Cravenroad7

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: lun dic 12, 2011 12:12 pm 
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Era tutto completamente diverso, adesso. La poetica certezza che la morte accumunasse tutti, era palesemente falsa e bastava poco per capirlo. Bastava essere a 5 miglia dal paese.
Ciò che rimaneva del corpo del povero Nyar stava quasi al centro della strada principale che da Dundee portava a Benton, e non era e non sarebbe stato come per il povero McClouden. Niente discrezione e ricostruzioni di comodo.
C’erano tante auto della polizia, curiosi di tutto il paese e gente di fuori che venendo dalla corsia opposta si fermava o rallentava al punto da creare un grande ingorgo. C’era chi riprendeva con il cellulare e con la macchina digitale, e l’illusione di essere immersi in una epoca appena lontana, svaniva del tutto.
“…un ragazzo ubriaco. Un incidente. C’era parecchia nebbia ieri sera e le strade erano gelate. “ Parole, commenti, impressioni che volavano da bocca in bocca dagli abitanti, i curiosi, scivolando sulle divise dei poliziotti come la rugiada.
Poco dopo la curva l’auto scura di Louise Witch si bloccò quasi tamponando un furgone chiaro del latte. Lei scese. Le gambe e le braccia tremavano.
I capelli lunghi erano raccolti in una treccia che le sfiorava le scapole. Indossava un paio di jeans blu scuri, strappati ai lati, delle scarpe con l’allacciatura alta, un maglietta con il viso di Maryln Manson stampato sopra e il giubbotto di pelle nero rossastra.
La croce celtica capovolta ondeggiava ad ogni suo passo.
Camminò si quando arrivò davanti al cordone di poliziotti e al nastro giallo che delimitava la zona.
Fissava con aria spenta e vuota i lampeggianti dell’ambulanza, che apparivano fuori posto, in quella calma di morte. Un corvo volteggiava in cielo.
“ Louise ! “. Marc Stenton le posò la mano sulla spalla e lei non fece un gesto, non disse una parola, niente di niente.
Si voltò solo quando fu Dylan a sussurrarle il suo nome.
Avrebbe voluto parlare di lei con Marc. Ma sarebbe stato inutile e impossibile. Il ragazzo era sconvolto e a fatica Dylan l’aveva convinto a lasciare la propria auto e a proseguire sino alla strada con il maggiolone. In che modo avrebbe potuto dirle di lei ?
“ Mi spiace Louise…”
I poliziotti li fissavano tutti come fossero trasparenti.
Un leggero brusio si sparse dal crocchio di donne sistemate appena lontano da Marc, Dylan e Louise. Dapprima debole, poi sempre più insistito.
Fin quando un uomo, corpulento e scolpito dalla fatica dei campi, si fece avanti, camminando appena distante dalla zona interdetta dalla polizia.
“ Vattene da qui, puttana ! “ Marc l’abbracciò d’istinto, e lei, con altrettanta prontezza, si divincolò.
“ Vattene tu, stronzo ! “, sputò.
L’uomo fece per afferrarla ma Dylan lo bloccò, prendendogli il polso.
“ Hey ! Lasciala stare ! “. In un confronto fisico il contadino avrebbe fatto a pezzi Dylan. Era grosso e muscoloso, pesava quasi 100 chili e la carne era corazzata dalle fatiche di una vita non comoda.
Ma c’era tanta, troppa polis, lì, per scatenare una rissa.
E lo sguardo di Dylan Dog non mostrava esitazioni né dubbi.
Ma la massa, per sua natura, non teme i giudizi quando li esprime abbaiando, come una muta di cani.
Le voci dal gruppo di donne si sparsero a tutti i presenti.
“ Vai via ! Maledetta ! Sparisci ! Me’cine dubh salach!”
Era un ululato antico, irto di paure.
Lei rise. Fissò Dylan e urlò: “Maledetti ! Andate a farvi fottere ! “
“ Andiamo via…”, Dylan la allontanò appena dalla calca cingendole la vita.
La portò vicino al maggiolone e le disse: “Sali…non scendere per nessuno motivo, right ? Sei sconvolta e lo sono anche quelle persone.
Io…devo assolutamente parlare con Scotland Yard ! “
Louise non disse niente. Salì, sorniona e sinuosa, in auto, lasciando la portiera aperta, leggermente.
Vide il suo Dylan ritornare verso la folla, con passo sicuro, le spalle alte, senza girarsi. Sorrise. Il corvo planò, posandosi alla fine sul tettuccio dell’auto. “Tar chugam, súl olc ... ! “
L’uccello si alzò in un rapido volo circolare, sino a posarsi sul palmo della sua mano destra, appena fuori dall’abitacolo della macchina bianca di Dylan Dog. Un fosca luce bianca illuminò la pupilla di Louise e quella del corvo.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: mer dic 14, 2011 4:22 pm 
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Quella sera non era uscito nessuno. Benton, che non brillava certo per vita notturna, era diventata una città fantasma. Anche il pub aveva chiuso appena dopo le dieci. La gente, i ragazzi, erano scossi per quel che era accaduto a Nyar.
Marc, il suo migliore amico, era a casa che fissava la chitarra basso sistemata nella custodia, senza dire nulla.
Quirty era a letto che piangeva da quasi un’ora.
Lady era chiusa nella propria stanza, intenta a sistemare l’amuleto protettore sopra lo stipite e a disegnare la stella a pentacolo sul pavimento.
Groucho fingeva di dormire della grossa, in realtà sperava di sentire Dylan rientrare o chiamarlo al telefono interno della camera.
Sulla grande quercia che dominava la collina, gufi, civette e barbagianni erano muti ed immobili, tremanti di paura.
L’orologio, una grossa pendola a muro sistemata nell’angusta saletta che faceva da ufficio del guardiano del cimitero di Benton, rintoccò l’una.
Dylan Dog evitò di guardare l’ispettore Stevens che stava quasi di fronte a lui, con le mani infilate nelle tasche della divisa.
Ad occhio poteva vedere la stanza opposta, dove il cadavere di Nyar Lougth riposava. Un lungo telo cerato scuro lo copriva.
“ Dog…vorrei sapere quando ci decideremo ad andarcene
a dormire ! “
“ Mi chiami Dylan, ispettore…presto. Spero…spero che non accada niente di ciò che temo ! Piuttosto…le va di fare due chiacchiere ? “
“ Come le pare. Certo è una delle cose più ridicole che abbia mai fatto… E lei ha una grande faccia tosta ad averla solo proposta…”
“ Vorrei…sviare il discorso, se possibile, su Louise…”
Dylan si versò un sorso di te caldo. L’ambiente era immerso in una umidità gelida. L’odore della cera, dei paramenti e quel penetrante sapore di formalina, ottenebravano i sensi.
“ Ha preso una bella imbarcata, vero ? “
Lui sorrise. Quell’uomo burbero non riusciva a rendersi antipatico, nonostante ci provasse in ogni modo.
Quando Bloch aveva telefonato da Londra, consigliandogli di far collaborare Dylan alle indagini ( e l’ispettore l’aveva fatto alzando gli occhi tondi al cielo e maledicendosi per l’affetto paterno che provava per l’indagatore dell’incubo ), Stevens era apparso il ritratto preciso del personaggio di confine, diffidente con chiunque ma in realtà buono e onesto. La sola nota che stonava in quella sua scorza falsamente granitica, era Louise. Ogni volta che Dylan la nominava, quell’uomo sembrava incupirsi.
“ Come al solito. Sono innamorato perso…Mi capita spesso…Sono un caso clinico di romanticismo misto a fesseria, se proprio vuole saperlo. In ogni modo io alludevo alla reazione della gente del paese…Mi è parsa isterica e fuori luogo ! “
Stevens si accese una sigaretta, facendo cenno a Dylan se volesse favorirne. “ No. Ci sono molti altri modi per morire…”
Lui annuì. “ Anche fare questo schifo di lavoro. Dylan, lei ha fatto bingo andandosene appena ha potuto ! Fai il tuo meglio per difendere gli altri e la legge e nessuno si cura di te. Al massimo scrivono ACAB sui muri e sputano per terra quando ti vedono passare…Poi arriva il giorno che trovi un balordo fatto che tira fuori una pistola ed hai finito di campare !”
Dylan gettò un’occhiata alla camera adiacente. Nulla.
Nyar aveva ancora la testa attaccata al tronco, e se era davvero stato uno zombie a scarnificarlo in quel modo orrendo…
“ Siamo reietti e ci piace. Ci piace piangerci addosso ed addossarci tutte le colpe dei mali della Terra. In fondo, non siamo diversi da Louise, no ? “.
Lui aspirò dalla sigaretta.
“ Quella ragazza….vede, Dylan…questa è una piccola comunità, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Londra da qui…è lontana anni luce. Non mi illudo che lei possa davvero capire fino in fondo. La ribellione, il modo di essere….la droga….”. Disse l’ultima parola con dolore, come se uscisse a fatica dal cuore piuttosto che dalle labbra.
“…qui, non sono solo…una minaccia per l’incolumità di una singola ragazza, ma….la fine di una illusione. La fine della convinzione che…mantenendo certe regole, certi…equilibri…il male, la delinquenza, la malvagità, possano stare lontani, al di là del bosco, nel nulla ! “.
Dylan Dog si sfiorò appena il mento.
“ Forse però….abbiamo, nostro malgrado, bisogno di vivere la realtà, con tutte le sue malvagità e i suoi orrori. Per affrontarla, nel caso ci aggredisse. E per capire chi ha fatto queste scelte ed aiutarlo ! “
Stevens aspirò ancora e prese a camminare lentamente per l’angustia stanzetta.
“ Quella ragazza….lei non può capire….Vede…esistono delle certezze…delle radici che….fanno parte di noi. Nel bene e nel male.
Louise….ha infranto questa armonia. Se…Oh santo Iddio ! “
La sigaretta gli scivolò dalla bocca e rimase pietrificato.
Ciò che restava di Nyar Lougth, esplose in un urlo raccapricciante.
Si tolse la certa scura con un gesto lento e monocorde e si mise seduto, spalancando gli occhi vitrei avanti a se.
E’ difficile descrivere come fosse quella voce.
Non aveva niente di vivo, di umano, di concepibile.
Era come se l’inferno si fosse spalancato e da esso ne fossero sgorgati fuori orrendi demoni, repellenti, brutali. E che quel urlo fosse il loro sinistro, animalesco verso.
Il cadavere spalancò la mandibola viva, con parte del cervello che si staccava colando sul lavandino. Luridi vermi verdastri gli si contorcevano nelle carni.
Dylan spinse via Stevens, pietrificato dallo sgomento e dalla paura ed impugnò la Bodeo calibro 38.
<..... Bhí ocras orm .. ocras .....>, urlò.
Fece per tirarsi su, ma scivolò ai piedi del tavolo chirurgico, come un invalido che tenti goffamente e drammaticamente di alzarsi da una sedia a rotelle.
Dylan puntò l’arma sulla sua testa, alzando il cane.
Ma non ebbe bisogno di far fuoco.
Lo zombie o quel che era quella oscenità, si mosse disordinatamente per qualche istante, poi sprofondò a terra, rigido come un manichino che sia sbattuto giù dal proprio piedistallo. Quasi immediatamente prese a decomporsi. Anzi si sciolse come fosse stato immerso in un acido potentissimo.
Il cervello si liquefece in un disgustoso ribollire di carne sciolta.
Il corpo, le ossa, i tessuti, divennero una densa, appiccicosa resina rossastra. L’odore dolciastro, penetrante, era insopportabile.
Stevens barcollò sino al lavandino metallico, vomitando, mentre Dylan abbassava il cane della pistola e prendeva fiato, a fatica.
“ ….era…era…un morto vivente ? “, chiese Stevens, quasi disconoscendo la propria voce.
Dylan scosse la testa. “ Non lo so. Non…non ho mai visto niente del genere in vita mia ! “.

