Per come la vedo personalmente la
continuity su questi lidi è un luogo a non essere, (
u-topia), un tempo da non precisare
(u-cronia), un racconto di cui non discorrere (
u-logia).
Almeno che non si voglia correr il riscio di auto-contraddirsi clamorosamente, che di solito è l'esatto opposto di quanto ricercato attraverso una supposta
continuity .
Mi spiego meglio.
Come già detto da molti di voi, un piano preciso di coerenza all'interno della testata (e della sua evoluzione, più o meno coatta) non è mai esistito.
Dylan Dog ha da sempre vissuto di suggestioni, contaminazioni, riflessi, variazioni, rivisitazioni strettamente episodiche tenute insieme dallo spessore del protagonista, dal suo carisma, dall'atmosfera sclaviana, e dalla volontà di scrivere un horror d'autore in cerca di popolarità.
Non di certo da una successione di eventi che costituirebbero la "storia di Dylan" (v. #100), la saga dell'Old Boy
in progress, per diverse stagioni, boss di fine livello o finalità cosmiche
.
Lo stesso numero 100 più volte citato è solo una parentesi (chiusa, e sghemba) su uno sviluppo mai incubato, che Tiziano ha voluto quasi disconoscere già dalle sue premesse illusorie, come chiusura della serie.... nel caso ce ne fosse stato bisogno. Cosa che non è ancora accaduta.
Altri autori che si sono cimentati nel dare senso ad una
pseudo-continuity (v. celebrativi), il più delle volte hanno preso delle tramvate clamorose pur di spulciare nel passato del Nostro, per dare una consequenzialità agli eventi, e cercare i perché e i percome di ogni suo tratto caratteriale scolpito dalle sue passate esperienze, o peggio, traboccanti verso una pettinatura dei nodi mai cercata nel presente (v. ventennale)
.
Tutto questo con risultati molto scarsi, proprio perché la libertà compositiva di chi scrive per-Dylan - e sono tanti
- è spesso disorientata dalla mancanza di riferimenti narrativi coesi, e farebbe meglio a non proporne di fittizi dal proprio cilindro per farla quadrare meglio... di coniglio in coniglio
.
E' preferibile dimenarsi più liberamente e scrivere una storia "da" Dylan piuttosto che "su" Dylan.
Ogni autore in pratica dovrebbe sentirsi libero di mesmerizzarlo verso la sua dimensione parallela di fiducia, a livello di scrittura, senza temere eventuali scompensi nella trama madre - che non esiste
[
e sarebbe comunque riduttiva, nel caso]
Anche perché le caratteristiche fondanti della testata - più volte violate, a dir il vero, negli ultimi dieci anni
-
sono ben altre rispetto ad un pantheon di mostri unitario, una saga in logica evoluzione, un armamentario di misteri parcheggiati in sospeso, o una concezione/rappresentezione univoca degli stessi orrori.
La paura è il sentimento più antico, diceva un certo H.P... ma questo non vuol dire che debbe seguire gli stessi binari e dirigersi verso una meta/visione prefissa. Il fatto che viva di incongruenze e disorientamenti, come su certi albi, la rende più interessante... tra l'altro
.
Siamo fuori dalle frequenze metodiche di un
Castelli o di un
Boselli per gli universi autosufficienti (e semoventi) di
Martin e
Dampyr, dove tutto si svolge su un piano narrativo preciso/coerente, ed il lettore è invitato a immegersi (e farne tesoro), tra i riferimenti al passato e gli sbocchi futuri... all'interno del medesimo canone.
Ci sono poi autori - come il
Gualdo - che spesso si sono votati al citazionismo leopardato di storie passate... non tanto per dare un senso di continuità, quanto per strizzare l'occhio agli aficionados, rispolverando vecchie glorie per nuovi spunti o aggrappandosi a precedenti storici per motivare storielle senza nerbo
.
Da Settembre qualcosa cambierà, certo... nel senso che alcune conseguenze dei fatti non saranno più retroattive.
E' un lavoro difficile, ed immagino che coinvolgerà gli autori in modo più "integrale"... nel senso che il teamwork si farà serrato, perché, ad esempio, Ambrosini a Maggio dovrà tener conto di alcune cose che ha scritto Accatino a Marzo.
Per le storie "fuori quota" ci sarà sempre spazio nella
collana Old Boy, che in pratica deresponsabilizza ogni evoluzione dei fatti, e lascia Dylan intento a trastullarsi nella sua eterna Wonderland tra 80/90s, liberamente sconclusionata perché non cerca cause ai propri effetti.
Come quel diario che smaterializza ogni pagina scribacchiata il giorno prima
.
VABBENE ALOHA, MA CHE HO MANGIATO JERI?