Copio e incollo quello che ho scritto su VN:
I predoni del deserto Buon numero 1. Introduttivo ma nemmeno così tanto; Manfredi riesce a calarsi fin da subito all'interno della narrazione, senza futili presentazioni, "raccontando" i suoi personaggi durante il susseguirsi della vicenda. I vari personaggi sono caratterizzati in maniera perfetta; Da Ugo a suo padre, dal re a sua moglie, fino a Volto Nascosto. Quest'ultimo personaggio enigmatico che riesce a creare la giusta dose di curiosità nel lettore. Come al solito Manfredi prende la Storia - a volte quella "scomoda" - e la plasma perfettamente nelle sue sceneggiature: ergo, come anche in MV, la ricostruzione storica è ineccepibile. La scelta di raccontare un frammento di Storia, ignorata nel corso degli anni o poco "battuta", rende onore a questo sceneggiatore, oltre che avere una dose massiccia di coraggio a presentare storie del genere in redazione. I baloon stracarichi (che per me sono un piacere) di MV sono anche qui presenti; fluidi ed essenziali. Ambientazione strepitosa, resa anche da un grande Parlov. Quando si legge una storia di Manfredi sembra davvero di leggere un romanzo. Bello.
Briganti Questo mi sembra più introduttivo del primo. La trama principale non prosegue di molto, ma vengono approfonditi i cosiddetti personaggi cardine. Vittorio è un tipo strano, all'inizio mi sembra un buono a nulla, poi in una manciata di pagine ed è l'esatto opposto. La dualità fra Ugo e Vittorio è interessante; due personaggi fondamentalmente antitetici, ma accomunati da qualcosa che non saprei nemmeno definire. Matilde invece è un personaggio enigmatico con un passato tutto da scoprire.
Il primo numero, avendo letto il secondo, sembra più un antefatto, dato che poi c'è un salto temporale non indifferente (circa 5 anni, se non ricordo male). Interessante anche come Manfredi gestisce i personaggi, peculiarità visibile anche in MV. Ugo, non è l'eroe a cui siamo abituati in casa Bonelli. Molte volte, in MV, Poe rubava la scena a Ned completamente; qui Ugo deve conquistarsi la scena tra Vittorio, molto intraprendente, e Volto Nascosto che, anche se appare in poche pagine, riesce a catturare tutta l'attenzione su di sè. Sicuramente ci troviamo di fronte a personaggi molto carismatici. In conclusione: altro bel numero, ma leggermente inferiore al precedente.
Amore e morte Sono i dettagli che rendono Manfredi un grandissimo sceneggiatore: 1) Il conte Antonelli diventa un personaggio emblematico (riguardo il trattato di Uccialli); non si capisce se sta dalla parte dei buoni o dei cattivi (scusate questa distinzione così manichea) 2) lo svenimento di Volto Nascosto 3) L'uccisione del Generale Orsini, che getta quell'ombra di mistero in più, già ben delineata, attorno a Ugo.
Infine viene approfondita ancor di più Matilde: la sua instabilità mentale e la sua infanzia possono avere dei risvolti interessanti. Finito il prologo, ora mi aspetto il ritorno in Africa. Promosso anche questo, anche se il primo mi sembra ancora il migliore.
Amba Alagi Perplesso. Buona sceneggiatura, per carità, ma secondo me Manfredi ancora non ha spinto sull'acceleratore. Alcune spacconate di Vittorio non le ho proprio digerite e l'allucinazione di Matilde in quel contesto surreale l'ho trovata fuori luogo. E poi il gruppo di indigeni addestrati da Vittorio mi è sembrato troppo stereotipato: l'acrobata, Asmac e la sua bravura con la sciabola...mah! Confutata l'omosessualità di Ugo, anche se ci speravo in una caratteristica così peculiare del personaggio. Comunque fino ad esso quello che mi ha convinto totalmente è il primo. I disegni di Burak, seppur originali e adatti ad una storia che odora di polvere e sabbia, non mi sono piaciuti.
La fortezza Bel tipino il Generale Arimondi, direi uno bello stronzo.. Dopo 5 albi, comunque, non riesco a delineare un profilo di Vittorio, personaggio con mille sfaccettature anche contrastanti fra loro, ma molto affascinante. Qui Manfredi gli dedica praticamente l'albo: azione, battaglie, strategie e tanto altro. Ugo è semplicemente una spalla fino ad esso, relegato a Roma con quella povera pazza di Matilde (spero in un suo dirompente ritorno il più presto possibile). Gran numero!
