CaosStrisciante ha scritto:
C'è qualcosa, una dissonanza, una sorta di pudore che si legge fra le righe. Come se il padre di Dylan fosse prigioniero di un meccanismo più grande di lui ... un gigantesco buco nero che si è portato via la sua creatività. La tecnica c'è ancora tutta e nessuno sa scrivere Dylan come lui, ma manca il guizzo, il colpo di genio.
Dopo un lungo silenzio fu drammaticamente superiore, ma ho il sospetto che fosse nel cassetto da parecchi anni.
Se in questo albo ci siano delle meta-allusioni al discorso della creatività sclaviana è un giochetto che può portare a infinite congetture. Resta il fatto che
Dopo un lungo silenzio è stata una storia a lungo tribolata e concepita in tempi distanti. Quindi pensata profondamente nell'ottica di un'ispirazione e rielaborazione successiva di quella ispirazione. Questo albo invece è poco più di un contentino elargito per i fans e per ragioni aziendali, scritto con una svogliatezza ed in-sussistenza rara, appiccicando motivi ed autocitazioni in serie, senza "una storia" in quanto tale (v. sotto).
Se Sclavi avesse scritto tre o quattro cose simili all'anno nei fabulosi 90s DylanDog avrebbe chiuso dopo il #121
.
outcast ha scritto:
Comunque sulla citazione finale non vedo nulla di scandaloso
Non c'è niente di scandaloso, infatti.
Ma confondi la causa per l'effetto. Si può rimpilzare una storia di (auto)citazioni in serie e quella rimane tale, con dei bonus extra aggiunti per effetto ammiccamento e familiarità, tra intenditori del genere o fedeli seguaci in cerca di riferimenti. In questo albo (v. sopra) invece la storia non sussiste, e si applica solo un
art-attack-kamento di/ad alcuni stranoti aforismi dylanieschi in serie, senza i quali il tutto evaporerebbe in un rutto di lombrico.
Poco più di una rimpatriata bonacciona tra mezzi bevuti che si ricantano i jingle del liceo.
E non è poco come differenza...
[cit.]
ALOHA