Brr....a voi l'ardua sentenza, o non posteri !!

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: ven dic 16, 2011 11:51 am 
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A quell’ora assurda, le due e mezza del mattino, c’era solo nebbia e un auto dai fari tondi, che la sfidava.
L’auto di Dylan con Stevens a bordo percorse la via principale con lentezza.
L’ispettore era ancora scosso per ciò che aveva veduto e nonostante Dylan avesse qualche esperienza in più in faccende del genere, avvertiva una piccola paura che gli tagliava la schiena come una lama sottile.
“…dove intende andare, Dylan ? “
Lui parlò senza distogliere gli occhi dalla strada nebbiosa.
“ C’è una donna…Lady…mi è sembrata la sola in grado di farmi capire del tutto quello che sta accadendo. Ho bisogno di aiuto, per risolvere questa faccenda prima che degeneri ! “
L’ispettore di polizia socchiuse le palpebre.
“ Che potrebbe esserci di peggio di quel che abbiamo visto ? “
“ Non lo so, Giuda ballerino. Ma temo che sia solo l’inizio…
Quel povero ragazzo è stato aggredito da una creatura che presumo sia la stessa che ha ucciso quell’allevatore. Ora, se in qualche modo non saremo sicuri che sia morta o che si sia fermata…Il pericolo sarà sempre reale. “
“ Si fermi qui. Io scendo ! “
Dylan lo fissò, rallentando. “ Non viene con me ? Credo dovrebbe.
Lei è una persona influente, qui. Se servisse la collaborazione della polizia o una qualche forma di…”
“ A maggior ragione intendo allertare i miei uomini. Se ha bisogno di me, Dylan, non ha che chiedere. E solo lei può capire fino in fondo quello che sta succedendo qui. “
“ La gente….sospetta che Louise sia coinvolta, vero ? L’ho capito sul luogo del delitto, stamattina.”
Lui alzò le spalle, aprendo la porta.
“ La gente dice tante cose. Il guaio è che molti, troppe volte, gli danno peso. “
Rimase sulla soglia sin quando vide l’auto svanire nella nebbia.
Si accese una sigaretta ed entrò nella microscopica stazione di polizia. Era tutto illuminato da una fioca luce giallognola.
Quell’ufficio era stata la sua seconda casa per quasi quarant’anni.
Benton aveva vissuto lo scorrere tumultuoso della storia con la noncuranza di un albero sistemato accanto ad un torrente.
Lui taciturno e semplice poliziotto di provincia, ne faceva parte come uno dei tanti rami della quercia della collina.
Solo negli ultimi anni le cose erano cambiate.
Si massaggiò le palpebre, sentendosi sfatto.
No, era esatto dire che le cose erano cambiate da quando, venticinque anni or sono….
Prese il portafogli. Dentro, nella parte posteriore alla tessera di poliziotto, il solo documento che contava nella sua vita ormai, c’era piegata una foto.
Una bambina, dai capelli neri corvini.
“ Perdonami…”
Afferrò il fucile a pompa dall’armeria e gettò le chiavi e la tessera sul bancone. Controllò che il fucile fosse carico e prese con se una scatola di munizioni.
Fissò l’ufficio, la propria vita che avrebbe sacrificato per il bene della città, per fermare quella follia ormai senza controllo.
“….io ti ho sempre amata , Louise…bambina mia….perdonami per quel che sto per fare…”
Spense le luci e chiuse la porta. Nel buio, denso e fitto quanto la nebbia, una voce gutturale sibilò: “….idiota….povero idiota…”


Colpo di scena, almeno spero...! Coraggio che siamo in dirittura d'arrivo...

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: dom dic 18, 2011 12:18 pm 
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Buona domenica a tutti, sopratutto a coloro che hanno la pazienza di leggere questa follia....
Ormai chiara la scena e lo svolgersi degli eventi. Spero di saper reggere un discreto ritmo narrativo, sin alla soluzione finale.
Quindi anche per oggi, VIA:



Quirty Logan stava appoggiato al calorifero della propria camera, immersa nel silenzio. Quella notte era silenzio e basta. Non era riuscito a chiudere occhio. Dapprima si convinse che fosse tutta colpa della tragedia di Nyar….
Invece ora era sempre più certo che ci fosse un altro motivo. Un qualcosa…
Guardò fuori dalla finestra. Un muro di nebbia. Che si aspettava di vedere a quell’ora, in quel periodo dell’anno ?
Ripensò al loro gruppo…A Nyar che suonava il basso benissimo, a Marc che distorceva i suoni della chitarra elettrica come strappandogli l’anima e a lui…e alla voce di Louise…
Scosse la testa. Louise…quante cose cattive, su di te, quanto male.
Pianse, sentendosi indifeso come un bambino.
E di colpo, come un fulmine che tagli in due la cupezza di un temporale, sentì qualcosa.
S’infilò il giubbotto imbottito di piume d’oca ed uscì.
Marc Stenton era seduto da solo, nello scantinato che era proprietà di suo padre. Tutto, nella sua vita, sembrava essere di sua proprietà: La vita, la scuola, la casa, gli strumenti, lo scantinato…solo una cosa, una sola, era stata creata da lui contro il volere di suo padre ed era, per questo, personale. The sourceress….il gruppo.
Ora era finito anche questo. “ Dio…che penso…? Nyar è morto…morto in un modo orrendo ed io…”
Un refolo di vento, un colpo d’aria.
Pensò a Louise, a quando l’aveva conosciuta nella grande casa in periferia del paese, quella segnata con il marchio rosso.
Cazzate. Siamo nel 2011…o no ? Ma quel che avevano visto...Quel che era successo a Nyar era reale.
Un violento spostamento d’aria lo fece rabbrividire.
“ C’é….c’è qualcuno….? “, chiese, tremante.
Un sottile, appena udibile suono.
Marc si avvicinò al centro della saletta, guardandosi attorno. La luce prese a tremolare, spegnendosi del tutto.
Il suono divenne leggermente più udibile, accompagnato da un profumo delicato, buonissimo.
Era un canto, una melodia, quel suono. Una canto armonioso, stupendo…
“ They tried to make me go to rehab but I said 'no, no, no'…”
Comprese le parole. Si sentì tremare.
“ Se è uno scherzo…”, smozzicò. Certo…c’era qualche microfono, qualche iphone….qualcosa…nascosto nel buio…Si qualcosa…
“Yes I've been black but when I come back you'll know know know
ain't got the time and if my daddy thinks I'm fine…”
La voce crebbe, lentamente.
“…Louise….sei…sei tu…stella ? Come sei…entrata…? “
Parole piene di paura, come troppo spesso succedeva parlando con lei di lei, attualmente.
“ Marc…tesoro…”
Era lì, ad un metro da lui, come fosse stata generata dal nulla.
I capelli erano sciolti, adesso, stupendamente selvaggi.
Era nuda.
Gli sfiorò la guancia fredda, tagliata in due da una lacrima di paura.
“ Scusa il ritardo, amore…”
“ Come…hai fatto…a….”
Lei le posò l’indice magro sulle labbra, zittendolo.
“ Scusami, Marc. Scusami davvero… Io…ti ho amato…sai ? Ma l’amore non esiste in questo schifo di mondo ! Ed è meglio così per te e per tutti…Ora tutto si compirà. Ora sono in orbita. Alta come le nuvole nel cielo. Forte come una montagna ! “
Le fissò il viso, quegli occhi verdi scuri, stupendi, attraversati dal riverbero della follia.
Lo baciò, e Marc non sentì altro che un gelo feroce, assoluto.
Louise si staccò da lui, e prese a ballare, completamente nuda, con grazia, sfiorando quasi il terreno.
“ Tu…tu hai bisogno di aiuto, stella…non…non stai bene…”
La mano ossuta ma fortissima sbucò dal buio.
Afferrò Marc Stenton per una spalla, gettandolo a terra.
Dal buio emerse anche qualcos’altro. Qualcosa che Marc, Nyar e Quirty avevano veduto sulla collina, pochi giorni prima.
Dal buio, dall’inferno, dalla parte più oscura dell’anima.
Marc urlò mentre Louise ballava leggiadra, cantando con voce armoniosa: “Cause there's nothing…. There's nothing you can teach me…”
Le mani forti del mostro gli afferrarono la testa, strappandogliela dal tronco. Un fiotto di sangue denso e caldo schizzò fin quasi al soffitto.
Louise fece uno squittio nervoso e si bloccò, mentre lo zombie immergeva la bocca nel collo reciso di Marc iniziando a divorarlo.
Ora si udiva solo il rumore osceno della carne staccata a morsi e del disgustoso masticare.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: mar dic 20, 2011 12:35 pm 
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Ah, Kramer mi son permessa di mettere il tuo nick nella cosa...Diciamo che sei un Lord.Wells meno antipatico... VIA:

