Il miglior esempio della decadenza di DYD.
La trama è idealmente sensata e potrebbe persino essere originale se non fosse che dopo due pagine si perde già in un oceano di prolissità e stagnanza.
I testi della Barbato a volte sfiorano l'iduzione allo sbadiglio,certi accostamenti Dylan-Groucho sono penosi e posticci,per non parlare della "mutazione" della Rosaura Kowalsky dal "Ghost Hotel" del Maestro Sclavi a questo "Il senza nome":la sgra Barbato dovrebbe dirci se la giornalista è stata in terapia col Talofen visto il disturbo di personalità che manifesta nel passaggio.
Lo sviluppo della storia rasenta in certi tratti il noioso,in altri lo scontato,ma quello che manca è un senso organico di continuità e di armonia.Ricordo che Sclavi in passato nel suo "Cuori Randagi" è riuscito in poche pagine ad armonizzare tutte le tematiche dylaniane in modo perfettamente lineare e ne è scaturito un godibile piccolo grande capolavoro.Qui invece dopo 240 pagine di agonia si rileva una struttura di storie singole bruttarelle appiccicate con lo scotch a guisa di mosaico bizantino post-bombardamento,il tutto condito da un finale già prevedibile dopo tre righe di lettura ma cosa peggiore fotocopiato dal già bruttino finale del "Il pifferaio magico".
Morale della favola:se proprio dobbiamo sorbirci la Barbato nei Maxi,che almeno siano storie brevi così l'agonia dura di meno e c'è spazio anche ad altri sicuramente migliori.
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