Cravenroad7

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#351 - In fondo al male
Insufficiente (1-4) 15%  15%  [ 16 ]
Mediocre (5) 17%  17%  [ 18 ]
Accettabile (6) 10%  10%  [ 11 ]
Buono (7-8) 43%  43%  [ 46 ]
Ottimo (9-10) 15%  15%  [ 16 ]
Voti totali : 107
Autore Messaggio
 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: dom nov 29, 2015 3:30 pm 
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Iscritto il: mer apr 17, 2013 11:22 am
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Località: Corbetta
Chiaramente scherzavo Dip. Anche io rispetto le opinioni di tutti. Alla fine ho votato buono.

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Il mio testamento dovrà contenere non ciò che voglio lasciare quando morirò ma ciò che voglio trovare quando tornerò.

Bergonzoni Alessandro


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 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: dom nov 29, 2015 6:43 pm 
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Iscritto il: gio dic 09, 2010 8:04 pm
Messaggi: 108
alemans123 ha scritto:
Un albo difficile. Dove forse il concetto di "osare" è stato centrato in pieno. Non so ancora che voto mettere, ma sicuramente positivo. Devo decidere se sufficiente, buono o ottimo. Il voto sarà positivo perchè l'autore ha qualcosa da dire e lo dice. Questo è per me Dylan Dog. Avere un pensiero o un dubbio e volerlo mostrare. Usare Dylan Dog per porsi delle domande e quindi accrescere anche noi stessi. Se si scrive DD così nella maggior parte dei casi si ottiene una bella storia. Il dubbio invece sulla gradazione del voto dipende dalla tecnica messa in atto da ratigher nell'affrontare il tema. Ci sono situazioni riuscite e altre meno. Situazioni che mi hanno fatto pensare e altre che mi hanno fatto arrabbiare e non capivo perchè fossero messe lì.

All'inizio anche io avevo la stessa impressione di Don Cristo. Un racconto sconclusionato con delle scene non proprio esaltanti (quella del funerale e l'inizio con la cliente che ci prova con Dylan), che mi sembravano mal costruite, FINTE. Ecco, finte è il termine esatto. Poi sono arrivato alla fine e ho capito che non era sconclusionato ma c'era una sua logica. La storia è a mio parere una sola e unica critica alla società. Port Frost è un luogo non luogo dove troviamo tutte le stolture della nostra società.

Sotto questa lettura acquisiscono maggior senso certe scene.

Spoiler!
La scena del cimitero (che è quella che comunque ho trovato meno centrata) rappresenta la mancanza di rispetto nei confronti della morte. Nessuno ne esce salvato, i giovani, i bambini le vecchie comari del paesino. Tutti fanno parte di questo quadro allegorico. Ma tutta la scena mi è parsa troppo esagerata, irreale. Proprio nel momento in cui si voleva descrivere la realtà delle persone che abitano questa terra


Un'altra cosa che non mi è piaciuta è stata il dialogo tra Dylan e Fiona dopo il funerale. Sembrava infarcito di parole orrendamente fuori contesto e finte. Anche qui ho avuto questa impressione di irrealtà. Capisco che forse fosse tutto un ragionamento sulla elaborazione del lutto, sul fatto che le belle parole forse non servono a molto per superarlo ma ancora adesso non capisco il significato di quella scena.

Da lì in poi invece l'albo va alla grande. Seguono delle scene
Spoiler!
bar, bambino che picchia il cane, il razzismo o meglio la paura del diverso, l'educazione e i ruoli del genitore, del bambino e dell'insegnante
che sono molto reali e quindi fanno presa e fanno capire quanto il MALE sia dentro questo paese.

Poi c'è la scena culmine del mare che scompare resa molto bene attraverso una serie di vignette mute

Spoiler!
con tutte le persone, chi soffre, chi si lecca le ferite, chi scappa, chi fa l'amore, chi rivela
la sua vera natura fino al culmine del mare che scompare!! Anche i gabbiani partecipano
alla follia collettiva.


Interessante anche la somiglianza tra il mare nudo e le persone.

