Ahi ahi ahi! Decisamente, tutte le volte che noi lettori cominciamo a nutrire speranze di miglioramento (vd. il Maxi) la redazione si sente in dovere di affossare i nostri sogni.
seguono
S
P
O
I
L
E
R
Il tema dell'oggetto maledetto è apparso relativamente poco in Dylan, ma è talmente abusato nell'horror in generale (cinema e via dicendo) da non lasciare scampo: o è trattato in maniera decisamente originale, o la storia è una rimasticatura di luoghi comuni.
Non esistono alternative.
In questo caso, purtroppo, è la routine a prevalere. Il soggetto batte strade viste e straviste, anche per quanto riguarda la struttura degli eventi: si comincia col presentare l'oggetto; si fa capire (al lettore) che l'oggetto porta rogna; dopo un (bel) po' lo capisce anche l'eroe di turno; infine l'eroe trova la maniera di neutralizzare l'oggetto.
C'è poco da fare: con questo schema ferreo di horror neutralizzato dall'assoluta prevedibilità è impossibile aspettarsi una storia davvero buona.
Al massimo si possono apprezzare alcuni dettagli secondari (in questo caso, il personaggio di Bryce), ma è troppo poco per valutare positivamente l'albo.
E' come avere a che fare con un'automobile col tergicristallo perfettamente funzionante ma col motore fuso!
Marzano fa del suo meglio per vivacizzare la sceneggiatura, e qua e là azzecca scambi di battute buoni. Però commette anche brutti svarioni e nel complesso non riesce a impedire che la vicenda proceda a strappi e strattoni, senza fluidità. Decisamente i luoghi comuni gli hanno preso troppo la mano.
Anche Cossu fa del suo meglio, ma il mostro di turno ha un design poco convincente e l'eccessiva prevedibilità della storia affossa comunque il tutto.
Mediocre come non mai.