Una drammatica rapina andata storta non è che l'inizio di un nuovo viaggio per Cassidy!Cassidy n. 1, mensile
L'ultimo bluesSoggetto e sceneggiatura:
Pasquale RujuDisegni:
Maurizio Di VincenzoCopertina:
Alessandro PoliUna rapina terminata nel sangue, una fuga nella notte, tre proiettili in corpo... L’attesa della fine e poi uno strano, imprevedibile incontro. A volte perfino a un criminale come Raymond Cassidy può essere concessa una seconda possibilità , un modo per sistemare le cose. Ma il tempo che gli resta non è molto, non serve voltarsi indietro. E' ora di cominciare il viaggio, al suono di un ultimo, malinconico blues...__________________________
Letto il numero 1
Carino e scorrevole… anche se non fa per me.
Demian è l'unico numero 1 della storia della Bonelli che non ero riuscito a finire. Questo invece è l'unico numero 1 di una miniserie Bonelli (a parte il solito Volto Nascosto... che sta moooolto più in su) che mi ha divertito senza suscitarmi troppe perplessità , quello mi pare più compatto e coerente con l'idea di base che lo sostiene. La storia è costellata da una serie di continue e fin troppo didascaliche citazioni sul cinema e la musica degli anni '70. E diciamo che criminali ovvietà come tirare in ballo "Stayin' Alive" sono controbilanciate da citazioni non banali come il nominare Captain Beefheart. Cassidy è un duro alla Steve McQueen (in versione telefilm per famiglie, però) e la storia incrocia diligentemente "Getaway" con "Chi ucciderà Charley Warrick?", più un pizzico di Hazzard (o "Punto zero"?) e persino il "cameo" di Tom Bosley, l'Howard Cunningham di Happy Days. Così così l'elemento fantastico rappresentato dal vecchio bluesman, un po' troppo stereotipo ambulante, forse non corretto con la giusta ironia.
Quello che per i miei gusti non va troppo gi๠sono una scrittura fin troppo "leggera" (l'albo si legge in dieci minuti), una generale superficialità dei dialoghi e qualche faciloneria nel disegno dei personaggi. E ovviamente il cinema degli anni '70 viene evocato solo da un punto di vista di estetica tamarra, non certo per le sue storie amare e le sue atmosfere senza speranza. Ma è il basso profilo (televisivo?) scelto dalla Bonelli ormai da anni, che senso ha lamentarsene ad ogni nuova uscita?
Molto buona la prova di Di Vincenzo, che però preferisco su registri più cupi e al suo solito esagera un po' in espressioni corrucciate.
Non so se continuerò l'acquisto (dubito), ma il numero 1 direi che vale la pena leggerlo, credo che possa piacere a molti.