Sostanzialmente sono d'accordo con il commento di rimatt.
In realtà il nome dell'uscita è di per sè riduttivo, perché la novità del Color Fest non si ferma al colore: c'è anche il nuovo ritmo scandito dalle 32 pagine e la collaborazione di autori esterni alla testata.
Io complessivamente la ritengo una buona prova, però sul mio giudizio pesano due fattori: il fatto che questo è ancora un esperimento, essendo una prima uscita ed essendoci autori che per la prima volta si confrontano con DYD; inoltre il fatto che è un'uscita fatta con il grande apporto del colore, ma dove il colore è invasivo anche a livello narrativo, soprattutto nell'ultima storia ma anche nella prima.
Per il resto...
...Dylan in Wonderland è una storia che mi ha lasciato interdetto: innanzitutto i disegni di Brindisi, forse non molto a proprio agio nel ritrarre dei bambini e le loro espressioni; poi la storia che come è già stato fatto notare verte tutta sul far credere che il piccolo Dylan sia Dylan Dog, con il fatto di vivere a Crossgate con i nonni, con l'aspetto fisico di Dyd in miniatura, le sue fobie e il suo abbigliamento stereotipato, salvo poi essere riabilitata dal bel colpo di scena e dalla buona spiegazione finale. Guarda caso anche il nome della bambina che cerca il paese delle meraviglie è proprio Alice...
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...la poetica, o forse l'augurio, di Fuori tempo massimo secondo me è racchiusa da pag. 35 a pag. 40: Quentin Tarantino - Kill Bill (anche l'infermiera dell'ultima vignetta di pag. 37 sembra Daryl Hannah). Perché augurio? Mi spiego in poche parole: stereotipo riattualizzato. Perché il cinema di Tarantino è tanto popolare? Perché ripropone nel 2000, in modo originale, la stessa solfa che negli anni '70 e '80 la gente conosceva a menadito e considerava banale.
La storia di Dyd in questione è basata sugli stereotipi dell'horror: a parte le citazioni musicali l'assassino sembra avere il volto di "Faccia di cuoio" di "Non aprite quella porta" e vuole uccidere adolescenti al lago come Jason in "Venerdì 13", in più splatter e ridicole frasi ad effetto. Anche Dylan Dog è nato con gli stessi ingredienti.
Ho letto di gente del forum che scriveva: finalmente il ritorno dello splatter! Ma la storia in questione parla proprio dell'impossibilità (o quasi) del ritorno dello splatter e di tutti i luoghi comuni dell'horror anni '80 sulla testata. Persino la storia, che si basa proprio su questi elementi, non si conclude: chi si è chiesto come mai da pagina 63 spariscono i fondali a favore di una generica tonalità di bianco? L'assassino, che in realtà si scopre essere né più né meno che un mitomane, è sospeso in questo limbo perlaceo tanto quanto Dylan, quello che in 20 anni circa ha visto cambiare il mondo ed è rimasto sempre uguale. Ad attendere l'uno c'è il manicomio, mentre per l'altro l'incognito...a mio parere la via d'uscita per quest'ultimo è proprio quella prospettata dall'inizio: lo stereotipo riattualizzato stile Tarantino, il luogo comune rivisitato in modo originale. Storia programmaticamente grottesca e con una sana ironia, anche se in certi casi un po' troppo tendenziosa.
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La storia che mi è piaciuta di più è la terza, dove l'ironia è usata in modo più raffinato ed elegante.
Anche qui c'è lo stereotipo, ma questa volta della serialità di Dyd, nelle didascalie da pagina 67 a 69 (la lunga inattività e "l'amore eterno finché dura", etc.).
Appunto: il fumo che esce dalla tazza a pag. 71!!!
Storia davvero fresca e bella, con un Dylan che si volta a vedere le tette della cameriera che passa a pag. 72 (finalmente)!!
Le didascalie sono davvero ben pensate e la scena del tizio sulla metro che si introduce nella conversazione è esilarante.
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L'ultima è la storia più classicamente targata Dyd: come ho già detto mi è dispiaciuto che l'argomento del colore abbia condizionato la narrazione, però nella sua semplicità la storia fila.
Un'ultima cosa sui disegni di Casertano, che se nel complesso non sono quelli che lasciano il segno tuttavia per me sono i più espressivi delle quattro storie.
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Sono rimasto molto soddisfatto, soprattutto dal ritorno del formato breve che conferisce un diverso ritmo allo svolgimento narrativo.
Dimenticavo: colorazione Tenderini sempre fantastica.
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