<blockquote id="quote"><font size="1" face="Verdana, Arial, Helvetica" id="quote">quote:<hr height="1" noshade id="quote"><i>Originally posted by Cyber Dylan</i>
[br Il soggetto è risaputo, mentre la sceneggiatura scorre liscia (i dialoghi non sono incisivi, ma non sono nemmeno troppo ovvi).
Ho l'impressione che la Barbato si sia 'standardizzata'. Questa storia sa un po' di "timbrata di cartellino". Si legge abbastanza volentieri, ma non rimane impressa. I personaggi non hanno qualità particolari che li rendano degni di spiccare sulla massa, neppure il protagonista ne ha.
Forse l'errore è stato voler scrivere una storia di fantascienza. Purtroppo oggi la fantascienza ha pochissimo da dire (anche al cinema), perchè è costantemente superata dalla realtà. Quello che Philip Dick chiamava "futuro" è il nostro "presente". Tutto sembra già scritto, già letto e già visto centinaia di volte.
Compresa questa storia.
Insomma, un albo di routine, senza cadute, ma anche senza tocchi di genio e senza punte brillanti.
Il fatto che appaia come una specie di "numero 1" di una serie a venire (il finale apertissimo lascia intuire che prima o poi ci sarà un seguito) non aiuta. Come non aiuta che ci siano pochissime scene d'azione (solo un paio di scazzottate e morta lì) e centinaia -no, migliaia- di balloon pieni di spiegoni.
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Io Sighma l'ho trovato davvero bello.
Certo, non esule da tutta una serie di leggerezze (è denso e verboso, a tratti macchinoso, fortemente radicato ad una narrativa di genere senza sconvolgere per innovazione), ma il romanzo ha il pregio di coinvolgere e avvolgere nell'indagine (interiore, ma non solo) del protagonista, senza la presunzione di elevarla al rango di racconto di formazione filosofico/intellettuale.
Ho quotato l'intervento di Cyber Dylan, perché le sue analisi e valutazioni giungono a conclusioni opposte rispetto alle mie.
La storia è tutt'altro che <i>timbrata al cartellino</i>, al contrario è fortemente sentita e, anche senza troppa retro-lettura, è facile intuire in diversi passaggi (in particolare nei dialoghi, nelle didascalie di pensiero) il coinvolgimento dell'autrice, le spallate che la quotidianità dava al raccontato e la malinconica rabbia che si è incastrata tra le vignette durante la stesura della sceneggiatura.
E anche per questo motivo (oltre al fatto che pure io sono del parere che il finale di Sigma sia marcatamente chiuso), non credo la storia sia destinata ad avere un seguito.
Domani rileggerò comunque il volume (perché una seconda lettura, proprio per andare oltre la trama principale, è necessaria) ed eventualmente integrerò queste mie impressioni iniziali.
Nel frattempo.
C'è un comune denominatore, alla terza uscita, in questi Romanzi A Fumetti... ed è una certa ambizione di contenuti e intenti da parte di chi si fa carico dell'impresa.
Caratteristica estremamente positiva che meriterebbe di essere valorizzata con una migliore pianificazione editoriale.
A.
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