Come già accennato nella mia presentazione sul forum, deriva dalla poesia di Aldo Palazzeschi, che qui riporto per intero.
Chi sono?
Son forse un poeta?
No certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell' anima mia:
follìa.
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non à che un colore
la tavolozza dell' anima mia:
malinconìa.
Un musico allora?
Nemmeno.
Non c'è che una nota
nella tastiera dell' anima mia:
nostalgìa.
Son dunque... che cosa?
Io metto una lente
dinanzi al mio core,
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell' anima mia.Il Saltimbanco di Palazzeschi ricorda il
mito del giullare di corte triste e forzatamente allegro, per quanto letteralmente il Saltimbanco sia ben altro.
Rimanda ad un funzionario inquieto che si spinge all'allegria coi più confusi dei pensieri su sé medesimo. Non può ammettere apertamente tale fragilità, non può nemmeno fuggire dalla continua domanda: cosa sono? Produce arte, ha paura di sviare, emette fiumi di parole, ha paura di straparlare. Si prende gioco di sé perché è il modo meno infelice di pensare a sé stesso. Scherzare sulla propria malinconia, sul turbamento continuo, prendendosi, forse con un po' di sforzo ma per decisione autonoma, poco sul serio.
Afflitto
da momenti tristi e divertenti* mai in equilibrio, vive
tristemente divertito* consapevole di dover tornare a fare i conti col tarlo, la domanda, che va ossessionandolo: Cosa sono? Conclude, come detto, dicendosi di essere il Saltimbanco di sé stesso.
Può essere vista come una visione dell'umanità - siamo, forse, tristemente, parodie di noi stessi - o di soggetti specifici - io mi ci ritrovo, in questo turbamento.
È la prima volta che uso questo nick, altrove ne ho quasi sempre usato un altro che ho tenuto sin dalla quinta elementare. Coniato appositamente per questo forum, contenti?
* Grazie, Capa