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<blockquote id="quote"><font size="1" face="Verdana, Arial, Helvetica" id="quote">quote:<hr height="1" noshade id="quote"><i>Originally posted by MisterRaven</i>
<br />A te sembra che Di Gregorio voglia criticare l'incompetenza dei poliziotti? A me sembra proprio di no! Quei due sono troppo esageratamnte incompetenti per poter essere utilizzati come strumenti di critica<hr height="1" noshade id="quote"></font id="quote"></blockquote id="quote">Infatti si tratta di una caricatura dei poliziotti, l'esagerazione e l'ironia sono volute. E' ovvio che la sequenza non è credibile, neppure le imitazioni della Guzzanti lo sono. Però sempre di critica si tratta.
So che il confronto con ?Ascensore per l?inferno? non lo hai tirato in ballo tu, però di quell?albo ricordo il passaggio nel quale tre mostri spuntati dal nulla dicevano: ?Noi non moriamo mai?noi siamo?la classe dirigente!!!?. Beh, per me è quello un esempio di critica goffa e poco riuscita (sempre inserita in un contesto surreale), non certo la gag digregoriana dei poliziotti.
<blockquote id="quote"><font size="1" face="Verdana, Arial, Helvetica" id="quote">quote:<hr height="1" noshade id="quote"><i>Originally posted by MisterRaven</i>
<br />"Le difficili condizioni economiche di alcuni lavoratori", io non ho visto nemmeno quello. C'è soltanto un macellaio che si lamenta di aver speso tempo e denaro per aprire il negozio e vederselo buttare giù dagli alieni. Anche questa sarebbe una critica sociale? Si può dire che c'è ironia, ma non che ci sia la critica o che siano rappresentati in questo modo "i problemi dei lavoratori".<hr height="1" noshade id="quote"></font id="quote"></blockquote id="quote">Critica sociale forse no (probabilmente ho un po' esagerato [;)] ), però a pagina 5 il macellaio si lamenta con l'amico perché a suo parere i piccoli imprenditori non godono della stessa stabilità dei dipendenti pubblici; a pagina 9 il negoziante riflette sul fatto che nel 2008 ci sono sempre meno giradischi da riparare; a pagina 21 scopriamo che quel negozio è stato sostituito da una macelleria a causa della crisi economica. Il bello di alcuni di questi passaggi è che il loro estremo realismo fa a pugni con le situazioni fantasiose che i personaggi affrontano come se niente fosse: il macellaio di pagina 5 di fronte ad un attaco alieno non urla per lo spavento, ma si limita ad imprecare contro l'astronave lamentandosi per i danni economici che dovrà subire. E? questa la surrealtà: una miscela di reale e assurdo che i personaggi affrontano come se si trattasse della normalità, e che il lettore è chiamato a fruire con distacco e senza alcuna immedesimazione.
Il surreale non lo ha certo inventato Sclavi. Può piacerti o non piacerti (a me piace), puoi considerarlo un elemento fondamentale di Dylan (per me lo è) oppure una fra le tante caratteristiche della testata. Resta il fatto che Di Gregorio lo utilizza con cognizione di causa e con fedeltà rispetto al modello di Sclavi (il che per me è un pregio, l?ho scritto nei miei post precedenti quando ho richiamato Chiaverotti).
L?unico limite dell?autore di ?Cose dell?altro mondo? è (e qui sono d?accordo con te) la pretesa, nel finale, di dare una spiegazione logica ad avvenimenti che, proprio in quanto surreali, dovevano restare illogici, assurdi. Però, in fin dei conti, le ultime pagine non intaccano quanto di buono si era letto in quelle precedenti, non rovinano l?atmosfera di follia dylaniata che fino ad un minuto prima avevamo respirato. Mi rendo conto, però, che impediscono all?albo di venire accostato ai migliori (e sottolineo ?migliori?) Dylan surreali di Sclavi.
