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Il secondo Color Fest -proprio come il primo- si mantiene in perfetto equilibrio fra tradizione e innovazione: due storie puramente dylaniate (?Videokiller? e ?Il mago degli affari?) e due sperimentali (?Il pianeta dei morti? e ?L?inferno in terra?); quattro autori esordienti (o quasi: Gualdoni e Bilotta avevano già firmato una storia breve a testa) e quattro veterani.
All?edizione 2008 manca una perla come ?Fuori tempo massimo?, ma in compenso la qualità media si attesta su un livello leggermente più alto rispetto a quello raggiunto nel 2007.
L?anno scorso ci si chiedeva se la nascita del Color Fest avrebbe portato freschezza e dato uno scossone al mondo dylaniato: la freschezza in parte è arrivata, ma lo scossone per il resto della serie non c?è stato. Gli episodi più estremi (?Fuori tempo massimo? e ?Il pianeta dei morti?) restano infatti esperimenti isolati e difficilmente avranno ripercussioni sulla continuity del nostro fumetto.
SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER
<b>IL PIANETA DEI MORTI</b>
Bilotta ipotizza un Dylan Dog invecchiato, nuovamente alcolizzato e tormentato da sensi di colpa. La storia si svolge in un futuro nel quale umani e non-morti si contendono il controllo del pianeta. Il contesto fantascientifico e apocalittico rende la storia poco credibile e lontana dalle atmosfere tipiche della serie, per cui i lettori più ?conservatori? potrebbero averla digerita a fatica. Eppure Bilotta, nonostante l?ardito esperimento, riesce a rendere l?(ex-) indagatore dell?incubo perfettamente riconoscibile: il profondo rispetto per i deboli e i ?diversi? (in questo caso i non-morti), il sarcasmo e la malinconia sono caratteristiche che il Dylan futuristico non solo non ha perso, ma sembra aver addirittura accentuato. La sua cupa rassegnazione colpisce, ma soprattutto colpiscono i richiami al mondo del Dylan che fu: il Maggiolone distrutto, il galeone, la vecchia casa di Craven Road, i riferimenti all?ormai defunto Wells, la pseudo-Bree, il poetico finale con Dylan e Marina che rivivono da non-morti e in chiave post-apocalittica il celeberrimo momento del ritrovamento della pistola.
<b>VIDEOKILLER</b>
Siamo agli antipodi rispetto a ?Il pianeta dei morti?: la Barbato e Stano offrono un Dylan che più Dylan non si può con una storia (forse la migliore del Color Fest) che avrebbe potuto tranquillamente scrivere Sclavi. Paola mostra una totale padronanza del personaggio, tant?è che a lettura terminata è facile constatare quanto ?Videokiller? sia lontana dalla verbosità, dagli psicologismi e dalle lunghe spiegazioni delle prime prove dell?autrice. ?Videokiller? è infatti una storia veloce, dal soggetto semplicissimo e dalla sceneggiatura meticolosa, costruita soprattutto sulle splendide immagini di Stano (menzione speciale per le schermate di Youtube alle pagine 64 e 65). Il finale, aperto e surreale, confonde le carte in tavola e sembra suggerire che Dylan, il suo avversario e il lettore sono tutti assieme vittime di una sorta di ?scherzo? dell?autrice. Insomma, una bella storia vecchio stile che conferma quanto la testata abbia ancora bisogno della Barbato.
<b>IL MAGO DEGLI AFFARI</b>
Sono solo 32 pagine, eppure Ruju riesce ugualmente ad annoiare. L?incipit è incoraggiante, ma a partire dalla decima pagina si assiste ad un lungo e ripetitivo flash-back sull?infanzia che Ethan (il ?mago degli affari?) ha trascorso fra druidi e sacrifici umani. Ci vuol poco a capire che il successo riscosso dal protagonista nel mondo della finanza è collegato proprio a quel misterioso passato.
La scelta di affidare la narrazione a didascalie nelle quali a parlare è lo stesso Ethan sembra piuttosto efficace e rende più scorrevole la lettura, ma il limite della storia resta la superficialità del soggetto. Riguardo ai disegni, la colorazione nulla aggiunge né toglie alle tavole di Mari [per il quale faccio rinvio a quanto da me scritto a proposito de ?La collina dei conigli?].
<b>L?INFERNO IN TERRA</b>
L?eterno scontro fra pace e guerra è il tema della storia che conclude il Color Fest: una caduta nella retorica era prevedibile, peccato che si tratti di una caduta rovinosa e peccato che lo stesso Gualdoni sia già incorso nello stesso errore anche con ?Dylan in Wonderland?, la sua unica altra prova dylaniata. La Londra devastata da una guerra è fin dall?inizio poco credibile, quindi è facile prevedere che si possa trattare di una sorta di sogno o di allucinazione del protagonista. Il fatto che la figlia della donna di colore sia la Pace è un facile pretesto per giustificare la ?visione? di Dylan e per rifilare al lettore un po? di considerazioni condivisibili ma scontate sull?inutilità dei conflitti armati e sull?impossibilità di evitarli. Per il resto la sceneggiatura è coinvolgente, il clima di precarietà e di sospetto che accompagna la guerra è reso molto bene e l?ultima pagina (dedicata a Groucho) ha la funzione di sdrammatizzare il resto della storia, il cui valore complessivo è accresciuto dall?ottima realizzazione grafica di De Angelis e dello Studio Rudoni_
V.M. (vietato ai minori)
V.M. -dal 1986-
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