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La storia a mio parere è l'incarnazione dello spirito della serie: c'è tutto Dylan Dog, c'è tutto Sclavi e ci sono tutti i Dylan Dog.
Premessa (quasi sillogistica):
1 - Chi è Dylan Dog? (...qui si va sul difficile...)
Dylan Dog è l'indagatore dell'INCUBO.
2 - Cos'è l'incubo? Per quel che concerne QUESTO DISCORSO è la retta di intersezione fra i piani della paura (nelle varie accezioni di angoscia, orrore, disagio e chi più ne ha più ne metta) e del sogno (la dimensione onirica in senso più ampio).
3 -Di cosa parla questo discorso? Certo, della storia del mese, ma la storia del mese parla di Dylan Dog, e qui l'unidimensionale nastro di Moebius si richiude su se stesso.
La storia del mese parla di Dylan Dog (DYD il personaggio, DYD la testata, i "luoghi comuni" di DYD), dei meccanismi dell'incubo, dei meccanismi dell'incubo in Dylan Dog, dei meccanismi dell'incubo di Dylan Dog, parla di un incubo di Dylan Dog, parla dell'incubo di Dylan Dog.
Questa storia è né più né meno che un incubo e secondo i meccanismi dell'incubo non c'è soluzione, solo il ritorno ossessivo e martellante di situazioni decontestualizzate, personaggi ed elementi decontestualizzati. Ma secondo i meccanismi della paura quando sembra che ci si sia riusciti a svegliare e ad aver riafferrato il senso della realtà ecco che l'incubo non è finito ma è appena cominciato.
Allora ecco affacciarsi attraverso le varie sezioni della storia, scandite dalle dissolvenze, i "topoi" dell'incubo, che in fondo coincidono con quelli del personaggio Dylan Dog: lo smarrimento, la solitudine, l'impotenza (isola), la perdità di identità (il tribunale degli uomini in bombetta), la paura e il grottesco (il cimitero dei potenti), l'abbandono (l'isola), la confusione dei piani temporali (Londra futura), la tristezza (Botolo), la possibilità unicamente onirica di esistere e non esistere allo stesso tempo unita a una sorta di "preveggenza" (la chiamo così ma forse è meglio dire intuizione) nell'ultimo frammento prima del ritrovamento.
Questi elementi però non sarebbero a pieno quelli del personaggio Dylan Dog se non fossero stati fusi con altri "topoi", questa volta quelli della testata: i (rivisitati) uomini in bombetta, i (rivisitati) zombi del cimitero, il (rivisitato) galeone e la (rivisitata) Donna (su questi ultimi due elementi tornerò dopo), un (futuribile) maggiolino ed un (cellularizzato) Bloch: certo questi luoghi sembrerebbero essere per l'appunto "comuni", ma in realtà anche questi sono decontestualizzati, riattualizzati, sono variazioni sul tema, quello che potrebbe essere definito, con parole di Poe, il sogno di un sogno.
Sarebbe relativamente semplice se la questione si risolvesse qui, ma oltre a questi luoghi "comuni" ci sono anche quelli dell'Arte (cinema, letteratura, pittura, architettura): "Shining" nella battuta di Groucho di pagina 23 ("Il mattino ha l'oro in bocca"), "Il posto delle fragole" di Ingmar Bergman nella scena in cui i (vabbè, questo si sa, magrittiani) uomini in bombetta portano l'ascensore/tomba davanti a Dylan e dove egli vede se stesso, Omero e Dante nel frammento del "galeone" (che in realtà è una fusione fra il galeone di Dyd, la nave di Ulisse e la "navicella del mio ingegno" dantesca, come a sua volta è una fusione delle figure di Penelope e Beatrice la già sintetica Donna che è tutte le donne di Dylan, la quale è anche Eva, la prima e ultima di tutte le donne: il richiamo omerico oltre che nella fisionomia della barca e nel viaggio odissiaco sta anche nell'elemento del letto/talamo scolpito nelle radici di un albero; quindi Dylan non può che essere Ulisse, ma non quello omerico, quello dantesco, che dopo l'ultimo ritorno a Itaca si imbarca ancora per un ultimo fatale viaggio, quello verso la dannazione: Ulisse aveva valicato le colonne d'Ercole, mentre Dylan, novello Ulisse, valica a sua volta i confini, ma questa volta le colonne sono da un lato la Realtà, dall'altro il Sogno, oltre i quali non è più possibile distinguere fra l'uno e l'altro e si continua a precipitare senza fine in una dimensione senza dimensioni e senza limiti: la dannazione sta nella ripetizione, nella prosecuzione illimitata del viaggio della mente umana, non nella sua meta: anche quando Dylan si ritrova davanti al demonio in quella che plausibilmete si crede la fine della storia, il processo non può che essere appena cominciato), l'auto-citato Kafka, non solo de "Il processo" ma anche de "Il castello", e si potrebbe andare avanti ancora a lungo...
Io credo sempre che il fascino di un qualsiasi oggetto d'arte stia nella sovrapposizione di valori che esso veicola: quando un limone non è solo semplicemente un frutto, ma quando è anche un colore, un ricordo, una sinestesia come una "tromba d'oro della solarità" allora esso è oggetto d'arte.
La stessa cosa credo valga per questa storia, dove si è bombardati a 360? dalle plurisemie più disparate.
Inoltre fra le righe ci vedo anche un messaggio positivo da parte dello stesso Sclavi: nell'ultima vignetta secondo me quel "Cominciamo." non è semplicemente l'inizio del processo, ma un nuovo inizio per la testata, un segno di rinnovamento. Dylan nel proprio incubo, attraversando le strade maestre degli incubi da lui vissuti nei suoi 20 anni di vita editoriale, si emancipa da essi e dal proprio passato, attua una catarsi (ecco forse perché nella storia, fortunatamente, non veniamo a conoscenza di uno degli altri ormai scomodi frammenti di vita passata del Nostro; inoltre nei vari frammenti Dylan si stacca da tutto ciò a cui è stato sempre legato: prova a telefonare a Bloch, ma lui non c'è, Groucho svanisce sotto il suo naso, Botolo se ne va, la Donna giace sul letto e irrimediabilmente Dylan non la vedrà più).
Quello a cui Dylan Dog è chiamato a presenziare non è un processo, ma un esorcismo compiuto dal diavolo in persona.
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