Copio e incollo dal forum di Tex...
Dopo il bel numero monografico dell’anno scorso, al suo terzo giro il maxi dampyroso torna alla formula classica delle tre storie in libertà. Anche se un vago e minimo comune denominatore, come suggerito anche dal redazionale, lo si può trovare lo stesso: tutte e tre sono ambientate in scenari dal clima caldo ed “estivo”. Confesso che titoli, trame e tavole in anteprima non mi attiravano granché, invece il balenottero si è confermato una lettura piacevole ed interessante, in linea con la pregevole media della serie. Anche la copertina di Riblodi dal vivo funziona molto più che su schermo.
SPOILER...MAGIA AFRICANASoggetto e sceneggiatura: Diego Cajelli
Disegni: Fabrizio Russo
Ormai si può parlare di caratteristica storia alla Cajelli, a cominciare da un sapore più cinematografico della narrazione rispetto agli altri autori. Ci sono i suoi soliti professionisti della violenza, i suoi soliti “samurai” legati in qualche strano modo ai loro padroni o ad un loro particolare destino, la consueta attenzione alle tattiche e alle dinamiche tra gruppi avversari, le scene d’azione secche e veloci, l’elemento soprannaturale usato con parsimonia. Il tutto stavolta ambientato in un’ Uganda terra di nessuno, dominata da intercambiabili signori della guerra e perennemente in bilico tra disastri umanitari di varia natura. Merito non da poco della storia è esporre questa situazione non accennando neanche mezzo pistolotto in 94 pagine di storia. L’attenzione dei personaggi è concentrata solo sull’azione, le note sociologiche sono lasciate ai margini e alla capacità di osservare dei lettori. Come ad esempio la presenza triste e inquietante dei bambini soldato. È insomma una buona classica storia di vendette, maledizioni e guerra. Magari latita un po’ il fascino esotico dell’Africa, ma forse è una cosa voluta visto il registro realistico adottato. Funzionali e corretti, ma un po’ sottotono i disegni di Russo.
Facce note nel “cast”: il poliziotto è Danny Glover, il contrabbandiere europeo Depardieu, il generale Forest Whitaker, mentre l’altro signore della guerra potrebbe essere ispirato a Busta Rhymes.
LA NOTTE DELLA TARANTASoggetto e sceneggiatura: Alessandro Crippa
Disegni: Arturo Lozzi
Ho sempre parecchi dubbi quando in un fumetto si affrontano tematiche musicali. Trovo che la fissità del mezzo in genere non renda un buon servizio a quell’arte, c’è sempre un che di posticcio e innaturale nel disegnare gente che suona, balla e canta. In questo caso gli autori affrontano intelligentemente la taranta da un punto di vista soprattutto antropologico e sociale, tentando di catturare il lato iconografico del genere musicale solo nelle primissime tavole, peraltro molto suggestive…
Tra l’altro o Lozzi ha improvvisamente deciso di ispirarsi a Roi o è probabile si tratti di una storia vecchiotta, con il disegnatore ancora in cerca di un suo stile personale. In ogni caso ottima prova, suggestiva e ispirata, che riesce ad immergere la storia in un clima irreale e fuori dal tempo.
Molto buono anche l’esordio di Crippa (che presumo difficilmente rivedremo visto che è definito
guest star), con una specie di horror-thriller all’italiana anni 70, sulla scia “provinciale” del genere, soprattutto di “Non si sevizia un paperino”, film di generica ambientazione meridionale, ma ispirato a fatti di cronaca pugliesi. L’aria diciamo
vintage si sposa bene anche con una rappresentazione di un Salento che mi sembra anacronistico quanto la Transilvania dei film hollywoodiani, nonostante le notazioni sociali su malavita e omertà siano puntuali e senza particolari sconti, con la legge e lo stato che non sembrano molto più presenti del precedente episodio africano. Storia quindi soprattutto di ambienti ed atmosfera, che non cerca il colpo di scena forzato e si avvale di dialoghi fluidi e personaggi caratterizzati in pochi tratti decisi. La migliore delle tre.
MAREA ROSSASoggetto e sceneggiatura: Andrea Artusi e Ivo Lombardo
Disegni: Luca Raimondo
Dai nobili riferimenti agli anni 70 del thriller all’italiana della storia precedente, si passa ai più proletari modi di fare dei B-movie americani anni 80 di questa storia. In molte scene non stonerebbe vedere il marchio di Italia Uno nell’angolo destro della vignetta. La trama presenta strani elementi
naif per una serie generalmente attenta alla verosimiglianza come Dampyr: un flautone per incantare gli zombi, uno scienziato matto un po’ tanto macchietta (vedi caso con la faccia di Freddy Englund - anni 80, appunto), salvifici ultrasuoni provenenti da fonti improbabili che “casualmente” intervengono nei momenti più opportuni, un personaggio con scritto in fronte “sto facendo il doppio gioco” senza che in Nostri se ne rendano conto. Anche la sceneggiatura è strana, con baloon enormi che non vedevo dai tempi delle prime storie della Barbato su Dylan Dog, qualche spiegazione scientifica fin troppo dettagliata e comparse che vengono presentate con tanto di nome anche se muoiono due vignette dopo. Eppure, forse anche per via di questa suo essere tanto sbilenca, devo dire che la storia mi ha divertito, soprattutto nella seconda parte, con la scena dell’assedio del laboratorio e la resa dei conti finale nella grotta. Quindi una storia non proprio da manuale della sceneggiatura, ma parecchio simpatica. E genuinamente horror.
Per i disegni di Raimondo stesso discorso di quelli di Russo: corretti, senza guizzi.