<blockquote id="quote"><font size="1" face="Verdana, Arial, Helvetica" id="quote">quote:<hr height="1" noshade id="quote"><i>Originally posted by simone</i>
Dalla copertina del libro personalmente vedo due figure femminili innocenti alla mercé di tre soggetti rappresentati come l'incarnazione dell'odio e della violenza espressioni quest'ultime nascoste dietro delle maschere (dal libro: "a mà sta' tranquilla sò tutti ragazzi dei Parioli, é brava gente")
Il bianco della purezza (in una accezzione generale) e della morte (così nella tragedia greca) che cerca di resistere all'espandersi del nero dell'odio ed al rosso del sangue, due figure femminili che si stringono perché hanno paura, sono terrorizzate.
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Intanto da come ne parlate tu e Recchioni sembra che descriviate un dipinto simbolista di Redon o Klimt, mentre a me stile e qualità dell'illustrazione ricordano più Montanari & Grassani.[8]
Comunque, l'errore che mi sembra facciate, e mi sembra abbiano fatto fatto anche gli autori, è la pretesa che quell'immagine venga giudicata solo per la sua efficacia intrinseca, quasi fosse possibile sradicarla dal contesto culturale in cui viviamo. Ma ogni immagine non è solo quello che mostra, perché in ogni caso si porta dietro anche una storia e un immaginario culturare. Anche lo stile con cui è realizzata è significativo e diventa un simbolo.
Per fare un esempio grossolano (che spero nessuno prenderà sul serio): se guardiamo solo all'efficacia, allora anche un' immagine come questa qua
potrebbe tranquillamente fare da copertina ad una nuova edizione del Diario di Anna Frank. Perché presa alla lettera, solo per quello che mostra, nessuno può negare quell'immagine non esprima la "bestialità" del nazismo e la violenza su "giovani donne innocenti".
Naturalmente nessuno di noi penserebbe una cosa del genere, perché riconosciamo tutti in questa immagine i simboli e lo stile di un immaginario "commerciale" non adatto ad un contesto serio e doloroso come quello di Anna Frank.
E allora, in tutta franchezza bisogna essere ciechi per non vedere nella copertina in questione i simboli e i segnali di un immaginario cinematografico/fumettistico ben definito, che vista la natura delicata del soggetto, era proprio il caso di non tirare in ballo.
Che poi il libro possa essere tutta un'altra cosa, è un ulteriore prova dell'errore di comunicazione di quella copertina.