Lui non si scompose: non puoi capirmi….non puoi…. Aprì il portafogli e n’estrasse quattro da cinquanta. “ Per te…facciamo anche duecento…” Marion annuì, salendo e lì, la propria…paura.. diffidenza, svanirono. Lui le posò la mano destra fra le cosce, appena socchiuse. Bella…sono tutte così belle e demoniache al tempo stesso le donne…loro…tutte dalla pelle profumata e liscia, dal tocco tenue e gentile….tutte…ma io non mi distrarrò…NO. “Andiamo a casa tua…non voglio farlo in macchina ! “ Marion annuì. Anche a lei non piaceva fare all’amore in auto. Era alta e la cosa risultava scomoda, soprattutto per un auto come quella, di vecchio tipo, che non aveva i sedili comodi. “Svolta a sinistra e poi la prima a destra…c’è un posto dove possiamo stare tranquilli.” Partì, guidando con prudenza. Bumbum…il cuore batte fortissimo….ma devi stare calmo…calmo… “Sembri un tipo a posto, tu ! Non ti ho mai veduto…in questa zona…” L’uomo annuì. “Non vado spesso con….Ma ti tenevo d’occhio da tempo….mi sei piaciuta subito…..da morire ! “ Marion sorrise. Benché fosse abituata a quel tipo di complimenti, che si meritava del tutto, amava ancora frasi gentili e mezzi accenni, piuttosto che i rozzi e volgari apprezzamenti da camionista ubriaco di birra. Arrivarono ad un palazzone cadente. “Abiti qui ? “, domandò lui, perplesso. Lei scese, scuotendo la testa. “No…qui ci lavoro ! Andiamo….” Le mostrò la coscia, fino all’inizio dei glutei, forse con lussuria, forse no…. Ma il suo gesto fu gentile e tenue, quasi si fosse scoperta per caso, come se fosse in mutandine e reggiseno, sotto la pelliccia di finto visone, in seguito ad una dimenticanza, ad una banale distrazione mattutina. Scese anch’egli. Era alto e diritto, pallido e affascinante. Scendi ed andiamo….non esitare…non esitare…sai che è giusto…non farti ingannare dalla sua dolcezza….lei è come le altre e gli altri… Entrarono in un’orrida saletta, tappezzata da manifesti smunti dell’epoca del muto e riproduzioni dozzinali di quadri, dall’aspetto disgustoso. Lei picchiettò sul campanello a tavolo, e dopo meno di un minuto, apparve un obeso e ributtante personaggio. “La camera”, mormorò Marion. Lui gettò sul banco una banconota da cento. “Ok….vi darò la migliore….la numero 5 ! “ Marion sorrise, mentre saliva lentamente le scale, togliendosi in parte la pelliccia di finto visone e mostrando così il corpo sinuoso e vellutato, appena segnato dall’olio fresco. Era OK, quel tipo…..se l’avesse fatto divertire, n’avrebbe guadagnato dei bei soldini. E, del resto, fra tutti i tipi che le sarebbero potuti capitare, non era poi male…Anzi era esatto dire che era un bel uomo, uno che certo non andava a puttane di frequente, quindi era vero o in parte vero quello che aveva detto su di lei, poco prima. Salì la stretta e sudicia scala a chiocciola senza esagerati sculettamenti, tipici delle puttane che frequentavano quel motel. Non n’aveva bisogno, per essere bella e sensuale. Non appena la porta della camera si chiuse alle sue spalle, Marion si tolse la pelliccia, percependo l’odore di stantio e di muffa della stanza. Si sedette ai bordi del letto esageratamente molle, dalla rete cigolante, si sfilò gli stivali di pelle nera, alti sino a metà gamba, gettandoli mollemente e con un gesto, questo sì, volutamente malizioso, da un lato. Le calze a rete disegnavano con grazia le sue magnifiche gambe. “Ti va….qualcosa di particolare ? So fare tanti giochini…sai ? “, domandò con malizia infantile, come fosse una diciottenne appena iniziata al sesso. Lui