Spoiler!
Un mare senza acqua è come una persona senza il suo rivestimento esteriore che la rende bella. Un mare senza acqua è quindi come una persona che si priva della sua faccia sociale per mostrare il male che ha sotto. E il male sotto va scoperto e Dylan da buon indagatore dell'incubo sa che quello è il suo lavoro.


La discesa nel male è resa a mio parere benissimo.

Spoiler!
L'egocentrismo che ci permette di vedere sempre e solo noi stessi ma senza avere un vero contatto con gli altri, i bambini che si insultano nella lotta del debole contro il più debole (mi ricorda la lottà tra poveri che stanno cercando di farci consumare oggi andando a provare invidia per uno che guadagna 200 euro al mese in più). Non solo.I bambini sono strani perchè si dice che sono ingenui e che fanno tutto senza secondi fini, altri dicono invece che sono cattivi. E qui i bambini sono i veri protagoisti quasi a rappresentare una mancanza di speranza in quanto il male è presente fino alla più tenera età. Si arriva così alla risoluzione del caso senza che Dylan abbia fatto nulla ma in realtà ha fatto tutto quando ha trovato il coraggio di andare in fondo al male


E poi c'è un finale senza consolazione.

Spoiler!
Il male non si combatte con la speranza ma agendo. La speranza rende in un certo senso nulli e appunto si spera che qualcosa cambi mentre l'agire è la parte difficile. Nel finale la speranza perde ed essere salvo è solo una magra consolazione dell'essere vivo


I disegni sono strani. Non mi sono piaciuti i pallini in generale ma la pagina 76 è stupenda.

Non voterò ancora ma credo proprio che quando un albo solletica così tanto (forse troppo) un buono se lo merita. Sono indeciso con l'ottimo però. Devo ancora pensarci su.



Quoto ogni singola parola. Personalmente non ci ho pensato 2 volte a votare ottimo(9). A quanto scritto aggiungo solo che ho avuto la forte impressione che l'autore, nel discorso sulla speranza, abbia fatto una fotte critica alla religione e questo mi é piaciuto non poco, visto anche il rapporto che hanno gli albi bonelli con determinati argomenti.


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 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: dom nov 29, 2015 7:26 pm 
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Iscritto il: lun mar 25, 2013 12:14 pm
Messaggi: 610
Località: San Dona' di Piave
Per me voto 0 (zero).
La peggior cosa mai letta su Dyd.
Quoto in toto quanto scritto alcuni post sopra da Piccatto.
Un albo dadaista e situazionista.
Ma è a mio giudizio dadaismo e situazionismo delle baracche.
E questo dylan dog talmente relativistico e alla continua ricerca di rieditare le cose che vanno ora, finisce spesso per essere solo imbarazzante.
Ho trovato pessimi anche i disegni, con Dylan Dog che sembra Fonzie.
Sono disperato.
Sono disperato.

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Non c'è arte senza cultura.
Non c'è cultura senza birra fresca.


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 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: dom nov 29, 2015 7:58 pm 
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Iscritto il: sab ago 23, 2008 12:39 pm
Messaggi: 2168
Felix ha scritto:
votarxy ha scritto:
riguardo il Dylan che non vuole indagare, sulle prime: Ratigher riprende un vecchio cliché di Dylan Dog, che era più che altro la sua filosofia, ovvero che per i casi normali (omicidio, rapimento, cazzivary) c'è la polizia, o i detective privati, mentre lui si occupa di incubi. se non ne vede, se ritiene che non ce ne siano, rifiuta il caso.


Eh, ma era roba degli anni Ottanta, altri tempi. Oggi ha poco da fare il choosy :mrgreen: .

bei tempi quando c'era la Thatcher... almeno gli incubi arrivavano in orario!


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 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: dom nov 29, 2015 11:24 pm 
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Tutte queste allegorie, tutti questi significati, questo bacchettonismo, queste morali hanno però un po' rotto.
Dateci tette&sangue! Non stiamo leggendo la divina commedia!

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Chi sa, fa, chi non sa, insegna, chi non sa insegnare, critica. E chi non sa neppure criticare, scrive recensioni sui forum.