<blockquote id="quote"><font size="1" face="Verdana, Arial, Helvetica" id="quote">quote:<hr height="1" noshade id="quote"><i>Originally posted by MisterRaven</i>
<br />E ancora: "ha pietà di chi vive più tempo sulla Rete che nel mondo reale". Io questa pietà non l'ho vista per niente. (...) Anzi, a ben vedere c'è una sorta di leggittimazione dell'utilizzo della realtà virtuale perché si dice "reale è quello che la maggior parte di noi definisce tale...", come dire "se c'è tanta gente che ritiene reale Second Life, allora Second Life è reale". Dove sarebbe la pietà?<hr height="1" noshade id="quote"></font id="quote"></blockquote id="quote">E tutto questo non ti sembra già di per sé triste? [:0] Il protagonista non è più in grado di separare il virtuale dal reale, cade in una crisi esistenziale, va in cura da uno psicologo, arriva a tentare il suicidio e, alla fine, viene persino ammazzato da una "creatura" virtuale. Dove sarebbe la "legittimazione" della quale parli? Nei deliri di un povero alienato che per colpa dei computer ha perso prima la lucidità e poi la vita? Al limite la chiave di lettura dell'albo potrebbe darla Dylan quando a pagina 92 dice, a proposito del mondo virtuale: "Ma è un mondo che non esiste! Prima o poi bisogna tornare alla dura realtà!". O il vecchio negoziante di dischi a pagina 10: ?Giovani! Vivono in un altro mondo! O forse siamo noi a viverci. Ancora un poco e ci sostituiranno con i loro computer??.
<blockquote id="quote"><font size="1" face="Verdana, Arial, Helvetica" id="quote">quote:<hr height="1" noshade id="quote"><i>Originally posted by MisterRaven</i>
<br />L'idea del reale in quanto nostra percezione, anziché realtà vera e propria, era già teorizzata da alcuni filosofi greci(Pitagora soprattutto). Prima dici che non sarebbe stato possibile scrivere questa storia anni fa, ma non è vero. Si può scrivere lo stesso, basta sostituire ad esempio internet o la simulazione di vita online, con i personaggi e la storia di un libro. I libri, il teatro, la finzione in generale sono i primi esempi di "realtà virtuale", l'unica differenza è che ora è più facile rendersi conto di quanto questo discorso sia potente.<hr height="1" noshade id="quote"></font id="quote"></blockquote id="quote">Beh, è chiaro che quelle idee non le hanno certo inventate gli sceneggiatori di Dylan. Ed è altrettanto chiaro che "Cose dell'altro mondo" non è una storia originale. Nel mio commento ho voluto semplicemente elogiare Di Gregorio per aver recuperato non solo lo stile di Sclavi, ma anche alcune delle tematiche che Tiziano trattava (la noia esistenziale), trasportandole in un contesto "contemporaneo" ("Second Life" e i simulatori di vita). Solo in questo senso parlavo di tradizione (cioè fedeltà al modello di Sclavi) e di innovazione (non in assoluto, ma semplicemente rispetto al Dylan originario), per cui non credo che le nostre rispettive posizioni siano inconciliabili.
<blockquote id="quote"><font size="1" face="Verdana, Arial, Helvetica" id="quote">quote:<hr height="1" noshade id="quote"><i>Originally posted by MisterRaven</i>
<br />Questa è più una considerazione tecnica e visto che non me ne intendo non posso esprimere il mio parere al riguardo.<hr height="1" noshade id="quote"></font id="quote"></blockquote id="quote">A giudicare dai tuoi post non sembra proprio che tu non te ne intenda, anzi, hai fatto molte osservazioni che mi hanno spinto a riflettere e che ho trovato molto interessanti. E comunque la mia non era una considerazione "tecnica", era semplicemente il parere di un collezionista che confronta i Dylan Dog che legge.
<blockquote id="quote"><font size="1" face="Verdana, Arial, Helvetica" id="quote">quote:<hr height="1" noshade id="quote"><i>Originally posted by MisterRaven</i>
<br />Cosa ci hai trovato di bello in questi passaggi?<hr height="1" noshade id="quote"></font id="quote"></blockquote id="quote">In parte la risposta l'ho già data. Ci ho trovato ironia, surrealtà, dialoghi divertenti, ritmo, buona caratterizzazione delle comparse e, in alcuni casi (quelli ai quali ho fatto riferimento prima), persino un messaggio sottostante dell'autore; ci ho trovato un po' di Dylan Dog e un po' di Sclavi. Di questi tempi non è poco_
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