Questo è un sogno che ho fatto. L'ho messo in prosa, ma più o meno è fedele a sé stesso. un sogno molto lineare, direi.
Mi trovo in una Castiglione dei Pepoli indeterminata nel tempo e sono un bambino. Potremmo essere negli anni sessanta, gli abiti lo suggeriscono, ma essi sono delle salopette tipo SUPER MARIO dai colori vintage, quindi è probabile che sia io ad avere dei problemi con l'immaginario anni 60. E' domenica mattina e sono in giro per il paese con dei miei amici piccoli. Non ho idea di chi siano, in realtà. Sono bambini che non ho mai conosciuto ma che in questo momento, nel sogno, mi appaiono come fraterni. Uno è alto e smilzo, l'altro (sono due) più basso e coi capelli da piccolo dandy. Ovviamente indossano una salopette da super mario e così intuisco di essere vestito anch'io allo stesso modo. Me ne compiaccio. Entriamo da un giocattolaio, un vecchio che non ricordo nitidamente nell'aspetto ma di cui ricordo un atteggiamento inquietante e scostante (nella fattispecie, appariva e scompariva letteralmente, di continuo, a scatti). Gli domandiamo, come fosse cosa ovvia, se ha ancora una TROTTOLA DEMON CUSTER, la famosa TROTTOLA DEMON CUSTER di cui tutti parlano. La famosa TROTTOLA DEMON CUSTER che è stata ritirata da poco dal mercato per motivi misteriosi. Lui (dopo essere apparso e scomparso una dozzina di volte) ci dice che ne ha ancora una e che ce la può regalare, ma a un patto: che non riveliamo di averla avuta da lui e che non attiviamo mai la modalità "trotta" insieme alla modalità "combo". Ed eccola dunque, la famigerata DEMON CUSTER, con lo smilzo e il dandy che se la contendono per la strada di casa. E' fatta come una trottola normale, ragiono consapevolmente nel sogno, ma è tutta piena di bottoni strani che attivano funzioni misteriose e completamente slegate da ogni criterio riconducibile al dicibile (un labirinto tecnologico, così ne ragionavo rigirandomi nel letto). Una maledetta trottola elettronica degli anni "sessanta delle salopette". Arriviamo nei dintorni di casa mia, sulla mia via, quella della mia infanzia, e decidiamo di testare l'oggetto. Prima conveniamo però di mostrarlo allo zio Carlo, personaggio mai esistito ma non privo di un formidabile e inquietante carisma. Indossa anch'egli una salopette, ma non posso fare a meno di notare che è tutto giallo in faccia e che la maglietta che indossa sotto il vestito è tutta rossa come fosse imbrattata di sangue. Vedendo la trottola ci fa un sorriso amaro e ci sconsiglia vivamente di provarla, ci tratta con compassione, è stanco, vuole rientrare in casa. Noi cerchiamo di stimolare il suo entusiasmo, lui ci dice che è ora di pranzo e deve rientrare. "anche se non ho più fame" specifica. Ora siamo sulla strada a provare la TROTTOLA DEMON CUSTER. L'amico smilzo attiva la modalità "trotta" e l'oggetto prende a roteare vorticosamente. E' una visione esaltante, che già sembra soddisfare le nostre speranze di divertimento. Il dandy comincia a pigiare dei bottoni a caso e la trottola, come è ovvio che sia nei sogni, comincia a mostrarci delle funzionalità impressionanti, scomparendo all'orizzonte e tornando all'improvviso, volando in cielo e planando giù come una foglia, salendoci sulle dita come fosse un uccellino buono e famigliare. Cavolo, e pensare che ce l'hanno data gratis! E poi giunge il momento, il momento in cui il sogno diviene incubo e in cui tutti insieme decidiamo di azionare la modalità "trotta" insieme a quella "combo". I bambini lo fanno, i bambini infrangono le leggi dei bambini, sempre. Lo smilzo appoggia la trottola sull'asfalto (ricordo che nella faccenda i due amici inesistenti mi trattavano come l'ultimo avente diritto alla gestione dell'oggetto) e preme allo stesso tempo i due bottoni proibiti. La TROTTOLA DEMON CUSTER si mette a vorticare a una velocità che non saprei nemmeno descrivere, una velocità che sfugge all'occhio, una velocità che è propria solo dei sogni e, lentamente ma inesorabilmente, prende a mangiarsi l'asfalto e a sprofondare nel terreno fino a scomparire, lasciandosi dietro un piccolo buco. Nero, inquietante. E' qui che comincio a capire che devo avere paura. Aspettiamo del tempo, ma la trottola non torna su. Mai azionare la modalità "trotta" con quella "combo", mi dico notando che in realtà né lo smilzo né il dandy hanno mai avuto la faccia. Avverto un ronzio lontano, come di una vespa che corre via, come di una trottola che continua a scavare sfuggendo nelle profondità della terreno. Sono le due del pomeriggio e il sole è pieno. I miei due amici sono intorno al buco e ci guardano dentro come fosse un microscopio. Sento una voce da lontano che ci chiama. E' lo zio Carlo. Cammina lentamente verso di noi, lentissimamente. " E così lo avete fatto..." ci dice. " Avete azionato la modalità trotta con quella combo..." Lo zio Carlo si avvicina al minuscolo buco lasciato dalla DEMON THUNDER e lo osserva con occhi pietosi. Lui sa qualcosa e noi pendiamo dalle sue labbra. La sua maglietta, che pare lorda di sangue, non promette nulla di buono. E niente di buono racconta il suo volto, così giallo e smagrito. "La trottola arriverà fino al centro della terra... Ci sono le atomiche laggiù, lo sapevate? le hanno messe tutte laggiù..." Ora ho una paura maledetta. Il cielo è diventato rosso, il sole è rimasto giallo. L'effetto che ne è seguito è arancione. "Quando giungerà nel nucleo innescherà le cariche... Esploderanno, tutte insieme... e non rimarrà niente..." "Niente?" Domanda il dandy senza che la faccia lo accompagni in questa sua supplica disperata. "Rimarrà la terra, ma vuota... Io sono fortunato. Tanto ho il cancro, stavo già morendo... ma voi..." poi ci indica uno alla volta, me per ultimo, con uno sguardo terribile, terribilmente disperato. "Voi siete piccoli..." "E come possiamo fare?" domanda lo smilzo. "Niente, potete fare..." risponde lo zio Carlo appoggiandosi una mano sulla pancia, come a indicare il suo male. "Potete andare a casa. Quella continuerà a scavare... ma divertitevi, mancano ancora due giorni... Tanto ci impiegherà!" L'uomo comincia di nuovo a camminare verso la sua casa, a piccoli passi, vedo delle macchioline di sangue uscirgli a fontana dal fondo dei pantaloni, lasciano una scia dietro i suoi passi. "Due?" Domando io, finalmente dotato di una voce. Lo zio carlo alza il braccio in aria, e mi risponde silenziosamente alzando l'indice e il medio della mano destra. Due. Ora mia mamma mi chiama. Mi urla che il pranzo è pronto. Tutto è diventato rosso. I miei amici non ci sono più, né faccia né nient'altro. Due giorni. Corro piangendo verso casa. Un ronzio fa tremare per un attimo la terra, un ronzio lontano. Mi accorgo di avere un orologio al polso, lo guardo. Non ha le lancette.
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