Topic che langue, nonostante la storia di per sé non è male e presenta qualche spunto (di discussione, tipo insultarmi per il muro di parole a commento nel mio precedente post-fiume - premio David di Pazientello per chi ha avuto il coraggio di leggerlo per intero
)
Allora aggiungo una postilla aneddotica sulle fonti, visto che nessuno obietta alcunché.
Dando un'occhiata alle mie trascorse letture, qualcosa che non mi quadrava nell'impostazione del secondo racconto-nel-racconto di Di Gregorio alla fine ha trovato un suo (meta)senso, a livello di riferimenti più o meno tra le righe, o ricondizionati, in ordine diffuso. Il problema è che se uno non ha (ri)letto quel pezzo di
Calvino, come me a posteriori,
non può coglierli, togliendo valore all'idea di per sé, e lasciando il lettore a vagolare nel bujo di un'enigma scomposto... cosa che in fondo non sarebbe dispiaciuta a Calvino stesso.
Mi riferisco ad un pajo di cose del commesso viaggiatore che arriva nel bar della stazione con la valigia "che scotta" e la tizia affumicante che lo intercetta dal tavolo (p.34).
Nel racconto originale in
Se una notte d'inverno un viaggiatore, dopo aver ripreso cognizione di sé - tranne il proprio nome - il viaggiatore ricorda che deve sbarazzarsi della valigia tramite uno scambio con uno sconosciuto all'ora concordata, sempre in quella stazione, che gli cederà un'analoga valigia però vuota. Per attuare questa sostituzione c'è una parola d'ordine che i due dovranno scambiarsi, "
Zenone di Elea", che in realtà non è una citazione del filosofo greco, ma serve per simulare un interesse per le corse ippiche e le recenti vittorie di un cavallo omonimo.
In Calvino, come qui, il viaggiatore (sempre più nervosamente a disagio) non incontra all'appuntamento l'uomo prefissato per lo scambio, ma chiacchierando con una tizia al bar, viene a scoprire che costei è la titolare del negozio di pellami locale e che ha venduto proprio oggi una valigia identica alla sua, e vuota, ad un tizio indaffarato. Di Gregorio mette in bocca alla signora la parola d'ordine, confondendo le carte, che vengono accatastate ulteriormente quando la tizia sbotta che "
Jan è morto", parole che nell'originale spetteranno all'ispettore (corrotto? anche lui sa la parola d'ordine
) di polizia nel frattempo sopraggiunto al bar, che tra i denti suggerirà al viaggiatore di tagliare la corda sul primo treno merci perché il complice che doveva arrivare con la valigia da scambiare - tale Jan, appunto - nel frattempo è crepato. Punto, il racconto finisce qui.
Risultato in
trans-litteram: GDG, pur adattando la scena alle manie di persecuzione projettabili da Dylan, sgualcisce il sottile gioco spiazzante di Calvino in un pajo di parole che sembrano pronunciate a vanvera dalla tizia-sfinge, liofilizzando il tutto in una paginetta scarsa, e preferendo consumare le restanti 7 pagine di sceneggiatura per uno stucchevole inseguimento scazzottoso con Carpenter, che continua a fare danni anche sui mostri della letteratura italica con la sua mostruosa superfluità
Speriamo di non trovarcelo a fare l'
Othello gelosone in qualche altro omaggio shakespeariano.
Quando ce ne saremo sbarazzati persino Martin Luther King esulterà in nome della libertà.
ALOHA
I HAVE A (MIDSUMMER) DREAM