SPOILER
Alcune notazioni:
1) Quando l'assassino attira Bloch negli studi gli chiede di deporre le armi, cosa che Bloch sembra fare, ma una volta negli studi non esita a sfoderare la propria rivoltella. Incongruenza.
2) La Morte. La storia si configura immediatamente nell'ottica del paradosso: nell'universo di Dylan Dog (e forse non solo nel suo) essa è il termine ultimo di confronto, qualsiasi cosa succeda la spiegazione non può eccedere la volontà ultima della Morte. Nel momento in cui Di Gregorio mette in scena una Morte che patisce, che non è artefice degli eventi ma vi assiste impotente o inconsapevole (basti pensare alle uccisioni di Decker e Jane ad opera dell'aracnide e della Donna di Cuori, ma non della Morte, che non riesce ad uccidere Groucho o ad evitare l'infestazione degli spettri) le congetture sono due: l'implosione dell'universo narrativo di Dylan Dog o la spiegazione attraverso un'ottica sovraordinata degli eventi, in cui la Morte non può essere la Morte che siamo abituati a conoscere e quindi non possono esserlo anche gli altri personaggi.
Un altro aspetto risulta affascinante, una volta che si sia disposti a cadere nella rete del paradosso di cui sopra: ammettendo, nella logica interna al racconto, che la Morte sia veramente tale, sono molto interessanti le strategie attraverso cui viene rinviato il momento estremo del suo incontro con i vari personaggi: il comico (Groucho riesce a scampare agli zombi soltanto dopo averli "stesi a colpi di battute" e nella stanza numero 22 la stessa comicità o prontezza di spirito è contemporaneamente la causa dell'avversione della Morte, nonché la chiave per sfuggirle attraverso il labirinto); il gioco (incarnato nella Donna di Cuori, il vero perno centripeto degli eventi; il gioco si fa beffe della Morte, fino alla sua umiliazione nel castello infestato, il gioco rende impotente la Morte fino ad assumerne le funzioni, inoltre nella camera della libreria la Donna e la Morte non compaiono insieme, perché non possono farlo, l'una esclude l'altra: sembra prevalere la Morte sulla Donna con l'ingresso in extremis nella camera, ma solo in virtù di una condizione posta dalla Donna stessa, il gioco è sovrano perché è capace di ritorcersi insensatamente anche contro se stesso, a patto che si giochi secondo le sue condizioni...qualcuno afferma che Dio giochi a dadi); il racconto (Jane sembra essere vittima del pupo Alderico e sembra che Guglielmo da Torrevalle giunga a salvarla, ma in realtà a salvarla è la lunga analisi metanarrativa cui le marionette si abbandonano, attraverso il distanziamento posto fra il fatto che sta accadendo ed il lungo commento riguardante il fatto stesso, fino alla prevalsa di quest'ultimo; lo stesso avviene con Decker e l'uccisore della vecchia Londra).
Comico, gioco, racconto: il racconto distanzia e allontana la Morte, il comico la esorcizza, il gioco la trascende addirittura; dopotutto sono queste le direttrici della grande prosa di tutti i tempi, basti pensare al Decamerone, al Don Chisciotte, a Il castello dei destini incrociati, alle Mille e una notte. Proprio la struttura di quest'ultima fornisce un ulteriore chiave di lettura: in ogni stanza un personaggio sembra essere sul punto di morire, Decker assalito dai manichini o dall'omicida, Dylan sotto le macerie del dinosauro o precipitato dal ponte, Groucho e gli zombi, etc. ma in tutti questi casi i personaggi riescono a salvarsi con un cambio di scena, esattamente ciò che avviene ogni notte a Sherazad con un nuovo racconto.
In ogni racconto e in ogni stanza è implicita la possibilità del fallimento e della fine, ma è il racconto stesso, neanche ciò che viene raccontato, a rappresentare una garanzia di vittoria, garanzia che ha le sue basi solo in se stessa, nell'atto stesso del narrare.
3) La storia che si legge è una storia che non è mai stata scritta: al momento della conclusione uno dei ragazzini ipotizza che il gioco si potrebbe svolgere Come Se i personaggi fossero stati reali e Come Se ogni stanza rappresentasse un'ambientazione in stile Dylan Dog e tutto il resto, ma di fatto i ragazzini hanno giocato una banale partita al gioco dell'oca (o "La stanza numero 63" che dir si voglia) senza fare nulla di tutto ciò, quindi la storia non è altro che un saggio di narrativa potenziale, un saggio sulle regole e sulle capacità dell'immaginazione, in cui i personaggi e gli eventi non sono né realì né il loro contrario, semplicemente sono impliciti, insiti nelle capacità stesse del gioco e del racconto: sono Possibili.
Albo carino.
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