Come sempre giungo fra gli ultimi a commentare, complice la mia mania di "conservare" Dylan Dog e leggerlo solo quando posso usufruire di molta calma e tranquillità, e quando colgo la giusta ispirazione [;)]
Che dire? Alla 16esima pagina c'è poco da aggiungere, ormai si è detto tutto o quasi. Certo, un commento originale è sempre ben accetto, ma oggi non sono particolarmente ispirato e mi limiterò a qualche considerazione.
Inizio premettendo che il mio giudizio è positivo. Tutto sommato la storia mi è piaciuta, non mi vergogno a dirlo, quantomeno ho trascorso un piacevole tempo durante la lettura.
Eppure, volta l?ultima pagina, resta la sensazione che il soggetto avesse notevoli potenzialità, ma che queste siano state sfruttate solo in (minima?) parte. Non sono d'accordo (o almeno non del tutto) con chi non l'ha trovato originale. Dipende su cosa si ragiona. I temi esposti o anche semplicemente sfiorati sono molteplici (isolamento, solitudine, soggezione, servilismo, frustrazione, odio, rancore, desiderio di riscatto, desiderio di vendetta... e la lista potrebbe proseguire). Certo, di questi argomenti si è parlato e si parla spesso, molti si ritrovano in alcuni degli albi più belli dell?intera serie. Ma anche in questo caso mi sembrano sviluppati con una loro umile dignità, in modo particolare e bizzarro (il terzo occhio onnisciente e onnipotente la dice lunga) e per questo <i>unico</i>. Il profilo della società odierna che ne scaturisce è certamente esasperato, ma verosimile. Gilles Sullivan ricorda per certi versi il Marty di qualche numero orsono, e tuttavia è un?altra persona. Gli oggetti che si animano da soli e uccidono richiamano quelli di <i>Abyss</i>, sebbene il contesto sia completamente diverso. I concetti sono simili, ma trattati sotto una luce differente. Ma tutto ciò è ovviamente soggettivo, una mia personalissima impressione post-lettura.
Sui disegni di Casertano c?è poco da aggiungere, se non confermare che si tratta indubbiamente di uno dei migliori disegnatori dylandoghiani. La copertina, bellissima, è forse la parte migliore dell?albo (ma tengo a precisare subito che ciò non va inteso in senso dispregiativo!) Semplicemente, essa racchiude e concentra ottimamente tutta la potenzialità malinconica e tormentata (perfetta per una storia autunnale) che nell?albo è sviluppata come ho già detto solo in minima parte. Le copertine di Dylan Dog sono sempre molto seducenti, Stano ha talento da vendere e si vede, alcune sono vere e proprie opere d?arte del fumetto!
Questa da un lato ci ricorda <i>La legge della giungla</i>, dall?altro rivendica tutta la propria singolarità. Il cielo è grigio, la gente si ignora, l?individualismo regna sovrano così come i mostriciattoli verdi, invisibili eppure visibili, in perfetta sintonia con l?intestazione. Il titolo è impeccabile e intrigante.
Insomma, 100 pagine probabilmente costituiscono uno spazio troppo angusto. La sceneggiatura fa quel che può (non me la sento proprio di stigmatizzare Ruju) e risulta comunque per certi versi molto buona. Voto: <b>7</b> di stima.
Ma la domanda fondamentale forse è: <i>che cosa mi ha lasciato dentro questo albo?</i> E la risposta, purtroppo, non è chiara. Non è un albo indimenticabile, su questo penso siamo tutti d'accordo. Lascia una sensazione vaga, sospesa a metà fra il divertimento di una piacevole lettura e la malinconia della storia. O forse di un?occasione persa.
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seven è il numero degli alberi
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