baubau ha scritto:
la questione del libero arbitrio veramente poco interessante, in quanto la ritengo nei fatti un non problema, residuo di un periodo culturale dominato da una metafisica principalmente cristiana .
Esatto, l'ottica della non-secolare
quaestio sul libero arbitrio riguarda prevalentemente la teologia cristiana, e non implica particolare riflessi su altri ambiti, come quello retorico, etico, estetico, epistemologico o politico. Non per nulla è una delle scintille distintive su cui si basavano le riforme religiose che hanno portato al Protestantesimo nel '500.
In sintesi per i cattolici/ortodossi, ancora adesso, la "salvezza" dell'anima non dipende solo dalla volontà divina, ma anche dalle scelte che compie il singolo uomo stesso... che paga le conseguenze (o i meriti) di quello che fa, non potendo delegare tutto all'arbitrio di Dio. In pratica si è liberi per principio e diritto di scegliere come "operare" per il bene/male, da che parte stare, e non bisogna cercare un alibi nell'onnipotenza di Dio in ciò che facciamo, come se la nostra volontà non potesse influire su quanto operato, senza assumercene le responsabilità.
Per la Riforma protestante invece la salvezza dell'anima dipende soltanto dalla volontà imperscrutabile di Dio (v. concetto di predestinazione), ed alla sua grazia che ci viene concessa esclusivamente tramite fede, su cui non influiscono le nostre scelte/operato.
Detto ciò, in questo albo non ci vedo nulla che si ricollega a questi precetti... se non la solita solfa semifuffosa sul meta-demiurgo smarrito che si riscrive addosso le pagine di quello che non sa concludere o portare avanti (v. confessione di Reed) in senso narrativo attraverso le tavole di un fumetto, fino a confondersi con gli strati della sua stessa finzione che gli vengono a chiederne conto, a partire dai personaggi creatisi, e che prendono il sopravvento verso un'ennesima non-direzione per volta, ramificando spirali centrifughe.
Un demiurgo inconcludente che non si prende la responsabilità di quello che intavola. Tipico di Bilotta per cui non esiste un determinismo consequenziale vigente sulle sue innumerevoli parentesi intraprese
.