Questo secondo Dix mi lascia interdetto, alcune cose migliorano, altre si impoveriscono.
Viene dato un deciso colpo d'ascia all'aleatorietà delle potenziali del primo numero.
CONTIENE SPOILER
- Intanto Dix si è Marlowizzato: cicca in bocca, sguardo distaccato, burberità e sex appeal... però lo preferivo come nel primo numero, un po' più borghese e un po' meno "sopravvissuto".
- I dialoghi in alcuni punti mi sembrano davvero qualunquisti, soprattutto all'inizio. Molto, appunto, "di genere".
- Guarda caso l'amico giudice di Dix conosce la persona implicata nella vicenda, Olsen; guarda caso il medico che cura Karin era coinquilino di un vecchio compagno della stessa, guarda caso anestesista e sempre guarda caso il medico sente il bisogno di spiegare a Dix, per filo e per segno, tutto...: a quel punto, almeno per me, non ci sono più dubbi sulla colpevolezza di Karin.
- Inoltre: un vice-ispettore di polizia, sottolineo vice-ispettore, che cerca di pedinare in borghese le persone implicate nella vicenda e che si farebbe scoprire anche da un neonato... inoltre il medesimo vice-ispettore che pedina sempre due loschi sospetti nel palazzo di Karin, ovviamente privo della benché minima precauzione, che ne so, una mano sulla fondina, una distanza di sicurezza dai due, una comunicazione via radio ai colleghi in centrale: per fortuna, la sua stupidità è premiata con la morte. Ma parliamo comunque di un ruolo marginale nella storia.
- Inoltre: l'insopportabile sbotto dell'ispettore De Clerk sul non lasciare nulla di intentato perché Kluxe aveva due figli piccoli e l'altrettanto insopportabile ricusazione di colpevolezza da parte di Karin.
- Non si capisce perché a pagina 95, nella seconda vignetta, Olsen affermi di essersi illuso che l'incantesimo di Paca Tuba avesse tenuto definitivamente lontano da lui lo spirito del giaguaro: ma se Paca Tuba era ricorso all'incantesimo PROPRIO per invocare lo spirito del giaguaro, per salvare la vita di Olsen!
- pagg. 74-76: questa volta secondo me è colpa di Camagni (che comunque disegna una grande prova), ma non si capisce in che modo l'auto dei sicari finisca a sua volta sulle rotaie! A pag. 74 si vede che sono i due a dare la spinta al'auto di Dix e a farla cadere dal pendio, ma il modo in cui a loro volta precipitano dalla scarpata è ingiustificato e privo di senso.
- a pag. 13 c'è un piccolissimo errore, seconda e terza vignetta: "mi meraviglio che tu non colga L'IMPORTANZA di un simile evento..." "LO colgo, LO colgo [...]".
- in generale mi è sembrato, come nel primo numero, che Ambrosini ancora non sia esattamente a proprio agio con i tempi narrativi, gestendoli a difficoltà (in modo da dare un'idea d'insieme disomogenea): la vita privata di Dix (Annika), la digressione amazzonica di Olsen ed Ebheeta, il rapporto con Karin, il caso "giallo" sulla morte naturale/indotta di Olsen ed Ebheeta, la stanza del giaguaro stessa ed il mito "materializzato" del giaguaro (entrambi nell'intera storia compaiono pochissimo), le riflessioni socio-antropologiche sugli abusi perpetuati ai danni di popolazioni "primitive" (non solo gli Yanomami venezuelani, ma anche gli indiani del Canada occidentale con relativa mostra e valorizzazione culturale). Insomma, qualche volta si ha l'idea che venga smarrito il filo della narrazione.
Queste in generale le cose che mi sono dispiaciute. Sull'altro versante invece mi sembra che rispetto al primo numero ci sia un miglioramento complessivo proprio sulla sceneggiatura intesa come "successione visiva" di immagini, nei passaggi e nei cambi di inquadratura fra una vignetta e l'altra e fra una tavola e l'altra (molto belle le scene nella stanza del giaguaro con gli affreschi in movimento e quella della prima volta fra Dix e Karin, a casa di quest'ultima.)