Dylan arrivò alla casa di Lady, senza stupirsi di trovare le luci accese, nonostante l’ora.
Scese dall’auto e controllò che la Bodeo fosse infilata nella cintura dei jeans. C’era nebbia e tanta…non si vedeva ad un passo.
Forse era stato lo stesso quando Nyar era stato assalito ed ucciso.
Bussò con due dita ed attese. Assurdo…il corpo di Nyar…sembrava che stesse insieme, fosse coeso e si animasse, per via di quella resina rossa.
Ma che legame poteva esserci con…un albero ?
“ Dylan…venga avanti pure, giovanotto. Non è errato per me affermare di averla già sentita varie volte e con referenze, non di meno, egregie ! “
L’uomo che gli aprì era magro, minuto. Aveva un paio di occhiali da vista tondi, capelli brizzolati, un viso simpatico e vivace.
Vestiva con un maglione a senza maniche, allacciato sul davanti, scarpe Clark’s chiare e pantaloni scuri, una camicia elegantemente in tono, un fermaglio d’oro per la cravatta scura.
Lady indossava una lunga vestaglia scura.
“ Dylan…buon Dio…E’ sparito tanto all’improvviso, stamane.”
Lo fece accomodare non in cucina, stavolta, ma nella sala, debolmente illuminata da una luce verdastra.
“ Le presento Kramer Gift. E’ quello che un tempo poteva esser chiamato druido. Per quel che cerchiamo di fare ci è indispensabile…”
Dylan si sentiva a disagio. Gli sembrava che quelle persone, per quanto in buona fede, lo stessero usando e manipolando come un burattino.
“ Sono lieto di fare la sua conoscenza, Dylan. Sono professore universitario all’università di Dundee. Lady è una mia cara amica e non appena ho avuto modo di sapere, mi sono obbligato a giungere lestamente in loco. “
Dylan sorrise, rammentando Lord Wells.
“ Che cosa insegna, professor Gift ? “
“ Grammatica e semantica applicata agli studi sociali e rituali delle tradizioni celtico/gaelico anglosassoni, giovanotto ! “
Lui scosse appena il capo. Inutile cercare di capire.
“ Credo che lei…mi possa aiutare circa…un parola…”
Si cavò dalla tasca interna della giacca nera un taccuino.
“…Me’cine dubh salach…o salacht…o qualcosa di simile ! “
Lady sorrise. “ Dylan, caro ragazzo, avrei potuto risponderle io stessa..”
“ Si tratta della contrazione scozzese attuale, della parola celtica
Medecine, che significa strega, Dylan. Le altre parole sono una imprecazione denigratoria, simile allo sporco nero o malvagità oscura…Insieme sono anche la frase che apriva la purificazione spirituale delle streghe nel medioevo…”, fece Kramer, lucidandosi gli occhiali.
“ Modo forbito per dire che erano le parole esclamate prima di dar fuoco a delle povere donne innocenti, vero ?”, chiese Dylan.
“ I tempi sono mutati, ma le paure di millenni di persecuzioni sono ancora attuali. “
“ Si ma per quale motivo la gente di qui dovrebbe temere Louise ?
Capisco che una forma di ribellione forte, contro il sistema costituito possa generare ostilità, ma da questo a ritenerla una strega… “
Lady si massaggiò le palpebre. Era molto tardi ed il sonno le toglieva lucidità. Ma ora che la follia ed il terrore erano cominciati, e doveva affrontare la cosa, sentiva anche che era doloroso ma necessario.
Sentiva che se davvero stava accadendo questo, accadeva per una ragione. E che non tutto era terrore e male. Che forse anche dall’orrore può scaturire una parvenza di bene.
“ Perché, vede, caro Dylan, Louise Witch in realtà si chiama Louise Starwell ed è mia figlia…Ed è una potenziale Medecine dubh salach…Una strega nera ! “.

Groucho si girò nel sonno, destandosi all’improvviso.
Stava sognando una meravigliosa avventura di Harpo e Chico e la cosa lo urtò parecchio. Anche perché era certo che ci fosse qualcuno nella stanza con lui.
“ Orpo, come direbbe Harpo…” sussurrò Groucho, alzandosi dal letto e accendendo la luce.
Niente. La corrente era andata.
“ Non avranno pagato la bolletta. Cosa normale, soprattutto se a doverla pagare sono degli scozzesi. Questo mi ricorda quella dello scozzese che si fece togliere tutti i denti sani insieme a quello cariato, dal dentista, per fare tutto in una volta sola e risparmiare sulle sedute ! Oppure quella dello scozzese malato terminale, che sterminò la famiglia per ottenere lo sconto nelle esequie.. “.
Un dolce profumo di eliotropio. Dal nulla sbucò la figura sinuosa di Louise. “ Ciao baffo ! Te l’ho già detto che sei forte ? “.


Colpo di scena ( almeno x quelle che son le mie possibilità ) nel finale...
Parte un po spiegona ma necessaria...la fine, x il sollievo vostro, si avvicina..

