Altra nota positiva è quella che si presuppone sia la fine dell'alcolismo di Dylan Beard. Giunti quasi al termine dell'albo, Dylan, uscito dall'ospedale dopo un tentativo di suicidio - quanti di voi speravano andasse a buon fine?
- riferisce al paparino che vuole recarsi dagli alcolisti anonimi per intraprendere da subito un percorso di disintossicazione. Meno male. Avere a che fare ogni mese con un Dylan-spugna stava diventando imbarazzante. Tra l'altro anche il dialogo tra i due fa baluginare un micro-lampo di umanità, cosa persa nel tempo tra personaggi sterili e insopportabili. Barlume di lucidità in chi ha sceneggiato, cosa positiva. Almeno ci si ricorda del fatto che esistono interazioni normali tra esseri normali, ove non deve subentrare il fattore prevaricazione, o l'ammorbamento tramite citazioni non richieste, o il dialogo vacuo tra manichini stile "Gossip Girl" [non fateci caso, mi sono fissato]. Alla domanda di Bloch "come stai?" Dylan poteva iniziare con i suoi sermoni da pipparolo citando l'alcolismo di Bukowsky, il suicidio di Hemingway (comunque citazioni "troppo alte" per lo standard sino a qui riscontrato) e altre amenità simili, e invece... risponde "
Male". Semplice, chiaro, diretto. Grazie al cielo.
Anche la scena in cui Dylan viene "deriso" dalla tizia del teatro e trattato come un barbone non mi è dispiaciuta.
Il resto è tra il grosso punto interrogativo, il mah e il meh.
Una trama che non parla di niente: Dylan sogna Anna, Anna sogna Dylan, si incontrano, hanno una relazione, poi lui la uccide in preda al delirio. Ma in realtà non uccide nessuno perché Anna non esiste: si tratta di Mater Morbi, venuta al solito a rompere i marroni.
Molto esile. E tra l'altro il fatto di usare ben oltre
TRENTA pagine
MUTE per narrare della storia mai vissuta di Dylan con Anna, è francamente eccessivo (per quanto, un tot di pagine mute ci potevano assolutamente stare). Poteva essere condensato tutto, tipo dado da brodo, in molte meno pagine? Ne sono sicuro. Inutile rappresentare ogni cristo di momento della loro quotidianità, vignetta dopo vignetta. Dopo dieci pagine (a volerci dilungare) abbiamo capito la solfa. Il bang a pagina 52 non è una trovata grafica, è occupare spazio. Non sappiamo come riempire novantaquattro pagine? Piazziamo trenta e passa pagine mute che ripercorrono la love story immaginaria di Dylan. E mettemocene una vuota con un bel bang.
A conti fatti resta la "trama" il grosso punto interrogativo. Non ho capito francamente dove si voglia andare a parare. Che poi parlare di trama mi sembra esagerato: ancora manca un intreccio vero, un'indagine, Dylan che fa qualcosa di inerente al suo ruolo. Qui, per essere ancora più sintetici, si gusta la sua storia d'amore con la donna dei suoi incubi, per poi scoprire che è l'Icona Del Dolore, la Madre Delle Sofferenze.
Comunque molte cose le devo ancora "metabolizzare"...