Cravenroad7

Giusto Solomon! Mai leggere le recensioni!

Quando leggo una storia della Barbato so sempre cosa aspettarmi, cioè una storia di Dylan Dog, rispettosa delle caratteristiche del personaggio creato da Sclavi. Poi può essere una storia bellissima, un capolavoro o solo discreta, mai però estranea alla filosofia di Tiziano.
Andando in tema, IL GIARDINO DELLE ILLUSIONI racchiude perfettamente lo spirito originario del personaggio, in tutte le sue complesse sfaccettature: l'insicurezza, i timori, la forza nel superare le proprie paure.....insomma, una grande prova di Paola, l'ennesima.

Invece no, questo Dylan Dog (purtroppo) di Sclavi non ha nulla (e meno male, sarebbe stato triste avere un'emulatrice per autore).
Che poi si voglia dire che Barbato riesce a conferire una particolare sensibilità  o profondità al personaggio tutta sua, se ne può discutere.

Secondo me è esattamente il contrario: le storie della Barbato sono quasi sempre estranee al personaggio e alla filosofia di Sclavi (basta vedere il Ventennale, uno degli esempi più eclatanti). Con un paio di eccezioni: la recente Tueentoun e, in parte, anche questo Giardino delle illusioni, riescono a dar vita a un Indagatore dell'incubo sostanzialmente in linea con quello originario.

Sarebbe gradito sapere in cosa si ravvisa "sclavismo" ne Il giardino delle illusioni.

Io non ho parlato di "sclavismo" né ho tirato in ballo l'aggettivo "sclaviano". Ho scritto semplicemente che in quest'albo la Barbato riesce



Il che vuole dire che, a mio parere, l'autrice si è in questo caso preoccupata di rispettare le caratteristiche conportamentali e psicologiche del personaggio. Si è sforzata di farlo e ci è sostanzialmente riuscita.

Ma hai anche scritto (vedi grassetto):



Prima parli di Sclavi e poi citi due eccezioni, quindi ho ragionevolmente pensato che le eccezioni riguardassero l'immediatamente precedente discorso su Sclavi.

Sul resto non ho obiezioni da muovere.

A mio parere, Paola è l'autrice che ha più colto l'essenza del personaggio, raccontando storie che hanno similitudini, come approccio, al "modello" Dylan creato da Sclavi. E la storia in questione ha molte similitudini, come già  detto nel mio precedente post (l'insicurezza, i timori, la forza nel superare le proprie paure).

Facevo riferimento al post di Francesco: è stato lui a parlare di "filosofia di Sclavi". Il "paio di eccezioni" da me citate si riferivano solo all'uso del personaggio che caratterizza la maggior parte delle storie della Barbato e non allo "sclavianesimo", che nell'autrice non c'è mai stato.

@Francesco: il fatto è che Il giardino delle illusioni è una storia piuttosto atipica per la Barbato, e lo è anche per il rispetto con il quale gestisce il personaggio di Dylan; in genere lo muove con molta più libertà, finendo IMO con lo snaturarlo. Fermo restando che scrive sempre molto bene, anche negli albi più sciagurati (che sono, a parer mio, il numero 200 e il Ventennale).

Cosa ti traumatizza?

Che mi dai ragione!!
No scherzo, ti credevo più favorevole alle recensioni. Non che io sia contrario, solo che ne faccio a meno.

Anch'io ultimamente, una recensione scritta bene rischia di rovinarti una giornata!

Sono d'accordo.
Solo in tre occasioni la Barbato mi è sembrata vicina allo stile e/o alla poetica di Sclavi: in Necropolis per il tema trattato e per le riflessioni sulla natura umana; in Videokiller per il modo di sceneggiare; ne Il dogma per l'ironia.

Infatti lo sono. Volevo solo punzecchiarti un po'!