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: gio dic 22, 2011 10:51 am 
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“ Mi sta dicendo che Louise….sua figlia….Sarebbe…? “.
Lady annuì.
“ Le nostre tradizioni, le nostre radici, sono millenarie, Dylan.
Tanto che molte di noi, io compresa, non le conosciamo e comprendiamo del tutto. Secondo la leggenda, una strega bianca come me può generare solo streghe bianche. Dal seme sano, può nascere solo un frutto genuino.”
Kramer annuì.
“ Esistono però delle eccezioni. Le antiche mitologie celtiche parlano del na torthaí ar olc, il frutto del male. “
Mentre parlava, Kramer aiutava Lady a liberare la tavola circolare.
“ Avevo ventidue anni…Ero sposata da poco con Surv Stevens. Eravamo una coppia felice. La gente di qui aveva dimenticato la mia millenaria stirpe e Surv….non se ne curava. Era il 1986…i tempi erano moderni e nessuno, apparentemente, si occupava delle superstizioni del passato. “
Lady sistemò una grossa croce celtica di legno al centro del tavolo.
“ Io…non conosco i riti celtici, Lady. A cosa posso servirvi ? “.
“ Lei è un catalizzatore di fenomeni paranormali, Dylan. Che ci creda o meno. E’ duopo che oda e partecipi al tentativo che stiamo imbastendo. “
La donna impallidì. Si vedeva chiaramente che ciò che stava per raccontare la faceva soffrire.
“ Una sera mio marito era di pattuglia. Qui… allora come oggi, nessuno chiudeva le porte delle case. Un auto si fermò di fronte alla nostra casa di campagna. Scesero due uomini. Venivano da Dundee. Erano ubriachi. “. Si torse le mani.
Dylan si sentì rabbrividire.
“ Finsero di aver bisogno del nostro telefono…io, ingenuamente, li feci entrare in casa…Mi violentarono…per ore…Quando quei bastardi finirono, ero ridotta in fin di vita.“
“ Mi dispiace, io…”
Lei gli sfiorò la mano. Dolce e sentimentale Dylan. Il cuore gli batteva più piano adesso e avrebbe voluto essere a Londra, a suonare il clarinetto e a non dover vivere quella storia dolorosa e crudele.
“ Mio marito si adoperò con tutte le sue forze per trovare quelle bestie. Non ci riuscì mai. Io rimasi in stato vegetativo per settimane. Trascorsero mesi, prima che fossi in grado di riprendermi dalle ferite.
Quando lasciai l’ospedale, ebbi la notizia peggiore: ero incinta di quei bastardi…”
Le tese la mano e insieme a Kramer formarono un cerchio con la croce celtica al centro.
“ Il nostro matrimonio crollò su se stesso, Dylan. Io volevo tenere il bambino, lui era contrario. Non so dirle cosa provai quando nacque e scoprii che era una femmina. Ma le giuro…le giuro che non ero a conoscenza della profezia. “
Fissò Dylan negli occhi. “Olc Cruthaíonn na torthaí ar olc…Il male genera il frutto del male ! Io…non volevo…non volevamo crederci entrambi. “
Staccò la mano destra da quella di Kramer e accese un cero rossastro.
“ Ci separammo quando Louise arrivò a compiere sette anni, l’età che nella cultura magica della streghe…”
“…è quella di iniziazione ai primi rudimenti sull’armonia della natura, e l’uso consapevole delle proprie potenzialità !”, disse Dylan. Ora, per la prima volta, rimpiangeva di aver accettato quell’incarico. Quella storia terribile, raccontata da una donna mite e semplice, gli creava il voltastomaco.
“ Esattamente ! Scioccamente credetti che…il nasconderle la sua natura, l’avrebbe preservata dalla profezia che in parte ignoravo.
Ma mia figlia crebbe…tormentata, insicura, ribelle….Faticavo ogni giorno a legarla a me, a farla accettare dalla comunità. Era derisa, schernita, oscenamente insultata dai ragazzi e da chi vedeva in lei la figlia del male e della violenza ! Le persone che prima ci salutavano ed erano prodighe di amore e rispetto nei nostri confronti, divennero crudeli, insensibili, cattive. Era riemersa tutta l’ancestrale paura del male !“
“ Tutto questo é…disgustoso ! “, commentò Dylan.
Lady le afferrò il polso, stringendolo.
“ Louise ha…rubato il Leabhar an Druids ársa…il libro degli antichi duridi…Non so come abbia fatto a scoprirne l’esistenza. Lo custodivo in un luogo che ritenevo sicuro. Purtroppo i fatti recenti non possono che darmi ragione, ma non la ritenevo capace di arrivare a tanto !”
“ Sssst…” sibilò Kramer.
“ Il tempo delle parole è finito. Chiudiamo il cerchio e concentriamoci sulle parole non dette dalla natura. Ciò che ci accingiamo a fare è una sorta di cosaint litriú…incantesimo di protezione. Se funzionerà…”
Il telefono squillò, in modo metallico. Per un istante nessuno seppe che fare. Se rispondere o continuare quel rituale.
Poi fu Dylan ad alzarsi. Forse Stevens aveva trovato qualcosa.
“ Si ? “. “ C…capo…ho…ho un nodo alla gola…”
La voce… “ Groucho…Che ti succede, amico mio ? “
“ Ciao amore ! Non è cosa bella farmi aspettare. Ho voglia di te e di rivederti ! Che dici…? La fai una capatina dalla tua Louise ? “.
Dylan si sentì rabbrividire. La voce di Groucho…era…colma di terrore.
“ Non fare del male a Groucho, Louise ! Ascolta amore tu…sei confusa. Permettimi di parlarti e…”
“ Vieni da me, da solo, indagatore ! E di a quella puttana di lasciar perdere i giochini ! C’è una grotta, nella parte Sud della collina.
E non fare scherzi, amore. O stacco la testa al tuo amico e gli divoro gli occhi ! “
“…e senza occhi, capo, perdo metà del mio sex apphel…”, biascicò Groucho. La linea si interruppe.
Dylan parlò come inebetito. “ Era lei…ha detto di una grotta ai piedi della collina. Devo andare da solo o ucciderà il mio amico !”
Lady si alzò di scatto. “ Dylan…lei non conosce i reali poteri di Louise. Credo nemmeno lei stessa ! Non è in grado di fermarla da solo. E’ una trappola e purtroppo so cosa ha in mente. Non si presti a …”
Lui l’afferrò per le spalle, spingendola da un lato.
“ Ora basta ! Avete tutti la vostra parte di colpa in questo orrore ! Tranne me e Groucho. Mi dica dove si trova quella grotta e troverò il modo di farla ragionare. E se così non fosse, avete il dovere di pensare voi ad una cosa più risoluta che ad una seduta spiritica da quattro soldi ! Guadagnerò tempo. Ma se accade qualcosa a Groucho per colpa vostra…”.
Kramer gli posò la mano sulla spalla. “ Mi sembra una scelta saggia.
Cercheremo di trovare una soluzione alternativa a quella convenzionale per fronteggiare il potere di Louise. Lei sia prudente, mi raccomando ! “.
“ La strada ! “, fece Dylan Dog.
“ Arrivi al bivio e svolti a sinistra. Quando arriverà in un punto praticabile solo a piedi, imbocchi un sentiero contrassegnato da un palo sormontato da una croce. La grotta è poco più che una fessura alla fine del percorso, prima dello strapiombo. Si troverà al di sotto della sommità della collina. “
Lui uscì, senza voltarsi mentre Lady esplose in un pianto disperato.

Auff....parte forse eccessivamente ricca di parole e spiegazioni, ma la ritenevo necessaria affinché si inquadrassero bene le personalità dei personaggi....A voi l'ardua sentenza.

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Surv Stevens aprì la porta della casa di Louise con una spallata.
La casa era piccola, poco meno di tre stanze, in fondo al paese, quasi al confine della contea. Aveva un grosso segno di vernice rossa tracciata sulla facciata esterna, quella libera dalle finestre, che in passato era stata cancellata e riscritta più volte, sin quando la ragazza aveva deciso di lasciar perdere. Era una grossa M scritta in caratteri gaelici. La casa era diventata la meta dei ragazzi ubriachi del paese, che si divertivano a gettare animali morti, per lo più gatti, nel cortile o imbrattare in ogni modo, anche il più lurido, le porte e la staccionata. Questo quando andava bene.
Louise era andata ad abitarvi appena compiuti 21 anni, e a volte le capitava che, nel cuore della notte, due o più auto si fermassero sotto casa prendendo a strombazzare con i clacson e a cantare:
“Kill an medicine, an cos hang sé as an tine go bhfuil gach feoil a marinate!”, sin quando lei si sporgeva dalla finestra o usciva sulla soglia e li insultava, li malediceva e minacciava di strappargli i testicoli. Allora le auto si mettevano in moto e i ragazzi sgommavano via ridendo sgangheratamente.
Louise non ne aveva mai parlato con Marc o gli altri ragazzi del gruppo, certa che anch’essi, una sera di ciucca cattiva o quant’altro, vi si fossero recati a sfogare i loro bassi istinti.
E del resto a Benton, tutti sapevano gli affari di tutti.
Lei aveva provato qualcosa di diverso dall’odio solo frequentando Marc Stenton, anni prima. Marc era il solo che avesse osato avvicinarla come una ragazza normale ( e lei era molto più bella di una ragazza normale…) e per questo motivo le sue già rade amicizie di paese erano quasi scemate del tutto. Povero dolce Marc ! Quanto le faceva pena, quando di notte le si stringeva addosso e la baciava !
Quando il calore dei loro corpi diventava uno e il mondo era lontano con le sue cattiverie e la sua malvagità. Allora lui le parlava del disco, della band, dei sogni, della loro vita di paese schifosa e sempre uguale, e lei si sentiva un poco importante, per qualche drammatica ora di dolcezza e amore, che era sempre mancato nella sua vita.
Poi ritornava a casa prima con mamma e poi da sola e la realtà di quella sua missione, sacra, assoluta, si ripresentava inesorabilmente. Vedeva l’albero maestoso ondeggiare spinto dal vento e quei movimenti erano per lei parole, frasi, idee arcaiche, rituali, tatuate sulla pelle. E capiva e vedeva la verità, dietro la patina delle maschere portate da tutti.
La vedeva guardando i volti, i visi, i gesti di scaramanzia quando passava, le risate della gente quando si esibivano nel locale del paese. E anche, ancor di più, dopo. Quando i giovani avevano imparato a lasciarla stare, a sentirla cantare note con voce stupenda. Pezzi duri, forti, maschili. zzTop, Iron Maiden, Guns and Roses… lei che adorava Amy Winehouse...che forse per questo sapeva far vibrare l’anima, con la voce. Allora era sembrato che tutto il mondo fosse normale, con ragazzi che battevano le mani ad altri ragazzi alla fine di una serata di alcool e risate. Ma Louise comprese di odiarli, ancor di più di quando la deridevano ed insultavano, perché ora, ciò che si palesava era compassione, quella e niente altro, lurida, orrenda, schifosa compassione che ti si appiccava addosso come resina, resina rossa e malvagia.
Una volta, forse l’ultima, uscendo dal pub alle tre e mezza, un ubriaco di Dundee le aveva sputato in faccia, toccandosi anche le parti basse, e le risate erano ricominciate, ammesso che fossero mai realmente finite. E aveva veduto. Veduto negli occhi di Marc, di Quirty, di Nyar una sottile ilarità, un sottile sorriso, un modo infantile di nascondere la paura del diverso, del figlio del male.
Ed aveva deciso. Era così che doveva andare.
Stevens pensò con rammarico a quanto lui e i colleghi sapessero da anni di quel andazzo e di quanto avessero, colpevolmente, chiuso gli occhi.
Ora non pensò al fatto che fosse lì per commettere un omicidio.
Si sarebbe semplicemente consegnato ai colleghi senza motivare il suo gesto che, del resto, era senza spiegazione logica.
Tutto era buio e silenzio. Puntò l’arma avanti a se e accese la torcia.
La stanza che era sia angolo cucina che un piccolo soggiorno, era immersa in un disordine assoluto. Ceri, libri, cleneex, riviste, avanzi di cibo, siringhe, tampax…
Spostò un cumulo di giornali vecchi e brulicanti di cimici. Siringhe…
“ Dio santo…”, commentò.
Scavalcò un tavolino da te basso, di cristallo, pieno di segni di cicche di sigaretta, e puntò verso il bagno. Prese il respiro e sfondò la porta. Nulla. La stanza era dalle piastrelle scrostate, la vasca semi piena di acqua nera, il soffitto giallo per l’umidità, la doccia gocciolante. Ma nulla. Restava solo la piccola cantina, cui si accedeva dal retro.
Uscì, non notando che l’acqua lurida che intasava lo scarico, prese a gorgogliare. Dapprima debolmente, poi con maggiore intensità. Poi qualcosa emerse…
Stevens aprì la porta dello scantinato semplicemente rimuovendo il paletto di legno messo di traverso. C’era una scala ripida, fatta di gradini di legno che scricchiolarono sotto il peso dell’ispettore.
Puntò la torcia. La cantina era intasata di oggetti accatastati alla rinfusa. “ Louise…sono io. Vieni fuori ! “.
Era giunto alla fine della scala, quando udì la porta scricchiolare ed aprirsi, alle sue spalle. Si voltò di scatto, puntando l’arma e la torcia verso la sommità della rampa.
C’era una figura minuta, ritta, che scendeva lentamente.
“ Ciao paparino…”, gemette. Era una donna, di corporatura vagamente simile a Louise. Ma tutto il corpo, dai capelli che erano una massa densa e compatta, sino ai piedi, era coperto di sangue.
Gli occhi sembravano balzare fuori da una maschera di color rosso scuro, tribale. Emanava un odore dolciastro e quella poltiglia stomachevole le infradiciava il vestito. Una vestaglia madida, che mostrava le curve e le forme, in un osceno miscuglio di sensualità e di orrore. Scendeva piano, senza guardare i gradini, le braccia tese avanti a se, che colavano sangue.
Stevens puntò il fucile a pompa. Si sentiva tremare dalla paura ma sapeva che se avesse esitato…
La detonazione riecheggiò nella stretta cantina come un tuono.
La donna colpita scivolò giù dalla scala simile ad una bambola di pezza, con dei tonfi sordi e sinistri. Surv caricò ancora l’arma con uno scatto secco.
Notò lo squarcio del colpo in pieno ventre e si sentì vomitare.
Un denso, voluminoso bolo di vermi verdastri, uscì accompagnato dall’odore solido di melassa.
E il disgusto fece presto spazio allo sgomento, quando vide che ciò che era quella cosa, si mosse, cercando di alzarsi in piedi.
“ …Non vuoi bene alla tua Louise, paparino ? Non vuoi più bene alla tua stellina ? “.
Tese le mani in avanti, cercando di afferrarlo, ma lui indietreggiò di qualche passo, salendo su due gradini della scala e fece fuoco, mirando alla testa. Fu come fosse scoppiato un cocomero. Il suono fu terribilmente lo stesso. Quel liquido denso e rosso esplose imbrattando le pareti e il vestito dell’ispettore con frammenti di materia cerebrale grigiastra. Questa volta il corpo cadde in avanti e si spiaccicò in una disgustosa melassa rossastra.
Stevens si piegò in avanti, rimettendo.
Rimase immobile, tossendo e massaggiandosi le palpebre, con la vista che si annebbiava.
“….e bravo il mio bastardo…bravo il mio paparino…bravo…”
La voce era un sussurro sottile, accompagnata da un vento che filtrava cattivo da sotto lo stipite della porta di legno.
La porta si aprì e si richiuse sbattendo con forza.
Con forza sempre crescente le pareti iniziarono a vibrare, quasi scosse da un piccolo terremoto.
L’ispettore si alzò di scatto, con l’arma che gli cadde rimbalzando sulle scale.
Fuori, la natura sembrava impazzita. Le fronde degli alberi si piegavano sotto una sorta di uragano creato dal nulla.
Le tegole e le assi di legno dell’abitazione presero a staccarsi, volando e roteando in tutte le direzioni.
Dalla foresta usciva un urlo terrificante, alimentato dal vento che veniva ad ondate. Stevens barcollò sino all’auto, mentre il turbinio selvaggio ululava: “…e bravo il mio bastardo ! Bravo ! Eri venuto ad ammazzarmi, eh ? A farmi secca, eh ? “
Il ramo pesante di un albero cedette, schiantandosi sul parabrezza dell’auto.
Una tegola centrò uno dei finestrini sfondandolo.
Per quasi cinque, interminabili, minuti, la natura sembrava completamente impazzita. Poi si placò, lentamente, sin quando tutto rimase immerso nel silenzio e nella nebbia.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: lun dic 26, 2011 11:29 pm 
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MessaggioInviato: mar dic 27, 2011 12:15 pm 
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Survivor82 ha scritto:
Grazie dell'omaggio per il nome dell'ispettore :wink:


