Parbleu! Se ho visto osare in un albo degli ultimi tre anni, è in questo!
C'è il desiderio di fare qualcosa di profondamente diverso, qualcosa di nuovo con un pizzico di vecchio.
Quel diavolo di Ambrosini poi fa le cose complicate, ma il lettore svogliato se ne accorge troppo tardi e si rammarica di non aver analizzato tutto dalla prima vignetta. È quindi combattuto tra ripartire daccapo e andare avanti fino alla fine consapevole che qualcosa gli mancherà, per poi rileggere il tutto.
Quindi provvederò a rilettura.
Non è da dare per scontato che i tentativi che tanto elogiavo nelle prime righe producano a tutti gli effetti una storia ottima. Ma certamente io li apprezzo.
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Ad una seconda e più ragionata lettura, l'albo acquista notevole spessore e viene letto in una prospettiva completamente diversa rispetto ad una prima, svogliata lettura. Svogliata perché siamo abituati a leggere su Dylan Dog storie e che non non necessitano grande compartecipazione intellettiva del lettore.
Non per questo, di Cronodramma risulta tutto pienamente spiegabile (ma, in fondo, non è il mio interesse principale, e anche in Napoleone alcune sfaccettature venivano lasciate in un limbo al di là delle stelle).
Certamente il focus dell'albo non è la storia di fantasmi. Il punto nodale è la teoria degli infiniti mondi, della quale il Groucho "Blues Brother" ci dà un estratto a pagina 54: "hai preso una scolta sbagliata [...] e adesso sei dall'altra parte". Quindi sì, ci sono infiniti tempi, ma c'è un solo spazio in cui agiscono i personaggi, il teatro del mondo.
Il cronodramma del titolo da cosa deriva? Dalla mescolanza di tempi diversi in un solo spazio. Di chi è la colpa? A questo punto, direi che è che è chiaro che la si può attribuire all'Arlecchino bambino; chi sia, ce lo spiega in maniera criptica il direttore dell'Inferno a pp. 76-77.
Do la mia interpretazione.
In questo albo abbiamo riscontro di almeno due dimensioni temporali differenti:
- DIMENSIONE A
Disegnata da Ambrosini, con un presente nel marzo 2016 e un passato nell'ottobre 1991. È la dimensione temporale che siamo abituati a vedere su Dylan Dog: Maggiolino bianco, Groucho Marx, galeone a tre alberi, Rania e Carpenter, blablabla.
In questa dimensione Milky/Aida è figlia di due biologi e viene risparmiata dal killer che uccide i genitori, adottata da Husley, muore nel 2010 con suo padre gettandosi fuori strada in macchina. Il mercato comunale è abbandonato e villa Husley viene gestita dal un giardiniere.
- DIMENSIONE B
Disegnata da Dell'Edera, con un presente supposto nel marzo 2016, Maggiolino nuovo modello fiammato, Groucho con occhiali da sole che mangia canarini, galeone a quattro alberi, non viene esplicitata l'esistenza né di Rania né di Carpenter, non viene mai presentata villa; Milky è figlia di due venditori del mercato e muore investita da una macchina all'età di sette anni. Questa Milky di sette anni dovrebbe essere quella trasportata da Arlecchino sotto forma di fantasma sull'altalena nella dimensione A, dove infatti non viene riconosciuta da Aida, anche se è lei da bambina, perché Aida è cresciuta in un altro modo e con un altro nome rispetto a Milky.
Possiamo supporre l'esistenza di una terza dimensione, che ci verrà comoda nella spiegazione. Quindi:
- DIMENSIONE C
Non viene mai presentata. In questa dimensione Milky ha sette anni e non è chiaro se è viva e ha sette anni o se è morta a sette anni, ma sarei propenso a pensare che sia viva. Questa Milky viene portata nella dimensione B, dove va a trovare i suoi genitori al mercato, che però non la riconoscono.
Nell'ellissi della narrazione, i due fuochi sono il mercato e villa Husley. Possiamo identificarli come due propaggini dell'inferno, due luoghi dove vigono leggi diverse e particolari. Non a caso, sono due posti dai quali viene detto che non si può uscire: nella dimensione A, Aida è intrappolata a casa sua, che è un inferno e pertanto la rende visibile anche sei anni dopo la sua morte; nella dimensione B, Milky non potrebbe uscire dal mercato. La violazione a quest'ultima regola, porta il poliziotto ad impazzire e a vedere il diavolo, nel medesimo spazio, ma nella dimensione temporale A. Chiaramente, è un luogo di passaggio, dove gli spari della dimensione B vengono sentiti anche nella dimensione A.
E Dylan Dog? Dylan Dog è sempre lui ed è sempre uno ed è quello della dimensione A. Arlecchino lo fa esistere contemporaneamente anche nella dimensione B, ma non è un personaggio diverso, come Groucho, è sempre lui, col suo backgroung, che si va a sostituire momentaneamente al Dylan Dog della dimensione B (boh, forse, o forse qualche altra spiegazione, ma poco importa). Non a caso si stupisce per il galeone a quattro alberi e sente nella dimensione A di avere mal di testa (p. 35) quando era nella dimensione B ad avercelo (pp. 28-29).
Siamo davanti a una sorta di Inland Empire su Dylan Dog, dove il demiurgo lynchano è l'Arlecchino e anziché le porte, a dare il segnacolo del passaggio da una parte all'altra ci sono le macchine.
Non è ovviamente mia pretesa spiegare tutto e dare un'esegesi ad ogni singola vignetta. Ma un storia del genere merita un'analisi approfondita, perché è una storia approfondita e complicata, è una storia che va oltre la mera lettura divertente e offre diversi livelli di lettura: ad esempio il finale acquista ben poco interesse nella mia interpretazione. È un finale da un lato classico (sbadataggine di Groucho) e dall'altro mistico (l'altalena si muove ancora), ma è il finale di una storia di Dylan Dog.
I disegni sono di buon livello, ma non grido al miracolo. Dell'Edera non mi fa impazzire, ma offre una buona prova delle sue capacità e non sbaglia un colpo. Ambrosini col tempo sta inspessendo e sporcando il suo tratto. L' ho preferito su Una nuova vita, ma sicuramente non ci si può lamentare. A pagina 34 ci regala un primo piano di tre quarti di Dylan che è ancora più Rupert Everett dell'originale.
Il voto complessivo non può che essere alto, perché la storia è di alto livello per Dylan Dog. Forse sarei stato un (mezzo) voto più basso su Napoleone dell'epoca, ma qui abbiamo già una potenziale miglior storia del 2017.
Giudizio sintetico: 9.
Amen.