Per me la vicenda proposta da Accatino va proprio al cuore di quello che Dylan Dog è, e dovrebbe essere. Tex è un fumetto 'di formula', che funziona benissimo tramite ripetizione di una stessa forumla, con poche varianti per evitare la ripetizione totale. C'era una storiella su Bonelli (non ricordo se Gianluigi o Sergio, funzionerebbe per entrambi), che si presenta in redazione con due nuove storie: nella prima arrivano dei ladri di bestiame, poi arriva Tex che le suona a tutti, nella seconda i cattivi erano dei fuorilegge, poi arriva Tex e li rimette al posto loro
Dylan Dog funziona in maniera diversa, per me fra le tante cose che hanno fatto la fortuna di Dylan Dog, insieme a sesso sangue e ironia, assieme alla qualità delle sceneggiature di Sclavi, è la capacità di sperimentare e battere storie sempre nuove, anche se inserendosi nella collaudata tradizione bonelliana, cosa questa che è mancata nei suoi tanti imitatori, e che li ha portati a non avere un briciolo del successo di Dylan, che invece ha provato soluzioni narrative molto affascinanti. Prendiamo proprio il pluricitato Memorie dall'invisibile: c'è un narratore della vicenda (per di più invisibile), dylan è il protagonista e indaga, ma il caso viene risolto perchè l'assassino si costituisce da solo perchè si, il narratore si suicida, la storia sembra doversi concludersi, e invece va avanti con un secondo serial killer, e alla conclusione della storia si scopre che il narratore, sparito fino a quel momento era ancora vivo. Finezze narrative per niente banali in un fumetto 'popolare'. Come anche sono idee geniali, dal punto di vista puramente narrativo, il far finire l'indagine con Dylan che non capisce un tubo e fa una figuraccia (Inferni), con Groucho che suggerisce per scherzo la reale soluzione del caso (Grand Guignol) o addirittura lo risolve (Ossessione), con tutti gli albi 'speciali' in cui non esiste alcuna indagine (il lungo addio).
Per cui una storia come questa in cui
SPOILER
Dylan e l'assassino non sono protagonista e antagonista di una stessa storia, come al consueto, ma sono entrambi protagonisti di due storie indipendenti (così come finiscono per essere protagonisti Shane e la canadesina di un'ulteriore storia), che non hanno niente a che vedere l'una con l'altra, di cui il lettore coglie solo pochi squarci (perchè l'assassino ha vissuto una vita di cui non vediamo che poche informazioni, e di Dylan conosciamo solo parte della sua storia d'amore, non vedendone nè l'inizio, nè in maniera molto astuta, la conclusione), ma che finiscono per strani scherzi del destino per incrociarsi in modo insospettabilmente determinante. Dylan fa la fortuna dell'assassino, con la sua sola presenza riscatena l'istinto a uccidere (facendo derattizzare la cantina, e acutizzando la sua paranoia), e poi gli fornisce involontariamente una vittima e un caprio espiatorio perfetti. E per soprammercato lo libera pure dei vicini sgradevoli. In cambio l'assassino nega a Dylan la possibilità di conoscere l'esito della sua vicenda, distruggendo la lettera. E dopo tanta tragedia, la storia finisce nel modo più banale: Dylan torna alla sua solita vita, come d'altra parte era normale, ma anche l'assassino, dopo questa sorta di 'vacanza' regalatagli da Dylan, torna a far la vita di sempre senza redenzione nè catarsi.
Tutto questo complicato gioco di incastri che la sceneggiatura costruisce alla perfezione è di per sè un valore aggiunto alla sceneggiatura, un qualcosa di interessante che è allo stesso tempo piacevole da leggere e perfettamente appartenente alla poetica dylandogiana. Non certo una non-storia, come suggerito da alcuni, col termine non-storia io andrei più che altro a classificare un albo come il 300 in cui la progressione narrativa è assolutamente assente, non certo un albo come questo, in cui la narrazione è semplicemente fuori dagli schemi (e narrata con toni molto dimessi), ma non certo assente in toto.
Poi è ovvio, che in una struttura interessante ci devi andare a mettere tematiche, personaggi e situazioni altrettanto interessanti, e qua penso che stia alla sensibilità individuale valutare se Wilson e i vari personaggi siano personaggi riusciti, se dietro alle loro vicende si intraveda un discorso meritevole di riflessione, se gli moicidi dei topi siano o non siano inquietanti, se la sceneggiatura sia brillante, eccetera eccetera. Per me già il fatto che la sceneggiatura sia molto appropriata, e curata, senza mai una parola fuori posto (giusto il dialogo iniziale fra la signorina wiley e il signor wilson mi pare un pò troppo artefatta), e dimostri un mestiere che non sempre è visibile in altri, causando loro scivoloni enormi, unita al discorso strutturale fatto su, basta ad escludere i due voti più bassi della nostra scala di sondaggi... poi se la noia ha preso il sopravvento, magari non si può andare molto più su, dipende da persona a persona, ripeto.
Personalmente però questa storia da un punto di vista emotivo mi ha coinvolto ben più di quanto una storia 'accettabile' abbia mai fatto, letta che ero morto di sonno, eppure non son riuscito a chiuderla finchè non l'avevo finita.
Wilson l'ho trovato un personaggio forte, più meschino che cattivo, inquietante nell'abbandonarsi alle sue pulsioni e alle sue paranoie, un piccolo ometto che non sa far di meglio che rivalersi con chi è più debole di lui (la filippina o il suo aiutante a lavoro), anche quando non usa direttamente la violenza contro di loro. La sua formazione è illuminante sul suo carattere, ma non dà risposte certe, lascia al lettore l'interrogarsi sull'origine del male: una rivalsa alle prepotenze della nonnina opprimente? qualcosa di innato che la nonna ha corretto solo esteriormente ma non interiormente (il che costituisce un'interessante alternativa ai sermoni contro i parrucconi che proibiscono la violenza e l'horror)? Tante cose vengono lasciate nel non detto, ma comunque suggeriscono altre possibilità: l'assenza dei genitori, l'incontro con la ragazza nella panchina nell'ultimo flashback, come anche interessante è il confronto fra la violenza non fatta ma desiderata, e quella effettiva, ma frutto di impulso irresistibile... quale delle due è più detestabile? Gli spunti non mancano.
I personaggi di contorno hanno stereotipi come materiale di partenza (ma trovatemi personaggi di poche vignette che non si appoggino su un solo stereotipo), ma poi vengono sgrezzate e viene data loro una certa tridimensionalità. Dylan non fa il suo mestiere (d'altra parte nessuno lo paga per farlo, nè Bloch lo implora in nome della pensione), ma nel suo modo disincantato ma mai antipatico di relazionarsi con gli invadenti coinquilini mi sembra molto più Dylan di tante volte in cui fa il detective risolve i casi a botta di false detection e aiuti dai personaggi secondari, o addirittura il pistolero ammazzamostri, giusto nelle lettere èpiù retorico di quanto siamo abituati a vederlo, ma d'altra parte un discoro scritto è diverso da uno parlato, ci sta che per iscritto non si esprima nel modo consueto.
io alla fine ero tentato di votare ottimo, alla fine ho votato buono solo per una mancanza di appeal da parte dell'albo che un pò gli manca per essere un vero e proprio classico irrinunciabile della serie, ma ne sono anche mezzo pentito.
Diciamo che è straconsigliato a chiunque sia ansioso quanto me di vedere nuove strade battute per il nostro Dylan senza snaturarlo, e che non si spaventi nell'accompagnarlo lungo queste strade.