Era il minimo con chi è tanto gentile da leggermi e da guardare i disegni che faccio.
Coraggio che siam alle battute finali.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: ven dic 30, 2011 12:40 pm 
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Ultimo post dell'anno, quindi mi auguro leggero e che vi avvicina alla fine del supplizio.



Il maggiolone si fermò accanto ad un alto palo sormontato da una croce celtica. La nebbia era diventata densa come gelatina.
Dylan scese, con la Bodeo stretta nella mano destra.
Era come aveva detto Lady. Il sentiero era irto e colmo di fanghiglia quasi appiccicosa. Man mano che vi si inoltrava, sentiva una sorta di risata sommessa, un debole squittio che aveva imparato a ricondurre a Louise. Ora che era lì, in mezzo alla boscaglia nebbiosa, poteva ammetterlo a se stesso: Louise da drogata esercitava in lui un forte fascino perverso. Faceva l’amore come fosse una lotta violenta nella quale soccombeva serrando i denti, profferendo ogni stilla di sudore e di energia. Era bella, sensualmente bella per i suoi venticinque anni. Rammentò le sue unghie affilate che gli affondavano nella carne, mentre l’amava, e con dolore pensò a cosa avrebbe dovuto realmente fare per fermarla.
Arrivò alla grotta. Immediatamente sentì il fiato troncarsi e la testa appesantirsi. Era meno di una fessura compressa fra le rocce.
La claustrofobia…
S’infilò all’interno ferendosi alla spalla, che urtò una roccia dallo spigolo vivo e per qualche decina di metri gli sembrò che il cunicolo si stringesse. Chiuse le palpebre, prendendo aria con disperata fatica. Superata una colonna di calcare di colore biancastro, la strettoia si allargò e Dylan poté, finalmente, mettersi in piedi.
Si piegò portandosi le mani sulle ginocchia e prese a respirare a boccate, quasi stesse per annegare.
Il sudore gli colava dalla fronte.
“ Giuda ballerino…sto soffocando…”.
Chiuse gli occhi, vincendo la sensazione che la volta della grotta stesse per crollargli addosso.
Pensò a Groucho che aveva bisogno di lui, di Louise che ne aveva anche di più.
Puntò la torcia nel buio avanti a se. E sentì quel profumo, cui avevano accennato Nyar e Marc.
La grotta diventava sempre più vasta ad ogni passo. Dylan svoltò in un angolo cieco e vide, in fondo al budello, una tenue luminosità ocra.
Ma mano che si avvicinava alla sommità della grotta, la luce aumentava d’intensità: torce.
Alla fine, dopo una nuova strettoia, la caverna nel suo apice.
Dylan rimase senza parole. C’erano dozzine di torce accese, che emanavano un forte odore di resina bruciata.
Ma soprattutto c’erano le radici.
Dalla volta scendevano decine di radici, simili a stallatiti calcaree, che disegnavano una fantastica forma a nido d’uccello.
Le radici della quercia, senza dubbio.
“ …capo…c’era una volta, una volta…!”
La voce di Groucho lo scosse. Dylan corse verso di lui, ignorando le vertigini per lo stretto corridoio di roccia che portava quasi al nido.
Quando fu a meno di un metro, una delle decine di radici si mosse, scricchiolando.
Groucho era avvolto in una fitta spira di radice rossastre.
Sarebbe bastato pochissimo perché lo stritolassero.
“ Amore…sei giunto, finalmente ! “
Louise Witch, nome falso usato da quando se n’era andata via da Lady e, credeva, dalla sua follia, apparve dalla sommità del intreccio di radici. Una radice rossastra, colma di resina, la sosteneva, quasi cullandola.
Era stupenda e pazza. Nuda e terrificante. Il corpo emanava una sorta di energia solida. I lunghi capelli neri le sfioravano le scapole.
“ Louise…amore ascoltami tu…”
Una radice scattò dal mucchio come una freccia, avviluppando le caviglie di Dylan e sollevandolo verso la volta della caverna, a testa in giù. Per un istante temette che la pistola gli scivolasse dalle mani, ma riuscì comunque a trattenerla.
“…ti piaccio ora, vero ? Io mi piaccio, adesso ! Mi sento figa ….E forte ! Forte come non sono mai stata in vita mia ! “
Dylan fece forza con gli addominali, tirandosi su.
Vide un libro, il Leabhar an Druids ársa, il libro degli antichi druidi, issato su una sorta di leggio scolpito nel legno solido della quercia.
Dalla radici prese a gocciolare, lento e compatto, un liquido rosso.
“….tu…Louise…tu non stai bene…sei confusa…devi…”
Rise. Una risata sadica.
“ Confusa… Certo lo sono stata per tutta la vita, amore ! C’era una sola cosa che riuscivo a mettere a fuoco, nella mia esistenza: l’odio ! “.


