Ciao a tutti!
A me l'albo è parso molto buono.
Per quanto riguarda la copertina, vediamo Mana Cerace che stringe fra le mani la testa di Dylan, che a sua volta stringe tra le mani la testa di Philip Crane, che sappiamo essere trasceso in Mana Cerace. Insomma, in primo piano abbiamo un loop di corpi e di anime, mentre sullo sfondo c'è presumibilmente Brentford, date le casette che danno l'idea di una cittadina e non di una metropoli come Londra. Cavenago sa dare un'impressione di iperdettaglio e contemporaneamente di collage grazie all'uso di un pennello digitale dall'impronta squadrata. La composizione di Cavenago è in equilibrio tra la copertina di DD 34, disegnata da Villa, e la cover di DD 68, disegnata da Stano. Infatti, i corpi di Mana Cerace, di Dylan e di Philip Crane sono vicini alla linea mediana verticale della copertina, ma Dylan e Mana Cerace sono decentrati in direzione opposte. Il logo DD è rosso con un'ombra nera, che sono esattamente i colori caratteristici dell'abbigliamento tipico di Dylan. Nero e rosso sono anche i colori principali della copertina, che si basa su un gradiente cromatico che va appunto dal rosso al nero. Il cielo e i punti luce sono ocra, mentre per le ombre Cavenago usa il complementare del rosso, cioè il verde. Con questo stratagemma, Cavenago reinterpreta come ombra il verdognolo di Mana Cerace, che per la prima volta risulta dipinto di tenebre. Contrariamente a quanto accadeva nella storia su Mana Cerace apparsa su un precedente Color Fest, Cavenago ha rispettato la caratterizzazione grafica di Mana Cerace.
Per quanto riguarda i disegni, la coppia Dall'Agnol & Cattani, propone tavole dalle caratteristiche variabili. Alcune vignette sono dettagliatissime, mentre altre sembrano quasi abbozzate. Le ombre sono spennellate, ma vari chiaroscuri facciali sono affidati a un tratteggio violento, che graffia i volti, come quello di Siniscalchi o dell'Ambrosini più punk. Colpiscono i frequenti primissimi piani frontali di vari personaggi, usati sia nei campi e controcampi legati ai dialoghi che per mostrare il passare del tempo. Impressionanti anche gli occhi dei personaggi, spesso così strabuzzati da essere spiritati e inquietanti. Mi piacerebbe domandare ai disegnatori se una particolare vignetta che si trova nell'albo è un riferimento voluto a Eraserhead di David Lynch. Le tavole hanno perlopiù una struttura canonica e uniforme, con una gabbia bonelliana da sei vignette su tre righe e guizzi dati da splash-page. Nel complesso, l'asciuttezza dei disegni dà un effetto di oppressione asettica; modello corridoio d'ospedale, per intenderci.
Per quanto riguarda la storia, Chiaverotti e Dall'Agnol tornano per rimodellare il loro storico villain, Mana Cerace, su misura della nuova continuità dylaniata successiva agli "stravolgimenti" (?) provocati dal ciclo della meteora e dalla recente run di Recchioni. Al netto delle dinamiche di sceneggiatura talvolta farraginose, DD 409 offre molteplici spunti di riflessione. Uno dei temi principali di Ritorno al Buio è quello del male come mezzo per trascendere la realta' e per trasfigurarla, tanto da sconfiggere addirittura la morte. Questo tema è citato esplicitamente nell'albo, per esempio in una linea di dialogo che recita testualmente: «Le tenebre ti hanno dato l’opportunità di diventare una leggenda». Nel mondo reale, trascendere la realtà attraverso il male è ovviamente impossibile, almeno per il momento. Tuttavia, da un punto di vista simbolico, quanto ha fatto Mana Cerace è gia' successo: l'esempio più famoso di ciò è Adolf Hitler, che è diventato un tale araldo del male da divenire purtroppo immortale nella memoria storica. Nel cinema, un esempio principe è Halloween di John Carpenter, film in cui un assassino assolutamente terreno trascende nel finale a entità maligna ultraterrena.
Il concetto del male come mezzo per trasformare la realtà è estrinsecato direttamente da Chiaverotti all'interno del racconto: durante l'episodio vediamo personaggi che vivono esperienze traumatiche, esperienze che riescono a metabolizzare solo sognando altro da quella realtà sensibile che offre loro solamente orrori. Questo "altro" può anche essere malvagio e oscuro, ma l'importante è che sia altro dalla realtà. Ciò è in continuità con le precedenti apparizioni di Mana Cerace, dove si ribadisce che l'incubo è pur sempre un sogno, ovvero qualcosa che può stravolgere la spaventosa quotidianità e fornirci un nuovo punto di vista sulla realtà. Ancora più concretamente, Chiaverotti ci illustra il potere creativo dell'oscurità: la vita stessa nasce dalle tenebre uterine e, soprattutto, dal dolore del parto.
Infine, Chiaverotti si scatena con le citazioni, inserendo rimandi a creazioni sia sue che di altri. Per esempio, oltre all'ovvia menzione di tutte le precedenti apparizioni di Mana Cerace, si cita il Pink Rabbit; si cita Annabelle, bambola apparsa nella saga di The Conjuring diretta da James Wan (produttore della "prossima" serie su DD, tra l'altro); si cita Mad Max Fury Road; si cita Suspiria e gli altri film della Trilogia delle Madri di Dario Argento (Suspiria era già citata attraverso la corsa nel bosco della fotomodella che apre il prologo di DD numero 68, Lo Spettro nel Buio); si cita Cosmopolis di David Cronenberg, si citano Prometheus e Alien: Covenant di Ridley Scott. Questi due ultimi film sono particolarmente importanti perché di essi verranno citate sequenze importanti. Come Suspiria, anche la saga di Alien aveva gia' toccato la serie di Mana Cerace: una frase chiave di DD 68, Lo Spettro nel Buio, era: "Nel buio, nessuno può sentirti urlare''. Citazioni cinematografiche sono sempre state un feticcio ricorrente di Chiaverotti, e DD numero 409, non fa eccezione.
In conclusione, l'albo è denso e meritevole di lettura sia come incipit di una trilogia che nella sua singolarità.
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