ladyofdarkness ha scritto:
Peccato. Come ho detto all'inizio un'occasione persa
Sono completamente d'accordo con Ladyofdarkness e con Skeletor. E per parte mia direi: 'nzomma, storia bruttarella assai... Trattasi di autoremake:
Il che è davvero fastidioso: perché quando un finale a sorpresa si rivela al lettore già alle prime pagine, il lettore medesimo si aspetta che la storia sia strutturata per mezzo di un doppio trucco, ossia che lo conduca in una direzione differente da quella che lui sta pre-vedendo. Insomma, vige una sorta di patto tra autore e lettore: se il primo dei due vuole o non è in grado di rispettarlo, il secondo si ammoscia, resta deluso, si innervosisce: chiude l'albo pensando "Questo qui non ci sa fare".
Devo dirlo, sperando (e cercando) di non andare OT: mi sembra che gli sceneggiatori che lavorano per molte delle testate di Bonelli, da qualche anno a questa parte, siano poco più che principianti. Non vedo il mestiere, la qualità minima, la capacità di costruire un racconto con la buona vecchia regola delle 5 W (WHO [«Chi»], WHAT [«Che cosa»], WHEN [«Quando»], WHERE [«Dove»], WHY [«Perché»]: proprio quest'ultima,
Perché, in questa storia è disastrosamente elusa), nata in ambito giornalistico, ma utilissima ai narratori per 'costruire', 'congegnare', 'elaborare' lo spunto iniziale, che fatalmente è sempre vago e indistinto. Perché l'universo del fumetto Bonelli è quello della narrativa di genere: se hai voglia di fare del Musil, o anche solo del Philip Roth, non è il caso che tu scriva per Bonelli.
Qui, per fare un esempio pratico, e per non andare in OT: c'è l'autoremake. E vabbe', non è grave in sé. Unica differenza strutturale veramente apprezzabile, tuttavia, è l'inserimento di Dylan Dog. Che infatti, cacciato in una storia in cui c'entra poco, incollato a mo' d'appendice, cioè, non sa cosa fare e cosa essere (narrativamente parlando).
Davvero un peccato, perché -- se lo spunto iniziale era di una banalità sconcertante -- il trattamento riserva qualche motivo d'interesse. Un certo generale e diffuso sentimento di malinconia è abilmente suscitato nel lettore. Così come, almeno alcuni dei personaggi
sono interessanti. Cosa voglio dire? Che sarebbe bastato lavorare un po' sulla storia, applicare quel metodo che consiste nel
lavorare il racconto non solo in forma lineare e casualmente consecutiva, magari esaltando le qualità dei personaggi,
e qualcosa di meglio -- almeno -- ne sarebbe uscito. Invece, niente. La cosa colpisce: perché a me non pare che Di Gregorio --
Il lungo inverno e
Scritti nella sabbia a parte -- sia uno sceneggiatore privo di mestiere. Non mi pare proprio. Dal che, la domanda: come mai da parecchio tempo, alla Bonelli, vengono fuori storie tanto insulse e ancora allo stato larvale? Quale problema, nella catena produttiva, genera un risultato di questo genere? La questione del cambiamento di curatela, in DYD, non mi sembra che sia spiegazione sufficiente: perché la cosa non riguarda solo DYD, e poi -- anche solo qui -- non spiega la totale latitanza di un controllo redazionale sui soggetti.
Una postilla sui titoli: questo è proprio 'na ciofeca. Te lo dimentichi già mentre leggi il breve redazionale nella seconda di copertina, sembra quello di un romanzetto Harmony maltitolato, ed è infelice anche solo dal punto di vista sintattico:
Scritti nella sabbia. Chi o che cosa? I destini degli uomini? Il nome dei personaggi della storia (come la copertina, simbolicamente, suggerisce), e dunque la loro identità?
In ogni caso, siamo a livello del 'romanzese sentimentale' più trito. E poi, in italiano, sarebbe già un po' meglio
Scritti sulla sabbia: perché si scrive
su qualcosa, e
con qualcosa. Non si scrive
in qualcosa. I titoli, che io sappia, gli sceneggiatori li propongono, ma poi a decidere è la redazione (curatore di testata, redattore capo centrale, direttore editoriale ecc.). Ecco, farebbero bene ad assumere un titolista più dotato. Oppure a studiare (a lungo) i tanti cataloghi on-line di libri, fumetti, film ecc., per trarne qualche suggerimento. Un titolo deve essere memorabile (oltre il limite dei 5 minuti secondi, si presume), netto, ben 'squadrato' sintatticamente, non originale (quello non è possibile) ma in grado di suscitare curiosità nei confronti della storia.
Scritti nella sabbia non fa nulla di tutto ciò.