Salve, malgrado la diversa etichetta altri non sono che Joe Montero (buffo, il nickname di un nickname...): ho dovuto cambiare account poiché con l'altro non riuscivo più, invero misteriosamente, a loggarmi all'interno del forum. Quindi, nella speranza che questo nuovo alter ego abbia maggior fortuna negli ingressi, da adesso sono Tom Traubert.
Che dire dello speciale? In primis, nonché in ovvia soggettiva, noto, scuotendo leggermente il capo, come le storie siano disposte in perentorio climax discendente di qualità. Cioè, si parte con una storia più che accettabile, per poi lasciare il gran finale a due boiate che, sul serio, in confronto i PICCOLI BRIVIDI erano dei diabolici e geniali racconti ad orologeria.
La storia di Faraci è un Disney di Indiana Pipps svuotato di tutta la propria disneyanità (!), quindi è praticamente un NULLA in griglia bonelliana: se il barbuto fosse stato un consumatore di liquerizia NEGRITAS il mio voto ne avrebbe senza dubbio risentito in positivo, andando a sfiorare il massimo con lode. Così ci fermiamo a un tiepido 3 e mezzo. Benzodiazepinico.
Uno, nessuno, centomila, a parte la pretestuosità del titolo, porta con sé tutti i difetti che più odio in un fumetto, tutti!, tutti in 24 misere pagine: davvero un record. Sciatto, confuso, scontato, mai - mai!- ironico-, allegorico senza l'umiltà di un ambrosini, pistolottoso, bamboccesco. Scuole medie, ecco cosa mi fa venire in mente: scuole medie. Questo fumetto l'ha scritto un ragazzino delle scuole medie. Così creativo, dicono le maestre (anzi, il maestro unico), così speciale, sussurrano fieri i genitori.
Questa, ovviamente, è l'impressione che mi ha dato la lettura, e la mia trivilkritik non vuole assolutamente dare del bamboccio all'autore fisico del racconto, persona quest'ultima che io non conosco... e che certo mai conoscerò (perché come tutti noi è una persona e non un personaggio e le persone vere non possono essere comprese in una mezzoretta ecc. ecc.) Voto 1, nessuno e centomila.
CALL CENTER è ganza, sì, non mi viene altro termine. Ganza. Ben calibrata, mai sublime, ma sempre asciutta e scorrevole: le varie trance di racconto, nella loro prevedibilità, fluiscono vivacemente verso un finale coerente a quanto esposto conducendo la short a una piena riuscita. Senza contare che Dylan, qui, è Dylan al 100 per cento. voto 7.
LA STATUA DI CARNE. E' una Buffalora svuotata d'ogni ironia,la Londra di Enna: mai stata così piccola, così deserta e opprimente, che le tombe sono più alte delle persone e le statue più dei palazzi. Il merito di questa atmosfera, come gia detto, plumbea va soprattutto, come già detto e ribadito, a quell'artista che è Nicola Mari, il quale è un pezzo che non ne scazza una, e che in questo caso ci regala una della Ouverture più belle della serie: una tavola spezzata in quattro vignette orizzontali, che mostrando quattro dettagli di un vasto ambiente, tratteggiati con un tratto grezzo e perfetto, ce lo descrivono nella sua interezza, quasi espandendone il significato. Per il resto, un buon Enna e una buona e vecchia soluzione SPOILER alla Dario Argento, che suona prima brillante che incongruente. VOTO 7+.
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