Vi copio integralmente la recensione di <u><i><b>Triss</b></i></u>:
Soggetto e sceneggiatura: Gianfranco Manfredi
Disegni: Ersin Burak
<i>"La notevole miniserie di Manfredi giunge al suo decimo appuntamento in forma a dir poco smagliante, con una trama precisa, rigorosa e coinvolgente. Non che vi fossero dei dubbi, ma ad ogni nuova uscita ci si stupisce della capacità dello sceneggiatore di intrecciare e miscelare elementi fantastici con altri storici. Un grande romanzo storico. Classico, sì. Ma ottima traccia da seguire per sviluppare *seriamente* il concetto narrativo di miniserie in modo adeguato, degno, senza ibridazioni tra serialità pura e continuity.
Dicevamo di questo numero.
Si può tranquillamente incominciare dai sublimi disegni di Burak, dotato di un tratto vigoroso e potente, in grado di ?catturare? letteralmente lo scenario esotico etiope con tutto il suo retroterra culturale e sociale. Burak ha un tratto ricchissimo, realisticamente forte, appassionato nell?evocare le emozioni dei personaggi, le espressioni dei volti, le fisionomie ( si guardi ad es. la splendida sensualità di Yaja a pag. 25; mentre a pag. 42 la bellezza della regina Taitù ), nonché gli ambienti (pag. 41, i fasti della regalità; pag. 20, la degenza militare ).
E la storia non è da meno.
Ugo Pastore si ritrova in un presidio italiano nell?attesa che Volto Nascosto interceda per lui nella liberazione di Vittorio De Cesari.
Ugo è un personaggio molto sfaccettato, con dei valori molto radicati e solidi, ed è soprattutto la sua intelligenza a spiccare su tutto. è sorprendente come Manfredi riesca a far interagire il giovane in un luogo così insidioso, pericoloso, sostanzialmente ostile alla sua etica ( è un pacifista! ), senza mai oscurare la sua personalità, sempre pronta a fulminare il lettore con una domanda, una riflessione, al momento giusto.
Nel presidio italiano, si respira la condizione psicologica e materiale della miseria della guerra, con i soldati feriti, mutilati, riuniti in un unico stanzone ( pag. 20 ); mentre gli ascari vengono lasciati all?esterno, tra tende e ripari improvvisati ( sintomatico il dialogo tra il sergente e Ugo, ultima vignetta pag. 23:?Al coperto non c?era spazio per tutti?; ? Ma anche se ce ne fosse stato i feriti indigeni li avreste lasciati fuori lo stesso.? ). Ogni angolo dell?avamposto militare sembra sporco, degradato.
I feriti in modo grave vengono trattati barbaramente, subendo amputazioni con metodi rozzi e disumani dal tenente Robbiati. Presto il povero Ugo si ritroverà immischiato in una ribellione contro il macellaio in divisa. Inoltre, dovrà scontrarsi contro la follia di un comandante geloso della sua madama. Infatti, le donne etiopi così chiamate, che vivono nel presidio, si offrono come concubine agli ufficiali. Il giovane non ne ha voluta una e il comandante lo tiene sott?occhio, temendo che la sua Yaja abbia un debole per lui.
Il sergente rivela a Ugo i retroscena della spedizione di Vittorio finita nel sangue, e alla fine commenta così la reazione di disgusto del giovane per il cinismo con il quale è stata gestita tutta l?operazione: ? è la guerra ? i nostri, i loro ? gli amici, i nemici ? arriva sempre un momento in cui tutto si confonde e nulla sembra avere più senso?. Riflessione che va ben al di là del contesto della narrazione, descrivendo le complesse e brutali contraddizioni di ogni guerra.
La storia si conclude con il colpo di scena che tanti attendevano: Volto Nascosto rivela la sua identità al suo amico italiano: è un lebbroso. Ma il sospetto che ad indossare quella maschera vi sia stato anche qualcun altro ormai s?insinua nel lettore e nel protagonista ( vedi il sogno alle pagg. 27-28-29 ).
Così, lo sceneggiatore, abilmente, lascia alla nostra immaginazione il compito di divagare sulle possibili identità del grande condottiero. Il mistero è rilanciato all?ennesima potenza."</i>
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