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 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: dom nov 29, 2015 11:31 pm 
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Iscritto il: ven feb 20, 2015 5:53 pm
Messaggi: 2562
Survivor ha scritto:
Tutte queste allegorie, tutti questi significati, questo bacchettonismo, queste morali hanno però un po' rotto.
Dateci tette&sangue! Non stiamo leggendo la divina commedia!

Avessero almeno un utilità. La scena del cane mi è sembrata un inutile spreco di pagine, vignette e inchiostro. :|

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vidi per la prima volta il mio vero oi.
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 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: lun nov 30, 2015 10:03 am 
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Iscritto il: dom ott 18, 2015 11:10 am
Messaggi: 80
Non sarò breve.
Rispondo a Alemans123 dal thread delle anticipazioni relative al numero. La questio partiva da una recensione abbastanza negativa di Fumettologica, in cui ci si concentrava su una supposta caratteristica del Dylan Dog recente, che consisterebbe nella tendenza a farne un personaggio passivo, non agente nella storia, ma agito dalla storia. Concetto da me tradotto, facendo il fessacchiotto, con la formula ammiccante vittima degli eventi (che brutto quel corto, en passant).

alemans123 ha scritto:
Che poi non capisco molto questa polemica su DD vittima degli eventi o che non agisce. A me pare che sia stato spesso anche in periodi precedenti vittima degli eventi. In "Memorie" viene salvato dall' uomo invisibile, in molti albi di Chiaverotti viene contattato dalla stessa assassina (Il Buio ad esempio).

Nel numero 1 usa un clarinetto esplosivo, nel 2 viene salvato da una statua scongelata e ci possono essere altre situazioni di questo genere che ora non ricordo.


L'Indagatore dell'Incubo non è mai stato scritto come un detective scientifico/deduttivo: preferisce un approccio intuitivo/irrazionale, caratteristica in comune con il suo autore. Dylan Dog è sempre stato in buona parte vittima degli eventi (se vogliamo usare questa formula). È in questo buon erede della narrativa Chandleriana, in cui il detective non gioca di solito il ruolo di attore risolutivo raziocinante, alla Holmes o alla Poirot, quanto quello del grano di sabbia che entrando nell'ingranaggio del "caso" lo inceppa, o meglio ne altera il funzionamento fino a condurre gli eventi a risoluzione (anche se non sempre, soprattutto nello Sclavi più pessimista). Potremmo definirlo un detective Eisenberghiano, nel senso che la sua sola presenza come osservatore del fenomeno ne produce l'alterazione e la soluzione. Nel caso di Dylan Dog, ma anche di Marlowe, l'osservazione avviene da un punto di vista morale. Nel Dylan Dog di maniera, diciamo quello post Johnny Freak (Johnny Freak escluso, inteso), questo sguardo però diventa tragicamente moralistico. E con uno sguardo così debole, hai voglia inceppare alcunché (aldilà dell'entusiasmo del lettore).
Si può anche dire che il miglior Dylan Dog è sì vittima degli eventi per quanto riguarda le meccaniche narrative, ma una vittima piuttosto pugnace, corazzata di caratteristiche legate a quello che in quel momento era il modo di pensare del suo autore. Dylan era un ragazzo di ottima cultura (il "clima" dell'intera testata era parecchio diverso, basta raffrontare gli editoriali di allora con quelli, da strapparsi gli occhi, di oggi), con una visione del mondo e delle posizioni politiche forti e strutturate come quelle di un buon personaggio "letterario", il che comportava anche un'opportuna dose di contraddizioni, narcisismi e immaturità. Paradossalmente la coerenza del personaggio era corroborata anche dalle sue incoerenze, che in alcuni momenti sorprendevano il lettore, dandogli la sensazione di non trovarsi davanti a un oggetto inerte, ma, appunto, a un vero personaggio. E, non essendo un oggetto inerte, era un Dylan che non si lasciava psicanalizzare dal primo venuto senza opporre resistenza; le sue armi per rispondere agli attacchi e alle critiche erano quelle di una persona reale: negazione, sarcasmo, understatement, ironia, faccia di tolla. Tutto questo costituiva una certa solidità, direi meglio indeformabilità. Il DyD "debole", all'opposto, cade puntualmente in frantumi sotto le mani dello sceneggiatore di turno. Barbato ha portato questo meccanismo —che all'origine era interessante— fino al parossismo; infine perdendosi nel labirinto di una questione privata tra lei e Dylan Dog, così personale da diventare poco interessante per i lettori. Ma in generale tutto il Dylan Dog "deteriore" è vittima di questa estrema deformabilità, che è poi probabilmente il punto debole di qualunque personaggio sceneggiato per troppo tempo, da troppe mani.

