Sono nato a Bogliasco (dove c' è la stazione di Sant' Ilario), anche se ormai da anni vivo altrove.
Mio padre mi raccontava spesso di incontrare De André in un bar nei pressi dell' università dove studiava.
E nella spiaggia dove sono cresciuto lui e Paolo Villaggio venivano da Genova l' estate.
Mi chiamo come mi chiamo per una canzone omonima contenuta nell' album Rimini (o almeno così mi è stato detto, ma credo che nella cosa c' entri anche il miglior amico di mio padre).
Ho la fortuna di avere tutti gli Album di De André, ma non saprei privilegiarne uno sugli altri, se non contestualizzandoli ad un particolare momento della mia vita.
Prima dei vent' anni "Storia di un impiegato" incarnava i miei ideali anarco-insurrezionalisti con parole che io non sarei mai stato capace di trovare. Poi la testa è cambiata ma "Nella mia ora di libertà" e "Verranno a chiederti del nostro amore" sono rimaste efficaci come e più di un tempo.
Qualche anno dopo ho scoperto la rilettura di De André dell' Antologia di Spoon River, ho scoperto che era meglio dell' originale, e ho imparato ancora una volta che è il raccontare che fa la differenza. "Un Chimico", "Un Giudice", "Un malato di cuore".
Ora sto ascoltando molto il VOL 8. Perchè l' influenza di De Gregori nelle liriche si sente davvero tanto e perchè il testo di "Amico Fragile" mi ipnotizza ogni volta.
Mi rendo conto che questo post è piuttosto inutile e velatamente amarcord. Ma volevo almeno una volta aggiungere qualcosa all' argomento.
Tra i tanti rimpianti dei miei 26 anni, c' è soprattutto quello di non avere fatto in tempo ad ascoltare un concerto di Fabrizio De André.
A.
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