EDIT:
Inoltre stavo svolgendo una riflessione. Esiste un potente hekurà, lo spirito del giaguaro, il quale stipula un patto con Paca Tuba, Olsen ed Ebheeta: la vita di Olsen in cambio della salvaguardia del territorio amazzonico, attraverso la mediazione di Ebheeta; l'hekurà salva la vita di Olsen affinché lui possa proteggere la terra degli Yanomami e da quel momento la vita di Olsen dipende dalla vita di Ebheeta, "offerta in dono" allo spirito stesso. Da questo momento si crea un complesso e delicato equilibrio di dipendenze fra le entità implicate nella vicenda.
a) Olsen dipende da: Paca Tuba, celebrante dell'incantesimo; Ebheeta, mediatrice di vita presso l'hekurà; dall'hekurà stesso, dispensatore di vita; dalla terra amazzonica, la cui salvaguardia costituisce l'unica opportunità di salvezza per il personaggio.
b) Ebheeta dipende da: Olsen, il quale ha il compito di salvare la sua terra (in caso contrario lo spirito del giaguaro avrebbe preso la sua vita, nonché quella di Olsen ad essa legata); da Paca Tuba, senza il cui intervento sarebbe sopraggiunta la morte naturale di Olsen (con relativo abbandono delle foreste amazzoniche alle compagnie di legname, minatori, etc.; quindi la vita di Ebheeta dipende anche dalla terra amazzonica); ovviamente dallo spirito del giaguaro, cui è legata a doppio filo.
c) Paca Tuba e la terra amazzonica dipendono da: Olsen, Ebheeta e lo spirito del giaguaro, per i motivi già elencati.
Però c'è un elemento che eccede questo fragile ecosistema, che rende la terra e le persone che vi vivono (o vi muoiono) una sola entità: lo spirito del giaguaro, terrificante elemento unificatore, non dipende da nessuno. Anche nel momento in cui la terra amazzonica fosse stata violata, la sua essenza non sarebbe svanita, ma sarebbe stata semplicemente liberata (a maggior danno degli sfortunati che con lei avessero avuto a che fare).
Questo sembra avvenire cinque anni prima dell'ambientazione della vicenda: il governo venezuelano espropria i privati dei loro possedimenti, con possibilità indiscriminata di intervento sul territorio.
A questo punto non solo l'hekurà può riscuotere il proprio credito presso Olsen, ma è anche liberato. La terra soffre, quindi Ebheeta inizia ad ammalarsi, quindi anche Olsen muore poco alla volta con lei. Adesso nella vicenda subentra Karin, disposta ad assistere saltuariamente lo zio e sua moglie... ma solo perseguendo il proprio interesse. Sarà Karin la causa ultima della morte dei due, fra l'altro attraverso l'iniezione della stessa sostanza che originariamente ha (già) ucciso lo zio in Amazzonia, il curaro.
Karin agisce mossa dalla stessa volontà del giaguaro, il quale porta a compimento il patto stipulato con Olsen ed Ebheeta attraverso di lei. Entrambi non ascoltano nessuno, non rispettano nessuno, fanno solo quello che conviene loro... sono mossi da istinto ferino e perseguono avidamente il proprio interesse. Ma lo spirito del giaguaro non rispetta nessuno, nemmeno Karin (dopotutto soltanto uno strumento delle sue macchinazioni) abbandonandola nel momento in cui Dix ne rivela la colpevolezza: lei non può entrare in possesso dei beni dello zio, in quanto non le appartengono. Non le appartengono perché non appartengono nemmeno ad Olsen! In ultima analisi, tutto è stato dispensato dal giaguaro, vita e ricchezza: il giaguaro ha dato tutto, il giaguaro tutto si riprende. Una volta chiusi i conti col passato quest'ultimo è finalmente, davvero, libero (anche di abbandonare la storia ed i suoi protagonisti, con relativa conclusione della medesima).
Che il giaguaro agisse attraverso Karin mi è venuto in mente attraverso la sequenza di pagina 128, con sovrapposizione verticale del viso di lei e del muso di lui, in stretta contiguità visiva.
Fra l'altro, ma qui si esagera, lei "maculata" di lentiggini e dai capelli chiari, quasi a rievocare il manto dell'animale.
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Nel complesso però una bella storia, virata da Ambrosini sull'azione, ma mi ha dato un piacere mentale minore rispetto al primo numero, che era più rarefatto.
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