Mi scuso per eventuali ( come ho notato rileggendo ) ripetizioni di termini e parole, ma ho scritto di getto questa cosa, man mano che veniva pubblicata, a parte le ultime scene. Se mai dovesse esserci un seguito ( ed è una minaccia concreta ) mi riprometto di rileggere bene il tutto e di postarlo dopo una seria controllata.
Thank's.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: lun gen 02, 2012 3:11 pm 
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Nuovo post dell'anno con la parte finale ( ad occhio e croce ne mancano tre...il supplizio è dunque vicino al termine....) del raccontino. Ancora auguri a tutti e sopratutto ( :mrgreen: ) a chi mi legge.
Via:


Dylan provò a far forza con le gambe. Inutile. Quelle radici avrebbero trattenuto anche un toro.
“ Si l’odio ! Odiavo i miei genitori, che litigavano sempre, per colpa mia, ogni giorno. Odiavo questo paese insignificante, colmo di ipocrisia e di finta morale. Questi brufolosi ragazzotti che pensavano solo a deridermi e a mettermi le mani fra le gambe, quando sono diventata grande ! “
Si avvicinò a Dylan sino a sfiorargli il viso con le dita.
“ Tu non sei quella che dici di essere, Louise. Vieni via da qui e vieni a Londra con me. Le cose cambieranno e…”
Trattenne un grido, mentre le unghie delle sue mani gli affondavano appena nel collo. Penetrarono come coltelli affilati, ferendolo.
“ No ! Questo paese schifoso deve pagare ! Pagare quel che è stato fatto a me e alla mia stirpe, nel corso dei secoli ! La gente crede che l’inquisizione sia finita d’improvviso, come per un colpo di spugna. Non sanno, non vogliono sapere che esiste ancora. Esiste come ignoranza, odio, discriminazione…Ogni giorno, ho sentito commenti, derisioni, cattiverie…E credi che queste…bestie, debbano passarla liscia ? Ora ho il potere, non mi fermerò ! “
Dylan si lasciò scivolare nuovamente a testa in giù, mentre il sangue gli scendeva dai tagli al collo, sul viso.
“ ….tu non puoi essere colpevole…il male…qui…questo posto è colmo di male, di dolore, di sangue…ti ha…in qualche modo…plagiata…”
Rise.
“ Non puoi capire…mi accorsi, anni fa, che mia madre mi aveva nascosto la mia vera natura. Presi a spiarla e scoprii dove custodiva il libro…Il libro degli incantesimi, delle formule della magia nera ! “
“…Perfetto, capo ! Mandiamola al gots talents e siamo a cavallo..”,
fece Groucho.
Rise. “ Sei una sagoma, baffo ! “
Le radici gemettero uno scricchiolio ligneo, raccapricciante.
“ Giuda ballerino…”, sibilò Dylan. In qualche modo…ridevano con lei. Le controllava, erano parte di lei.
“ Impiegai due anni a tradurre correttamente le formule.
Ma per quanto provassi…niente. Non ottenevo che piccole illusioni, minute evocazioni di ectoplasmi per pochi secondi…Niente che potesse aiutarmi ad avere accesso alla negromanzia. A darmi fra le mani, gli strumenti per la mia vendetta ! “
Le radici si mossero, accompagnando il corpo di Dylan sulla superficie di un altare di pietra, pieno di scritte gaeliche.
Altre radici più piccole ma irte di spine, sbucarono dal sottosuolo e cinsero la vita, i polsi e le caviglie dell’indagatore dell’incubo.
Louise si avvicinò ancheggiando lentamente, sorbendo con la punta della lingua, il sangue sulle unghie.
Fu allora che alzò le braccia e dal buio della caverna uscirono due creature.
Un uomo ed una donna. Avanzavano lentamente, barcollando, spinte da una forza malvagia che si sostituiva oscenamente alla vita.
Le radici che immobilizzavano Dylan presero a stringersi, riempiendolo di terrore. La pistola cadde a terra, rimbalzando nel buio.
“…una sera, eravamo tornati da una discoteca di Dundee… Mi ero imbottita di E, e me ne sono andata da sola ai piedi della quercia centenaria….Fu lì ! Lì che accadde ! “
Dylan chiuse gli occhi. La voce di Louise era piena di follia. Andava alla deriva senza più potersi fermare.
Si rigirò il temperino fra le dita, iniziando ad incidere una delle radici. Ma era una impresa disperata. Ci sarebbe riuscito solo armato di un’accetta e anche in quel modo avrebbe fatto la sua bella fatica.
“Le droghe ampliarono la mia mente…sentii, avvertii la voce della quercia. E’ intrisa di sangue e odio, di un viscido amore ! Sangue delle mie consorelle e antenate, arse, sventrate, violentate ed uccise, dai ‘servi di Dio’ ! “, nel dirlo, sputò, colma di ribrezzo, a terra.
Arrivò sinuosa accanto a Dylan, e prese a sbottonargli la camicia rossa.
“….l’odio non ti porterà a nulla, e tu lo sai ! Solo male su male…
Ascoltami…fatti aiutare. Hai talento, sei una ragazza dolce e bella…non gettare via la tua vita !”
Ma sapeva che erano parole dette più per disperazione che per altro. Lei era lontana, adesso. Lontana da tutto ciò che era umano.
“ Fu la quercia a darmi definitivamente il potere…Mi condusse in questa caverna ove trovai le pagine mancanti del libro dei druidi e dei funghi e muffe adatte creare una droga che amplificasse la mia empatia con la natura ! Fu iniettandomela che compresi di poter diventare invincibile. E far pagare a questo paese schifoso le colpe dei figli, dei padri, dei padri dei padri…”
Baciò Dylan sulla bocca, ferocemente e lui avvertì il gelo assoluto.
Ciò che era Louise era morto.
“ Animai i cadaveri di mia zia e mio zio…era più facile modellare schemi famigliari…la resina rossa entrava in loro e mi dava modo di usarli ! Ma avevo bisogno ancora di una cosa…un elemento esterno, catalizzatore delle forze occulte per raggiungere l’apice ! “
“ Tu…tu hai organizzato ogni cosa: lo zombie nella notte, la foto scattata con la macchina digitale…sei venuta a Londra per…attirarmi qui…”
Cercò il suo sguardo, trovandolo.
“ Ma quando abbiamo fatto l’amore…Non mentivi. Non fingevi.
Tu senti qualcosa per me ! E’ così, Louise. Non puoi fare del male a me e a Groucho ! “
“ Grazie del pensiero, capo…”
Louise lo baciò ancora, assaporando il sangue caldo che usciva lento dalle ferite. “ Non voglio farti del male. “ sussurrò.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: mer gen 04, 2012 2:07 pm 
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La fila era lenta e silenziosa. Le fiaccole illuminavano la salita per la quercia, immersa nel bosco fitto e nebbioso.
A guidare il lungo serpentone degli abitanti di Benton, Kramer e Lady.
“ Il suo gesto è assolutamente nobile e irto di problematiche rischiose, milady ! Lo ritiene il solo necessario ? “
Lei annuì. “ A questo punto…penso sia la sola cosa logica da fare…”
Alle loro spalle tantissimi uomini e donne, ognuno con asce, accette e seghe. “…quella quercia va abbattuta ! “
Lady si fermò, ponendosi sulla parte più irta della salita.
Ruotò la torcia, con ampi cerchi circolari.
“ Non prestiate il fianco alla paura….non tremate per ciò che vedrete.
Ricordate che l’albero va abbattuto ! Ora è senza controllo.
Ho creato un incantesimo di protezione su tutti noi. Occorre avere fede nella nostra forza !”
Kramer strinse fra le dita un amuleto d’osso di lupo.
“ Funzionerà ? “. Lei alzò le spalle. “ Mentirei se dicessi di si.
Louise è…enormemente più forte di me, lo percepisco ! Ancor più ora che la quercia alimenta la sua empatia ! Che i sacri testi ci aiutino ! “.
Proseguirono sino alla cima della collina. Lì si fermarono tutti.
C’era un silenzio assoluto. Sembrava che la natura fosse immobile, in attesa. Il sangue si gelò a tutti.
Lady più di tutti. Percepiva quel male assoluto, folle, più di chiunque altro. Non immaginava certo che sua figlia potesse arrivare a tanto.
Non appena fecero tutti qualche passo in avanti, dall’oscurità della boscaglia che li separava dalla quercia, sbucò fuori Quirty.
O ciò che era in quel momento. Avanzava verso di loro con una grossa motosega, rombante. Sangue caldo gli lordava la camicia, le braccia, la testa… Gli occhi erano sgranati, quasi stessero per esplodere dalle orbite.
Quirty aveva guidato come un matto, lungo le strade nebbiose del paese con quella voce nella testa. Una voce sinuosa, sensuale, che lo faceva impazzire. “ Vieni a me, Quirty….vieni a me…”
Da quella voce non si poteva scappare. Si doveva obbedire per forza.
Era sceso dall’auto, sbattendo la portiera, iniziando a prendere a pugni la porta di legno del casolare in periferia.
Sangue, dolore, rottura dei tendini e micro fratture alle dita, un polso slogato... Ma niente! Lì sapeva, sentiva che c’era quello che cercava !
Il vecchio McCoy era scivolato dal sonno docile e profondo delle 04.00 del mattino, al terrore dei colpi furibondi alla porta.
Aveva imbracciato allora il fucile da caccia ed era sceso.
“ Chi accidenti è ? Che diavolo vuoi fare, idiota ?
Demolirmi la porta ?”.
Fece scorrere il pesante chiavistello metallico e il portone si spalancò. George McCoy vide suo figlio di fronte a lui. Ma era come se vedesse Quirty per la prima volta. Era…stravolto. Il viso era folle, gli occhi impazziti, l’espressione allucinata. Ansimava come un cinghiale ferito.
“ Quirty…ma che diavolo…” Lo spinse via, quasi non pesasse nulla.
Il fucile cadde a terra, ed esplose un botto sordo. “ Dov’è ? “.
La voce veniva da suo figlio, ma…Non c’era niente di Quirty in quella voce.
“ Ma cosa…” Lo colpì con un pugno, forte, feroce, allo stomaco, e suo padre cadde in ginocchio, le lacrime agli occhi, il sangue che saliva dalla bocca.
“ La motosega, vecchio idiota ! Dammela ! Subito ! “.
Si muoveva nervosamente, quasi fosse una marionetta scoordinata.
George McCoy vide suo figlio sfasciare con un calcio la cassetta nella quale erano contenute le chiavi della rimessa e cercare fra di esse come fosse in preda ad un delirio febbrile.
Si alzò e barcollante, urlò il suo nome, sin quando suo figlio si voltò verso di lui.
“ Non uscirai di qui, Quirty ! “, ammonì.
Suo figlio, che lo fissava come fosse un ostacolo fra lui e ciò che doveva fare, afferrò il fucile, brandendolo dalla parte delle doppie canne.
Lo alzò sopra la testa e sorrise.
Per un istante George fu convinto che fosse rimasto ancora qualcosa di umano nella mente di Quirty, che quel gesto fosse solo il riflesso impulsivo di uno scatto d’ira o di una droga troppo potente e mal assorbita. Ma furono gli occhi luccicanti di una follia demente, a farlo scivolare a terra e fargli coprire, istintivamente, il volto con le mani. “ No…! “, urlò.
Ma ciò che era stato suo figlio, lo colpì alla testa con tutta la forza che aveva, e poi ancora, ed ancora, sin quando il sangue che schizzava dai colpì arrivò a raggiungerli il volto, inebriandolo.
“Crepa ! Crepa bastardo !”, ululò, continuando a percuoterlo con il calcio dell’arma, sin quando questo si staccò dalla sede.
Allora si fermò, gettando il fucile da una parte e ridendo, osservando il corpo maciullato del padre.
Ed anche ora, che si piazzava davanti alla folla schiumosa nella nebbia, con il corvo che si posava silente su una spalla, aveva il medesimo ghigno folle.
Agitò la motosega fendendo la nebbia, imprecando e ululando alla stregua di una belva ferita. Scattò verso Kramer e Lady, mentre alle loro spalle la folla indietreggiava, terrorizzata.
La quercia parve ansimare scossa dal profondo.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: sab gen 07, 2012 1:27 pm 
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Baciò il suo petto e le sue spalle. Baci lenti, feroci, eppure totalmente privi di calore. Quel calore che aveva aperto il cuore di Dylan. Louise sorrideva, mentre il sangue provocato dalle ferite al collo di Dylan Dog andava raggrumandosi.
“ Che buon sapore che hai, amore ! “
Dylan avvertì una fitta al polso destro. La radice che lo bloccava si era allentata ma lui aveva riportato una ferita abbastanza profonda.
“ Sarai mio ! E’ scritto nel libro dei druidi che se una strega nera si unisce per tre volte ad un uomo probo e catalizzatore del fluido magico, il suo potere sarà assoluto ! Così potrò spazzare via questo paese di vermi insignificanti e rimanere con te, Dylan,
per sempre ! “.
Gli baciò il ventre, e prese a strappargli a brandelli ciò che restava della camicia.
“ Ed è vero…dopo che abbiamo fatto l’amore, il mio potere è aumentato…”
“ Quell’allevatore…lo hai fatto uccidere tu. Immagino per…”
“ Quel idiota era sempre fra i piedi con le sue pecore puzzolenti !
Ho ‘testato’ la mia abilità di negromanzia su di lui ! Ma ora…basta parlare…E’ Luna piena, stanotte…e tutto sarà stupendo ! “
Le radici scricchiolarono, affondando sempre di più nella terra della caverna.
Disegnavano una stupenda gabbia naturale.
Slacciò la cintura dei pantaloni, maliziosa, bruciante di desiderio. Dylan abbozzò un sorriso, alzando appena la testa.
“ Fatti accarezzare, tesoro ! “.
Lei si bloccò, sorpresa.“ Che dici ? “
“ Fatti…accarezzare i capelli…sfiorare le labbra…Se debbo essere tuo, non vuol dire che debba per forza essere spiacevole ! “.
Louise sorrise. La radice che imprigionava il braccio destro si allentò del tutto e Dylan poté muoverla, avvertendo una fitta ai tendini.
Lei gli guidò la mano, accompagnandola con la propria, sin quando Dylan ebbe modo di sfiorarle i capelli corvini, lisci e lucidi.
Le sfiorò le gote e le labbra, con un dito. Lei lo leccò sinuosa, lenta, con gli occhi persi nel corpo e nello sguardo dell’indagatore.
“ Sei così bella...Io…ti amo, lo sai ? “. Lei annuì. “…quindi…perdonami ! “
La colpì di scatto, con un pugno violento e secco al viso. Louise cadde dal trono di pietra a terra, priva di conoscienza.
Rimase supina, riversa da un lato mentre un fiotto di sangue le sgorgava dalla bocca.
Dylan ignorò il dolore, divincolandosi dalle restanti radici che lo immobilizzavano.
“ Capo…non sarai un gentleman, ma hai fatto centro ! “, mormorò Groucho. La sua voce era un filo. Stava soffocando.
Dylan si liberò e cadde ai piedi dell’altare. Sporco di sangue, intontito e debole, cercò la pistola, sino a trovarla.
Lottò per non svenire. “….Groucho…”
Barcollò verso di lui, e quando arrivò al intreccio di rami che lo bloccava, realizzò quanto sarebbe stato inutile tentare di liberarlo.
Ugualmente iniziò a spezzare i rami, sentendo i muscoli gemere e dolere per lo sforzo.
“ ….capo…sei sempre stato uno zuccone…ma stavolta superi te stesso ! Vattene via di qui ! Prima che Amelia, la fattucchiera, si risvegli ! “
Dylan spezzò un altro ramo. “ Le tue…battute, amico, non mi hanno quasi mai fatto ridere….ma….questa è una delle peggiori ! “.
Fissò Groucho che, in quel istante, gli regalò lo sguardo più serio della sua vita. “ Morire in coppia è romantico capo….che diranno di noi ?”
Con raccapriccio di Dylan, i rami presero a stringersi ancor di più, agitandosi, quasi scossi da una folgore inumana.
Dylan Dog cadde all’indietro avvertendo una fitta tremenda alla spalla destra.
Rimase esanime, boccheggiando.
“…perché lo hai fatto, amore ? “. Dylan chiuse gli occhi. Era finita !