si limitò a fissarla. Dio…quanto è bella….dolce…dal viso gentile….come può essere anch’essa una… Marion si alzò, avvicinandosi all’uomo. “..mi dispiace…..davvero…io…..”, biascicò lui. Lei sorrise, scuotendo appena il capo e baciandogli il collo, con le labbra piccole fredde…velate da un rossetto rosso fuoco. “ Sei timido ? Rilassati….faccio tutto da sola, stai tranquillo ! Non avevi detto che mi tenevi d’occhio da tempo ? Sono tua, adesso, no ? “ Il suo corpo, sinuoso e asciutto, si strofinò accanto a lui. Ora…fallo ora…ORA !! Infilò la mano nella tasca interna della giacca e n’estrasse un coltello a forma di falce ricurva. Marion non ne vide che il gelido riflesso, quando questo penetrò di scatto al centro del suo petto. La afferrò per il collo, spingendola a terra, mentre allargava la ferita con un gesto deciso e secco. “ No ! “, gridò, mentre lui le premeva con rabbia la mano su quelle labbra gelide e montava a cavalcioni sopra il suo ventre, immobilizzandola del tutto. La sentiva che lottava, con forza, ma non sarebbe bastato. Non puoi vincere, contro di me….non ti è possibile… “Dammi la forza, mio Dio…dammi la forza di compiere il gesto della purificazione, di estinguere la più grande delle piaghe…” Marion avvertì un dolore a lei sconosciuto, mentre lo strano stiletto fu estratto con forza dal suo sterno. Rantolò, espirando con un fiotto di sangue nero come pece. Le mani si agitavano come foglie mosse dal vento, arrivando alla fine a graffiare a sangue il viso del suo assassino. Non esitare…non cedere, agisci, ignora il dolore, ignoralo… Allargò la ferita, e con un gesto deciso, infilò la destra nello sterno, scivolando nel sangue che colava a fiotti. Marion emise un verso gutturale, terrificante e profondo, incurvandosi in modo innaturale. Vide il proprio cuore, estratto dal petto che era una fontana di sangue, pulsante nella mano dell’assassino. La testa le cadde da un lato, leggermente sulla destra, e non si mosse più. Il cuore era ancora caldo, palpitante. No…non…no…non farlo… Lottò contro quella sensazione simile ad un orgasmo violento e meraviglioso per pochi secondi. Poi lo divorò, mordendolo con ferocia animale, quasi che ad ogni morso sentisse scariche d’adrenalina fluire nel suo corpo. Cadde a terra, da un lato, mentre il corpo di Marion stava immobile, al centro della lurida stanza, a pochi passi dal letto. Avanzò carponi verso di lei, afferrandole la testa con la mano sinistra, quasi temesse di farle male. Tagliò la gola di netto, insistendo sino a spezzare tutte le vertebre cervicali, decapitandola. Poi, tremante, le chiuse le palpebre. …riposa in pace… Rimase seduto con le gambe raccolte, le ginocchia che sfioravano il viso, respirando piano. Era giusto, era ciò che era giusto fare, eppure lo devastava, lo atterriva. Si cavò di tasca un orologio a cipolla, di argento , lavorato in stile vittoriano e guardò l’ora. Tempo….aveva tutto il tempo. Nel farlo, gli cadde la tessera scaduta di agente di Scotland Yard. Dylan Dog l’afferrò con la punta delle dita e la rinfilò in tasca. Detestava avere le mani sporche di sangue.
...ecco quindi ho già in mente come andare avanti ma aspettatevi una leggera lentezza. Il disegno mi porta via tempo, oltre alle cose della vita varie ed eventuali. Grazie sempre e comunque a chi è tanto magnanimo da buttarci un occhio...
_________________ " Il locale è triste e sta sempre qua ! "
" Dylan Dog è arrivato allo scontrino fiscale "
Oriana Fallaci ti amo.
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