Gli eroi di Macallè Tanta azione e tanto divertimento. Ottime scene di combattimento anche se il duello tra VN e Vittorio mi è sembrato sottotono, meno epico di quanto ci si possa aspettare. Leggendo questo numero, il precedente sembra un lungo prologo della battaglia di questo numero. Ottimo.
Il fantasma La condizione, sociale e non, delle donne di quelle epoca, come detto da Manfredi nella prefazione, era molto stressante e instabile; per questo giustifico, seppur con qualche riserva, l'isteria di Matilde. Comunque c'è un certo equilibrio fra gli avvenimenti di Roma e quelli africani, meglio gestito rispetto agli albi precedenti. La trama si infittisce sempre più: Vittorio, preso in ostaggio da VN, è l'oggetto del riscatto tra l'Etiopia e l'Italia, luci e ombre sul delitto del Generale Orsini, che funge da collante tra i tre protagonisti - anche se ancora non è chiaro cosa abbia fatto realmente Vittorio quella notte -. Bello il personaggio di Marino con il suo dialetto. Forse il migliore, insieme al primo.
La strada per Adua Altro buon numero, ma non eccezionale. Probabilmente questo albo segna una svolta a livello della macrotrama della storia: Manfredi sta preparando, con ritmi abbastanza lenti ma con maestria, la guerra che seguirà. Ugo prende le redini della storia (come giusto che sia), cambio di ambientazione penso definitiva o comunque ben assestata e vengono delineati tutti gli "artefici" della guerra - Baratieri, Arimondi ecc -. Beh, siamo pronti, ormai Manfredi deve dare il meglio di sè, perchè ancora non l'ha fatto tranne in pochi casi. Dal numero prossimo mi aspetto un escalation di violenza!
Pioggia di sangue Non so quanto ci sia di storico nella vicenda narrata, ma dalla cura maniacale dei dettagli riproposta anche alla fine con la mappa e la strategie degli Italiani per arrivare ad Adua, fa supporre di si. Leggendo i vostri commenti deduco che l'albo in questione è sembrato a molti un pò noiosetto, ma per me è assolutamente eccellente. Forse anche il migliore fra quelli che ho letto. E' vero, si fa un pò di confusione fra le varie strategie adottate, i vari generali e i vari monti occupati, ma finalmente si arriva al punto cruciale della storia, con una grandissima sceneggiatura, molto action e violenta come piace a me. Ugo e Vittorio sono in disparte, prende forma la figura della regina Taitù, il vero capo tra gli abissini (e non quell'incompetente di Menelick), e Volto Nascosto non è più il personaggio delineato fino a poco tempo fa. Un albo perfetto, ricco di eventi che ci prepara al grande, e lungo, finale. Ottimo.
Il presidio Non mi ha convinto. Manfredi scrive sempre bene ed è un piacere da leggere, ma la narrazione scorre lentamente con alcuni riempitivi che non riescono ad amalgamarsi con il contesto generale - sto parlando, soprattutto, della condizione delle donne etiopi all'interno del presidio, la folle gelosia del Generale, la vicenda che ruota attorno a Pino, il soldato napoletano -. Il finale riabilita in parte tutto quel poco che è successo prima, ma come è stato per il duello fra Vittorio e Volto Nascosto, anche qui, la rivelazione dell'identità di Volto Nascosto, pecca di epicità e pathos. Certo, questo pseudofinale fa sorgere qualche dubbio sulla vera identità di VN ed è un bene per il proseguimento della lettura, ma come spesso capita con Manfredi, il finale molte volte (anche in MV) è troppo sbrigativo. Mi spiego meglio. Quello che non mi piace, non è tanto come ci si arriva al finale con soluzione annessa della vicenda, ma come Manfredi gestisce proprio l'ultima pagina, che mi sembra, appunto sbrigativa, in qualche caso fine a se stessa. Altro piccolo difetto. I comprimari spesso sono molto stereotipati come il generale geloso, troppo esagerato. Interessante invece come VN e Vittorio siano stati utilizzati come pedine dalle rispettive fazioni per i propri tornaconti. Intelligente la scelta di Manfredi di svelare in parte il mistero di VN attraverso il sogno di Ugo.
Il prigioniero di Menelik Manfredi semina incertezze, dubbi e intrighi per tutto l'albo. Un buon "preparativo" per il gran finale, che però si sta trascinando troppo lentamente per i miei gusti. L'unica nota stonata (che però può essere confutata alla fine della lettura) è che VN mostra la sua vera identità nuovamente e inutilmente. Avrei preferito che rimanesse un caso isolato.