Apro una parentesi che mi sta molto a cuore, sul tema del DyD inerme: tra i tanti mostri che il sonno della ragione post Sclaviano ha prodotto, ce n'è uno ubiquitario ormai da tempo: l'intollerabile Dylan-che-si-schermisce, o Dylan-spiazzato-in-fatto-di-political-correctness. Si è insinuato tra le pagine delle storie a partire da tempi non sospetti, fino a diventarne un ospite fisso. A scatenarne la manifestazione, lo scocco di una vibrante accusa, mossa da qualche altro personaggio:

—Dylan Dog, tu fai tanto l'antiautoritario femminista, ma ogni mese ti fai una cliente. Ogni volta parli di grande amore, e il mese successivo l'hai già dimenticata. Lo sai che sei un bel fallocrate maschilista?

—Fai tanto il compagno, Dylan Dog, ma poi scendi nel ghetto con quella bella faccia da damerino, riparandoti dietro il tuo tesserino scaduto di Scotland Yard, e vieni a insegnare a noi poveracci cosa è giusto e cosa è sbagliato. Lo sai cosa sei, uomo? Sei un FASCISTA CAUCASICO !

—Dylan Dog, tu hai un aiutante precario più vecchio di te. E non lo paghi!

—Dylan Dog, tu fai tanto il vegetariano, ma poi a Cagliostro dai le scatolette, eh? Ma lo sai come la fanno quella roba? CI TRITURANO DENTRO I PULCINI VIVI !!1!

E lui non sa più cosa dire, poveretto. Annaspa.
A peggiorare le cose, il disegnatore ci mette del suo, enfatizzando. Succede così che, in risposta alle gravi accuse che gli vengono mosse dal moralizzatore di turno, DyD arretri di due passi, solitamente fino al muro più vicino, alzando le mani in segno di resa (se è per esempio in macchina no, ma anche in quel caso almeno una manina la solleva), lo sguardo glauco stuporoso —e piuttosto bolso, in molti casi, ma come si fa a farne una colpa al disegnatore, con del materiale così?— come davanti alla minaccia di una pistola spianata o peggio. Questa tradizione mimico-grafica l'ha inaugurata l'allora magnifico Casertano nel bellissimo Dopo Mezzanotte, con la reazione alla famosa accusa di omofobia (purtroppo in seguito Casertano, scendendo la china, è diventato cintura nera di Dylan-sulla-difensiva).
La fase due (tre? boh?), per quello che si è capito, si dichiara nemica del Dylan in frantumi, e parrebbe intenta in una —faticosissima— correzione di tiro. Purtroppo finora sembra indirizzata a dipingere un action hero coatto (nel senso romanesco del termine), come quello che, all'inizio di Anarchia nel Regno Unito, fa il ganzo a letto con la cliente/fidanzata del numero raccontando sapidi aneddoti professionali. Non esattamente sottile. Devo dire che almeno in questo numero Ratigher cerca di proporre qualcosa di più interessante.
Chiudo la parentesi e torno nei ranghi.

