Grazie wolky per la considerazione
Ahimè ho letto l'albo della Baraldi e, senza tergiversare, non salvo proprio nulla.
Mi dispiace parecchio perché al suo esordio sulla regolare l'autrice aveva svolto una buona prova non esente da pecche, che in questo caso sono amplificate dal contesto e dal soggetto in primis.
In secundis, la sceneggiatura è totalmente sballata e senza verve. Per non parlare dell'assoluta stereotipizzazione dei personaggi e del mondo della musica rock.
Il rockettaro con la fame di notorietà, puttane e jet privati e quello che vuole rimanere underground.
Gli screzi tra i componenti della band.
L'iniziale insuccesso con annessa rissa e il raggiungimento della fama.
L'overdose di turno e il declino della band.
Dylan che, "ovviamente"
, non si piega alla macchina del successo, perché è sempre stato l'"alternativo" e il più puro.
La filippica sulla natura vera del rock.
Tutte cose che ci saremo aspettati da uno sceneggiatore di 20 anni con il poster di Kurt Cobain nella propria cameretta in piena crisi adolescenziale e non da un'autrice di romanzi.
Inoltre, non mi aspettavo che una sceneggiatrice potesse scrivere dei dialoghi così bimbominchiosi. Capisco che è un Dylan ventenne ma quello de
Il lungo addio me lo ricordavo leggermente meno banale e più maturo.
Ah sì, ci sarebbe la trama che non è altro che un pretesto per scrivere questo improbabile passato da roadie di Dylan. Inserire la figura del killer così maldestramente non fa altro che peggiorare il tutto.
Peccato.