Un Chiaverotti al risparmio, direi, che ricicla sé stesso (un altro matricidio inconsapevole, dopo "I delitti della Mantide") e gli altri (l'associazione tra fantasmi e ipnotismo, che risale addirittura a "Il fantasma di Anna Never"), ma gira a vuoto, tra personaggi poco interessanti e poco caratterizzati (a parte il padre di Peggy, che d'altronde è così ottusamente odioso da rendere l'epilogo ben poco drammatico) e visite alla Trelkovski che si rivelano piuttosto improduttive.
Il finale è così tirato per i capelli (non si prova nemmeno a spiegare da cosa sarebbe attivata la suggestione post-ipnotica -e comunque, al contrario di quanto rivela in seguito, a pagina 18 vediamo Andrew che non solo è sinceramente scosso dalla morte di Herbert, ma che l'ha anche già collegata al fantasma evocato nella seduta spiritica) che si accetta con sollievo il ribaltamento del controfinale, per quanto sia tra i più fiacchi in assoluto: i ragazzi che sembravano essere stati uccisi da un fantasma in realtà sono stati uccisi... da un fantasma.
Dopo un annetto di letture, fu forse la prima storia di Dylan Dog a lasciarmi quasi del tutto indifferente, e il tempo non ha fatto nulla per farmi cambiare opinione -restano i gradevoli disegni di Siniscalchi, che comunque mi era piaciuto di più in "I killer venuti dal buio".
Altair ha scritto:
Daryl Zed ha scritto:
non ricordo il cameo di NN
devo riguardare
Preciso: è un finto cameo. C'è un tizio disegnato molto somigliante a lui in una vignetta che non c'entra nulla.
L'ho notato solo ieri, ma se guardi bene sulla parete dell'edificio che si trova sullo sfondo, nella parte più scura, c'è la scritta "Baby Nathan".
(Per i curiosi, è a pagina 84.)