Detto questo: il DyD Ratigheriano è vittima degli eventi? Vittima narrativa, per così dire, sì, ma abbiamo detto che questo è in linea col canone Sclaviano. Vittima passiva no: è per quasi tutto il tempo riottoso, svogliato, recalcitrante; per poi svegliarsi all'improvviso baldanzoso e consapevole nella scena finale. A raccontarlo così somiglia quasi al cowboy senza nome della Trilogia del Dollaro. Tutto bene, quindi? Io direi proprio di no, perché nessuno di questi singoli atteggiamenti risulta coerente con gli altri. Né con l'idea platonica di Dylan Dog a cui apparentemente guardiamo tutti con nostalgia, ma che probabilmente è annegata nel Naviglio intorno al 1992, o giù di lì. Quello di questo numero è un Dylan Dog "strano", sempre fuori registro e una spanna fuori parte. Diciamolo pure: piuttosto mal sceneggiato. Vedremo che ne verrà fuori in seguito. A Ratigher do volentieri una seconda possibilità, e un Dylan Dog disegnato da Bacilieri credo che lo comprerei anche se lo scrivesse Baraldi, sui toni del gelsomino.

Ultime due cose: hai davvero ragione, Dipintendo, sul fatto che Baggi finisca per incrociare in zona Sydney Jordan, soprattutto per quanto riguarda le rigidità semi-fotografiche; ma lì eravamo ad altre sfere di grandiosità e pazzia (conosci le storie di Chalcedon?).
E il paginone
Spoiler!
del Dylan sfregiato!
Secondo me è una bella idea, e ben realizzata: sembra di essere improvvisamente davanti a una pagina del Raw di Spiegelman (o alla pagina marmorizzata del Tristam Shandy). Roba di trent'anni fa (o duecentocinquanta, nel secondo caso), ma su un albo Bonelli fa comunque il suo effetto. Che ci si voglia trovare o meno qualche riferimento metafumettistico/metaeditoriale —io preferisco di no— è un bel modo di usare il mezzo-fumetto.


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 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: lun nov 30, 2015 11:15 am 
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Iscritto il: mer set 30, 2015 1:02 pm
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votato buono ma probabilmente sarei andato più su se non fosse che i disegni mi hanno parecchio rattristato; retini incollati un po' a caso e Dylan con le basette di lady oscar mi hanno lasciato perplesso.
ma passiamo al grosso: Ratigher! presumo che molti storceranno la bocca di fronte a quest'albo proprio per la voce autoriale che lo racconta; la voce di qualcuno che vede il Male laddove molti non lo vedono; non esito a definire questa una storia moralista, ma parliamo di un'antimorale alle Nietzsche per intenderci e per questo fisiologicamente predisposta a farsi nemici fra i benpensanti, i conformisti, gli speranzosi, i buoni!
molti gli omaggi d'autore (più o meno espliciti) da Lynch a Von Trier (non è un caso che le piccole comunità apparentemente tranquille, da Twin Peaks al villaggio scozzese di "le onde del destino" siano candidate ideali a rappresentare delle cellule geografiche purulente).
Troppo ho apprezzato le splash page e le scomposizioni in vignette più piccole (insomma rompiamo certi stilemi bonelliani, su Dylan Dog si può e si deve osare).
Avanti così!


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 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: lun nov 30, 2015 11:57 am 
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Iscritto il: ven feb 20, 2015 5:53 pm
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Alla fine ho votato buono. :dito:
Per gli intenti, i disegni e le atmosfere. Ratigher ha ancora molta strada da fare per miscelare, bilanciare e soprattutto spalmare la storia su cento pagine. :roll:
Ho letto molte persone che hanno gridato al genio. Per favore, fategli un favore, non date del genio ad un giovane autore, che poi è la fine. Magari si monta la testa e comincia a produrre schifezze. :D
Mi ricordo di un altro giovane autore pieno di entusiasmo e idee che adesso è diventato un presuntuoso, montato, egocentrico e megalomane affarista.
DI chi parlo? Di un mangaka giapponese naturalmente :D, qui in Italia invece, siamo noti per la nostra umiltà.
Comunque, senza andare troppo OT, voto buono per la passione che Ratigher è riuscito a trasmettermi e per i disegni fantastici di Baggi.
Speriamo di rivederli presto. ;)