La liberazione Questo è l'albo che mi porta a pensare che Vittorio sia VN o comunque un suo sostituto. Strano, comunque, che il primo a fare una mossa per il riscatto di Vittorio sia lo Stato Pontificio e non lo Stato italiano. Proprio questo è il fulcro della vicenda, oltre alla destabilizzazione morale di Vittorio, qui sempre più allarmante e curiosa. Il vescovo prova a corrompere il re Menelik, non solo facendo leva sulla fede del re ma anche donandogli un piccolo crocifisso d'oro. Di tutta risposta, Menelik regala al vescovo un altro crocifisso più prezioso. Lo sguardo sconfitto del vescovo è esilarante. Esempio lampante di inadeguatezza e falsi moralismi dello stato vaticano, ben messo in luce da Manfredi. Un'altra vicenda divertente è quella tra i predoni e il vescovo. Quest'ultimo confida nella croce per la sua salvezza, ma diventa un'esca per i predoni che li attaccano. Mi chiedo solo come riuscirà Manfredi a condensare tutto il finale negli ultimi due albi, dato che ancora c'è molta carne al fuoco.
Medaglia d'oro Albo di transizione e nient'altro. Non sembra nemmeno il penultimo albo della miniserie.
Dietro la maschera e considerazioni finali Mah. VN ha il pregio di instillare la curiosità sulla vera identità di VN, fatto che alla fine dei conti non è neppure così rilevante. Forse non mi piace il genere (il romanzo d'appendice), forse mi sono creato aspettative troppo alte, forse MV è il capolavoro della SBE, forse il tipo di narrazione troppo dilatata non mi va a genio, forse ho trovato rari i momenti carichi di pathos ed epicità, ma questa miniserie non mi ha emozionato così tanto. VN si svolge in Africa, che è la parte più accattivante, e a Roma, troppo stile harmony, tra intrighi amorosi e nulla più. Ugo è un personaggio interessante, la sua personalità molte volte è oscurata da quella di Vittorio, ma Manfredi gestisce bene le sue peculiarità all'interno della narrazione, rendendolo un personaggio unico in casa Bonelli. Vittorio è la vera sorpresa di questa miniserie: prima lo ami, poi lo odi, il suo concetto di amicizia e il disastroso rapporto con Matilde lo rendono un personaggio ricco di sfaccettature, in bilico tra il bene e il male, umano nei suoi pregi e difetti. Matilde ha un pesante passato sulle spalle e la sua sorte mi sembra inevitabile. Sandra è il punto di congiunzione fra i tre personaggi, forse quella che incarna i sentimenti più autentici (la dedizione verso Matilde, l'amore verso Ugo, l'indifferenza nei confronti di Vittorio). Suor Clelia si dimostra per quello che è, che predica bene ma razzola male, simbolo della fede e della purezza ma subdola nel voler "difendere" Matilde. Manfredi per come ha tratteggiato la suora mi fa pensare che sia ateo, o almeno non crede nella chiesa cattolica (come dimostrato anche nell'albo, La liberazione). Il re Menelik e la regina Taitù, relegati in Africa, vengono, seconde me, abbandonati in maniera sbrigativa. Lo stesso dicasi per Volto nascosto, troppo arrendevole anche se dilaniato dalla lebbra. Verruca, che ottiene la sua vendetta, è inserito nell'ultimo albo attraverso un espediente debole (lo rintraccia la figlia di Annibale perchè sua sorella poteva essere in pericolo dall' ira funesta del contino De Cesari). Marino una spalla fine a sè stessa, importante se fosse stata approfondita meglio, come Poe per MV. Il padre di Ugo, apparso nel primo numero, riappare in questo. Anche qui, Manfredi avrebbe dovuto meglio delineare questa figura, magari il rapporto fra padre e figlio (anche se è chiaro nel suo discorso un probabile seguito della serie in Cina). Lo stesso vale per il conte Antonelli, tutore di Matilde. Insomma mi sarebbe piaciuto che Manfredi allargasse il parco "personaggi", o, meglio ancora, approfondisse quelli già presentati. Evitare qualche sottotrama, incentrare il finale in Africa e il gioco è fatto. Belli invece tutti gli incubi presentati fino ad adesso, riescono a rendere bene l'ossessione dei personaggi e il mistero attorno alla figura di VN.
Riguardo la storia di questo ultimo numero è stata anche una delusione per me. Prevedibile è il primo aggettivo che mi viene in mente. Ma anche affrettato, soprattutto nella conclusione - unica pecca di questo grande sceneggiatore. Una miniserie che si assesta a livello del buono, per i riferimenti storici, per la cura maniacale dei dettagli e per il soggetto assolutamente originale. Qualche picco di notevole fattura (n.1, 6, 7 e 9), ma il resto non mi ha colpito più di tanto.
_________________ Nobody talks about the pile (cit.)
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