Come accennato nella review, torno
un momento su una questione di
discronie che tanto piacciono ad Ambrosini. Ad occhio ce ne sarebbero almeno un paio, ma il cronologramma delle tempistiche relative è sempre soggetto a percezioni differenti, quindi magari quello che sto per scrivere vale solo nella dimensione storicamente momentanea in cui mi trovo/sento io adesso, per poi sciogliersi davanti ad una clessidra di Dalì in un imprecisato altroquando
.
Donc, a quanto ne so (ma è moooolto relativo, v. sopra
) a livello di anacronismi, la
storia dei guerrieri barbari con le corna è vecchia quanto il mondo... ma non così tanto come il loro mondo effettivo, in senso cronologico.
Nel senso che a parte i tradimenti da parte delle mugliere, quello degli elmi cornuti vichingheggianti è un luogo comune posticcio ed anacronistico (d'ascendenza ottocentesca, v. costumi per l'opera lirica di Wagner, specie nella saga dei
Nibelunghi) di fatto mai supportato dalla tradizione effettiva di quelle popolazioni barbariche. Ci sono piccolissime e rarissime eccezioni (
come questi elmi votivi, non da battaglia), ma di fatto nessuno storico/artista dell'antichità romana o posteriore fino al medioevo (compreso) ha mai attestato né descritto falangi di norreni che usassero quel tipo di elmo particolarmente vistoso e difficile da non menzionare una volta tramandato come status tradizionale.
Ergo, anche Ambrosini e Ornigotti ci ricascano, perché di sicuro nell'epoca romana di Mario e Silla,
dove sarebbe ambientata parte di questa storia - multidimensioni a parte
- non è di fatto possibile che un Cimbro-germanico come Obomeil (pp.15-17) indossi un elmo cornificato come quello. C'è qualcosina di vagamente simile (ma forse si tratta di ali o serpi, non di corna vere e proprie) in una decorazione sull'Arco di Costantino a Roma, ma comunque parliamo di roba di 4 secoli successiva, e che non fece scuola restando un unicum senza altre attestazioni
.