Ciao a tutti.
Ho accorciato tutto quello che volevo postare per una lettura più agile. Le parti che mancano sono ufficialmente due, indi siate gentili come lo siete stati fin ora e a poco avremo concluso.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: lun gen 09, 2012 4:00 pm 
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Quella voce. Distorta, stordita forse, ma era Louise.
Si sentì sollevare, come da una mano sottile e aprì le palpebre.
Lei era davanti a lui, le braccia appena aperte, il sangue che le scendeva dalla bocca, pallida ed etera come una dea.
“…non avresti dovuto. Colpirmi così…Ma davvero…davvero credevi di potermi fermare ? “. Rise, isterica, pazza.
Dylan puntò l’arma, armandola.
Lei non smise di guardarlo, ridendo.
“ Non farai niente…non sei capace di uccidere….Non a sangue freddo e non me ! “
Avanzò verso di lui mentre una fitta selva di radici rossastre la seguiva, come una corona di spine fluttuante.
Tese le braccia, cercando in modo disperato la forza di far fuoco.
Niente. “…io…Groucho…perdonami…non…non posso…”
All’improvviso Louise si piegò in due, emettendo un urlo di dolore.
Cadde in ginocchio, tremante.
Dolore Dio che dolore sento dolore come se fosse una spada che mi trafigge lo stomaco una torcia nei polmoni brucio brucio brucio brucia strega brucia
“ NO “ urlò. Si rimise in piedi fissando la volta della grotta. Le radici si raggrinzivano, tremando.
Sopra…sopra gli abitanti di Benton avevano appiccato fuoco alla quercia. Taniche e taniche di benzina, aiutati da torce, intonando un’arcaica litania di protezione. Lady era dilaniata. Sentiva il dolore della quercia e di sua figlia come il proprio. Ma doveva. Dovevano fermarla. Quirty era a terra, la testa spappolata da un colpo di fucile a pompa.
“ No ! Maledetti ! Siate tutti maledetti ! “, urlò Louise.
Fuori il vento divenne un uragano. Le piante si piegarono, si spezzarono. Alcuni uomini furono spazzati via.
Sotto lo sguardo terrorizzato di Dylan, lei mutò. Il viso divenne orrendo, demoniaco. La pelle raggrinzita, rugosa, il corpo scheletrico.
“ A me ! Venite a me ! ORA ! “, urlò.
Sopra, nella sommità della collina, dal buio della notte, emersero.
Due, tre, quattro, sette, dieci creature. Dal terreno, dalla foresta.
Esseri di legno e terra, di resina rossa, che avanzavano verso gli abitanti di Benton, terrorizzandoli.
Lady avrebbe forse potuto fermarli. Ma era esausta.
Louise scivolò a terra, faticando a reggersi su un ginocchio, ma ugualmente rideva.
Lo scatto secco del fucile a pompa riecheggiò nella grotta.
Louise si voltò di scatto, sorpresa e spaventata.
Surv… Suo padre…era vivo !
Era ferito e barcollante, ma vivo.
Puntò l’arma e gemette: “Perdonami, stellina mia ! “, e fece fuoco.
Il colpo la tagliò quasi in due.
…dolore….dolore…ogni mia fibra sente dolore…la vita si allontana…fugge via come il fuoco che arde la quercia…brucia strega….brucia…
Surv barcollò verso Dylan. Aveva faticato disperatamente ad uscire dall’auto e a trascinarsi sino alla collina, attratto dalle luci delle torce.
Aveva sparato a Quirty, e si era quasi sentito morire.
Ma mai come ora. Un ramo gli aveva trapassato la spalla, quando l’albero aveva schiacciato la sua auto ed il sangue ne usciva a fiotti.
“ Si alzi, Dylan…”, gemette.
Dylan si mise in piedi, barcollante. E non fu il solo a farlo.
Louise si alzò. Tremava, dalla ferita al centro del petto, una volta florido e sodo, uscivano brandelli di carne e sangue.
Fece un sorriso orrendo, colmo di sangue che le impastava la bocca.
Arrivò alle spalle del padre e lo colpì con un pugno alla spalla dilaniata. Lui cadde a terra, gemendo, ed il fucile scivolò via, sotto il piede della strega.
“….ti amo Dylan…seguimi…posso…ancora…spazzarli via…Tutti !
E stare con te per sempre…fare l’amore con te…Per sempre ! “
Lui chiuse gli occhi, madidi di lacrime.
“…Anch’io ti amo…Louise ! “
Le puntò la Bodeo alla testa. Lo sparo spezzò il silenzio gelido della grotta. Louise fu scaraventata da una parte dalla forza del colpo e rimase disarticolata a terra, come una marionetta senza fili.
…brucia…sre....stre….ga…bru…
“…Rinne siad… a dhéanamh….dom… dom dul go dtí Rehab ach…ach… dúirt mé 'no, no, aon'….”, spirò.
Dylan si afflosciò in ginocchio e pianse, con le mani sulle cosce, la pistola da un lato, svuotato di ogni energia. Intorno a lui, le radici si avvizzivano crollando.
“ …capo…andiamocene di qui…”. La mano di Groucho sulla spalla.
Non disse nulla. Si mise in piedi e prese la pistola, rimanendo immobile a guardare il cadavere di lei.
Sulla collina la quercia era ormai una pira fiammeggiante. Le creature evocate da Louise, una poltiglia rossastra.
La natura aveva ritrovato il suo equilibrio, ora.