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 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: lun nov 30, 2015 12:00 pm 
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Iscritto il: dom ott 18, 2015 11:10 am
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D'accordissimo con JMZ sul Ratigher moralista: il suo lo definirei un moralismo categorico di stampo protestante. Secondo me il passo falso di questa sceneggiatura sta nel fatto che, come qualunque giovane autore che si approcci per la prima volta a un monumento come Dyd, si sia sentito in dovere di complicarsi la vita, invece di fare semplicemente la cosa che gli veniva più facile e naturale. Ratigher è un sopraffino creatore di mostri moralizzatori (vedi il suo Bimbo Fango): la cosa più semplice e più efficace che avrebbe potuto fare sarebbe stata rinchiudere Dyd e un mostro di questo tipo all'interno di una trama semplice, buttare via la chiave e raccontare quello che succedeva. Secondo me sarebbe in grado di creare un villain di primissimo piano, della classe di Mana Cerace.


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 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: lun nov 30, 2015 12:07 pm 
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Iscritto il: lun giu 25, 2012 3:23 pm
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Felix ha scritto:
il suo lo definirei un moralismo categorico di stampo protestante.

Concordo anche io sul moralismo. In che senso lo definisci di stampo protestante?

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"Si può dire allora che la storia possiede un'architettura, Hinton? È un'ipotesi grandiosa e terribile."


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 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: lun nov 30, 2015 12:17 pm 
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Iscritto il: dom ott 18, 2015 11:10 am
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Nel senso che non è suggerita nessuna speranza di redenzione, né la possibilità di ingraziarsi il perdono divino. È una morale drastica, in cui è dato solo procedere per la propria strada.
Una morale molto poco italiana, direbbe Stanis La Rochelle.


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 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: lun nov 30, 2015 1:29 pm 
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Iscritto il: lun giu 25, 2012 3:23 pm
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Località: Galluzzo
Grazie del chiarimento, Felix :)

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 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: lun nov 30, 2015 2:42 pm 
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Iscritto il: mar nov 12, 2013 12:30 am
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Zak ha scritto:
Credo che la parte a cui fa cenno fumettologica in merito a possibili paletti o limitazioni imposti alla sceneggiatura di ratigher in corso d opera o prima della stesura finale da parte della redazione bonelli possa avere un fondo di verità..quindi mi chiedo: ma in piena era recchioni la bonelli ha ancora cosi tanto paura di osare o essere politicamente scorretta?!? Ergastolane docet (; Cmq spero di reperire al piu presto l albo per avere il mio punto di vista dato che qui non é ancora uscito.(;


O forse è il recensore di Fumettologica che s'è letto distrattamente Trama e Le Ragazzine, non li ha capiti e ora pontifica su un autore che non conosce.
Queste sono le cose di Ratigher, dalla prima all'ultima pagina.

Agitarci ancora nel pantano immondo ci porterà solo più a fondo.
Dimenarci ancora nella ragnatela ci renderà più prigionieri, ci renderà più inascoltabili.

Marnero - Il diluvio universale secono l'ipotesti Ryan-Pitmann

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- Boy, that's scary stuff! Should we be worried about the kids in the audience?
- Nah, it's all right. This is culture!


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 Oggetto del messaggio: Re: #351 - In fondo al male
MessaggioInviato: lun nov 30, 2015 3:09 pm 
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Iscritto il: dom ott 18, 2015 11:10 am
Messaggi: 80
Kowalsky ha scritto:
O forse è il recensore di Fumettologica che s'è letto distrattamente Trama e Le Ragazzine, non li ha capiti e ora pontifica su un autore che non conosce.
Queste sono le cose di Ratigher, dalla prima all'ultima pagina.


Andrea Tosti? Non è il mio recensore preferito di Fumettologica, ma direi che ha dimostrato in precedenza di conoscere piuttosto bene sia Ratigher che Dylan Dog. Anch'io dissento su alcuni suoi giudizi, ma non lo accuserei di superficialità.
Non mi sembra che nella recensione si accusi Ratigher di aver scritto una storia poco "Ratigheriana". Si ipotizza solo che una mano editoriale possa aver "pasticciato" un po' le cose (io a occhio direi di no, non in modo sostanziale; però è possibile). Soprattutto si sostiene che Ratigher non abbia saputo scrivere una storia di Dylan Dog convincente, e su questo sono pienamente d'accordo.


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