A memoria - ed oltre, in buon pace
- direi il miglior inedito 2024 finora, anche se non annovero in questo categoria il bis di Enna, che è come se facesse parte di una collana a parte e non della regolare as we know it.
La mia, di memoria, non mi aiuta molto nel ricollegarmi a quello che lessi
illo tempore di
G.Contro su
Le Storie, ma questa storia che inneggia ad alcuni motivi della (hi)Storia in senso lato ed epocale, nonostante quello che ho scritto poco fa, di certo non segnerà la storia delle pubblicazioni di quest'annata dylaniata, visto che a differenza di altri racconti sul OB
per me non arriva neanche al 7.
⚘ S ⚘ P ⚘ O ⚘ I ⚘ L ⚘ E ⚘ R ⚘ Poco da dire sul lato grafico: buona la copertina e
Siniscalchi da me molto gradito nel suo stile più recente (che incrocia Tacconi con Di Vincenzo, allontanatosi dall'ultrapulp di
Saguaro) , anche se un gradino sotto la sua performance per l'ultimo
OB#26. Alcune splash page colpiscono, tra rovine e macerazione di umanità varia, e se la cava bene anche nelle scene più splatter o sotto la pioggerellina costante
La storia in sé ha qualcosa di ambrosiniano, ma non riesce ad arrivare a quei tocchi soffusi e al tempo stesso netti in grado di dipingere in poco spazio un dramma personale-universale in chiave dylaniata. E quando ci prova, sfocia nella retorica del didascalismo spiegando sin troppo o raggiungendo nella conclusione un effetto quasi consolatorio, con Milton che s'incammina verso la pace interiore, ripresa coscienza della sua reale storia. Troppo consolatorio e linearmente bonario a mio vedere, senza complicazioni (sceneggiatura compresa), considerando l'eterna spirale indelebile degli orrori della guerra, che non trova mai fine nonostante il suo costante ricordo vissuto, ancora giorno per giorno, come vediamo ciclicamente a reti unificate
.
Per il resto comunque la narrazione scorre bene, l'atmosfera del fronte (e delle sue miserie) è azzeccata, specie quando traslata negli incubi metaforici (pp.56-64), come i personaggi/commilitoni coinvolti senza sfociare nella macchietta a tutti costi per scimmiottare Kubrick od O.Stone da alcune pellicole di genere.
Troppo vago se non pretestuoso l'atteggiarsi iniziale di Dylan da "turbato" ennui per un imprecisato conflitto interiore davanti ai soliti mali della vita, ma il suo muoversi per il resto dell'albo è in generale salvabile... tranne la peggio che insensata accettazione-senza-batter-ciglio, nel giro di due paginette (pp.23-25), di un anziano 'mbriaco mitomane che ti punta la pistola contro al tavolo per raccontarti storiacce, laddove fino ad un attimo prima una bella signora sugli anta ti stava offrendo un tè caldo, prima di dileguarsi nel nulla
Un
memento belli per un fantasma che si è impropriamente disfatto del suo
memento mori, coinvolgendo altre projezioni di altre anime che non trovano ancora pace nei propri reali ricordi, qui dove i conflitti non sembrano lasciar umanamente tregua.
Forse solo la pace rischia di diventare un ricordo, ma non per questo bisogna parlarne meno (speranzosi)