Infine...manca solo l'epilogo. Orma, dunque, ci siamo.

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 Oggetto del messaggio: Re: Dylan Dog n.666
MessaggioInviato: mer gen 11, 2012 4:57 pm 
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Dylan entrò nell’ospedale di Dundee con la spalla destra lussata ed il braccio legato da una fasciatura.
Il dolore era stato mitigato, ma quello che sentiva dentro, invece, era più vivo che mai.
Arrivò alla stanza che cercava e preso un bel respiro ( andare negli ospedali lo intristiva sempre ) entrò.
Vide Surv Stevens nel letto. Per la prima volta dopo anni sembrava che realmente si stesse riposando.
Aveva la testa reclinata da un lato e gli occhi chiusi.
Dylan fece una debole smorfia e si voltò per andarsene.
“ E’ venuto fin qui con quella spalla solo per vedermi dormire, Dylan ? “.
Sorrise.
“ Affatto. Pensavo però che stesse riposando…sarà dimesso a breve ? “
Lui scosse la testa.
“ Quindici lunghissimi giorni d’inferno…a lei è andata meglio…”
“ Porterò la fasciatura per una settimana. Il che mi costringerà a sentirmi tutte le battute di Groucho…Non so chi stia peggio…”
Tacquero per diversi secondi.
“Louise sarà seppellita domani…credo che sia giusto che lei lo sappia Dylan…”
Lui scosse appena la testa.
“ Non andrò al funerale. Li odio. E’ una ferita troppo recente per me…mi sento responsabile. Anzi, le dico subito che nel caso la polizia intenda aprire un’inchiesta per omicidio, non mi sottrarrò ad alcuna indagine nei miei confronti ! “
Lui scosse la testa.
“ E’ giusto che i morti seppelliscano altri morti, Dylan. Louise è stata uccisa da Quirty in un impeto di follia. Punto e basta. Chiudere tutta questa…morte al più presto è la sola cosa che conti ! “
Dylan serrò la mascella pugni, ed annuì, senza convinzione.
“ Ma come…si può fare per…dimenticare ? Io…ero suo padre…
Anche se ho cercato per anni di dimenticarlo, solo ora posso capire quanto mi manchi !”
Dylan parlò lentamente.
“ Ed io l’amavo….ma ciò che abbiamo fermato non era più lei.
Era una…folle erosa dall’odio e dal pregiudizio. Era morta ben prima che gli sparassimo.”
L’ispettore fece un sorriso colmo di dolore.
“ Bella frase. L’aveva preparata ? E…soprattutto…ci crede ?”
Dylan scosse il capo.
“ Può fare ancora una cosa, per lei…La faccia per me, anche, se lo ritiene opportuno…”
Lady apparve alle sue spalle. Tremante e silenziosa.
“…andatevene da Benton. Questo paese trasuda odio e rancore !
Come e più di vostra figlia ! Solo così i morti seppelliranno davvero i morti ! “
Lady si avvicinò al letto di Surv senza dire nulla.
Lui le sfiorò le gote con due dita e la fissò negli occhi.
“ Siamo stati noi…noi due l’abbiamo uccisa. Noi due e tutto questo….odio ! “
Si voltarono per cercarlo, ma Dylan era già nel corridoio.
Camminando a testa bassa pensò a quando il suo dolore sarebbe realmente svanito. Forse mai.
In auto lo attendeva, alla guida, Groucho.
Accese l’autoradio e una canzone dolcissima si diffuse nell’abitacolo. Lo voce…sembrava…
“ Devo spegnere, capo ? “
Dylan scosse la testa.
“ Lascia stare…mi fa bene la musica…Sempre meglio delle tue battute ! “.
Groucho si rigirò il sigaro in bocca e fece manovra.
Sui rami dell’abete, piantato fuori dall’ospedale, un corvo gracchiò forte.

Marcel Pinkus si massaggiò i muscoli delle spalle, avvertendo una fitta.
Si spalmò la paraffina sotto le narici e gettò uno sguardo alla bara.
Sentì il suono della banda, in lontananza.
Era il 30 Novembre, festa nazionale in Scozia.
Majorettes e fanfare. Celebrazioni per sant’Andrea, patrono nazionale.
Quante cazzate !
S’infilò i guanti da lavoro e prese la leva chiodi.
Appoggiò lo strumento sul primo, pesante puntello di rame, sfilandolo.
La cassa gemette, scricchiolando.
Lavorava come necroforo da sei mesi, a Benton.
Aveva sessanta anni e di cimiteri tetri e oscuri ne aveva visti parecchi.
Ma quello...quello faceva gelare le ossa.
Scoperchiò la bara.
La puzza gli stordì i sensi, tanto che fu costretto ad allontanarsi.
< Cristo ! >, bestemmiò.
Si tolse i guanti, turandosi il naso.
Quella donna puzzava da far schifo, e non era una sorpresa, visto i lo stato del cadavere.
L’incisione ad Y dell’autopsia era assente.
La salma…sembrava essiccata di ogni liquido, come…
Come una radice rinsecchita.
Evidentemente c’era del terreno secco, nel punto della fossa comune, condizioni climatiche e chimiche sfavorevoli.
Del resto la data parlava chiaro: seppellita il 28 Febbraio dello stesso anno. La decomposizione avrebbe dovuto essere meno accentuata, ma non era una regola certa quella.
Di contro, sapeva di persone riesumate dopo 10 anni e trovate ancora intatte.
Se non fosse stato per l’ ordinanza della contea, che esigeva che il cimitero venisse spostato 5 miglia a nord e tutte le salme che non erano negli ossari fossero riesumate e catalogate, prima del viaggio nelle celle frigorifere, quel corpo sarebbe rimasto sotto terra per poche settimane, decomponendosi completamente.
La banda era lungo la strada che costeggiava il cimitero.
Le note di “Flower of Scotland” risuonarono prepotenti.
Si fermò sulla soglia, sporgendosi per sentire meglio.
La banda suonava bene, bisognava ammetterlo.
La cassa gemette.
Pinkus non si girò. Normali rumori del legno marcio.
Lo sapeva da una vita. Quando tornava in superficie, una cassa di legno gemeva sempre, quasi piangesse il riposo violato.
La banda era di fronte al cimitero.
Molta gente, pennacchi e bandiere blu con la Crux decussata su campo blu.
“…Fada beo na hAlban d'aois..”, viva la vecchia Scozia.
Un suono roco, catarroso.
Si voltò, il cuore gli scoppiò in petto, i guanti gli caddero dalle mani e scivolò come un pupazzo contro la cassa degli attrezzi.
Dalla bara il corpo si alzò, mettendosi seduto.
Voltò la testa scarnificata, con un sorriso orrendo.
Gli occhi erano palle completamente bianche.
I capelli, un tempo neri, erano fili setolosi, che si staccavano dal cranio ossuto.
Fece leva sulle braccia scheletriche issandosi fuori.
Avanzava barcollando. Parte dell’intestino, quello ancora integro, scivolò da un lato, colando su un fianco.
Cristo, era tremendo “risvegliarsi” !
<... Rinne siad… a dhéanamh….dom… dom dul go dtí Rehab ach…ach… dúirt mé 'no, no, aon'…...>, canticchiò, avvicinandosi.
Pinkus era paralizzato dal terrore.
Probabilmente sarebbe morto d’infarto nel giro di qualche minuto.
Probabilmente...
Ma Louise ci avrebbe pensato per prima.
Si chinò accanto al suo collo pulsante, al petto che si muoveva a scatti.
<...adoro il res...pirare...di voi..vivi...>, gracchiò.
Cristo, che voce !
Doveva pensarci...migliorarla...ma dopo !
Prima occorreva farsi una bella….MANGIATA !
L’urlo del povero Pinkus si perse nel suono della banda.
Il corvo, issato sulla croce che dominava il cimitero, spalancò le ali nere.
Benvenuto a Benton, baby.

E dunque....FINE ! ( finalmente )
Alcune note: la cosa non era partita come una volontà personale di postare un raccontino su Dylan. Avrei voluto, infatti, che quest'angolo fosse una sorta di allegra follia nel quale tutti contribuissero a mettere cose divertenti o meno sull'indagatore...Poi è andata così. Quindi: scusa a chi si è annoiato ( non lo si è fatto apposta, disse ai tempi uno più bravo di me...), gioia a chi si è divertito e magari appena interessato, sorry per gli errori e le cose non scritte proprio in italiano leopardiano, grazie a chi ha prestato nome, nick e quant'altro affinché la cosetta avesse sviluppo.
Spero di ricevere, in pvt o in pubblico, commenti, note, domande...
Vi minaccio un possibile seguito, sempre che al master e ai moderatori piaccia.
Kiss a tutti coloro che ci hanno buttato una lettura.
La Strega!

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