunti e prevedere lo svolgimento della trama con largo anticipo. La sceneggiatura poteva essere più scorrevole, il custode del cimitero si trova nel posto giusto al momento giusto (questa volta sì, è un deus ex machina), le battute pronunciate dal Diavolo sembrano uscite da un cartone animato per bambini. A riscattare Mastantuono ci pensano i disegni, ottimi anche se appesantiti dalla troppo piatta colorazione di Pasquetto.
<b>IL BUIO NELL'ANIMA</b>
"Il buio nell'anima" mostra un Chiaverotti sbiadito dagli anni e molto svogliato, ma pur sempre riconoscibile. Il problema, però, è che lo si riconosce solo grazie ad alcuni suoi tradizionali difetti: la struttura piuttosto lineare del giallo-horror (omicidio; Scotland Yard che brancola nel buio; cliente che contatta Dylan; altro omicidio; indagini; scontro fra Dylan e l'assassino), il finale cattivo, i dialoghi a volte un po' troppo elementari, i colpi di scena telefonati (il corto circuito a casa di Badland: alzi la mano chi non se lo aspettava). Di Chiaverotti mancano, invece, proprio le caratteristiche migliori: il perverso compiacimento per lo splatter, l'ironia e la consapevole imitazione dello stile di Sclavi. Il ritorno di Mana Cerace non va al di là dell'autocelebrazione: lo spettro del buio rivendica senza giri di parole il proprio ruolo di "nemico storico" ("Dopo tanti assassini tutti uguali, finalmente ritrovi un avversario degno di te!"), ma in fondo anche lui ormai parla e agisce come una macchietta, proprio come i "tanti assassini tutti uguali" dai quali vorrebbe differenziarsi. Evangelisti, al contrario di Chiaverotti, merita solo applausi; unico neo è la fastidiosa somiglianza fra Mana Cerace e l'incredibile Hulk_
[P.S.: dato che sono sparito per qualche mese, approfitto di questo post per salutare tutti gli amici di cr7.]
V.M. (vietato ai minori)
V.M. -dal 1986-
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