Nel suo secondo e ultimo speciale dylaniano, Chiaverotti non si limita a riprendere l'idea alla base della folgorante storia breve "La piccola biblioteca di Babele", ma in pieno trip borgesiano (e come biasimarlo?) decide di incrociarla con le sue predilette riflessioni sul Caso e sul Destino attraverso una rappresentazione decisamente letterale dei celebri
sentieri che si biforcano.
La differenza è che il piccolo capolavoro di Sclavi e Stano svolgeva il suo lavoro nel giro di sedici, dense e indimenticabili paginette: qui la lunghezza è di otto (!) volte superiore, e probabilmente la vertigine per le infinite suggestioni e deviazioni narrative possibili fa perdere l'equilibrio all'autore, portandolo a firmare una delle sue storie più confusionarie, farraginose, e per molti aspetti deludenti. I disegni di Freghieri, arricchiti da generose dosi di nudità ma curiosamente (trattandosi di Chiaverotti) parsimoniosi di sangue, rendono la lettura abbastanza gradevole, ma non possono che lenire marginalmente la sensazione di confusione e infine di frustrazione che molti, compreso il sottoscritto, hanno sperimentato.
Da un lato, c'è veramente troppo di tutto: già il tema dei destini incrociati sarebbe abbastanza denso, ma in aggiunta tutti hanno visioni/allucinazioni la cui origine e il cui senso non vengono mai colti (la testa del killer che esplode, la figura incappucciata che Dylan vede a pagina 22, Eleanor che sviene allucinando di essere strangolata da Dylan), e accadono davvero troppe cose non inspiegabili, ma incomprensibili/incoerenti: perché all'inizio Eleanor è incappucciata? Perché il killer dice a Dylan che "l'orrore è appena cominciato", visto che subito dopo prova ad ammazzarlo? Perché Eleanor vede Dylan, e viceversa, solo in occasione della seconda modifica? Perché, dopo che Eleanor uccide il blobbone, crolla tutto? Come fa Eleanor a incontrare sé stessa?
Fra trovate ingenue (il letto sul balcone, o Dylan che ha bisogno di leggere la scritta su un vetro per accorgersi del fatto che "Rorrim" è "mirror" al contrario
) e scorciatoie fin troppo semplici (molto comodo il fatto che Eleanor trovi sul libro stesso le istruzioni per modificarne il contenuto), la storia procede senza una vera direzione, svelando le sue carte ben prima della fine -e non credo sia troppo lontana dal vero l'ipotesi, formulata da qualcuno nelle pagine precedenti, che Chiaverotti abbia scritto la sceneggiatura a braccio, senza preoccuparsi troppo di dove stesse andando a parare.
Non è certo una prova definitiva, ma quegli occhiali abbandonati sul davanzale nella terza vignetta di pagina 100 mi sembrano un dettaglio troppo preciso e insolito (il paese è deserto, in fondo) per essere casuale, o per meglio dire privo di rilevanza narrativa -anche se non assomigliano neppure troppo a quelli del killer...
Dall'altro lato, o per meglio dire dietro tutto questo dispiegamento di specchi e cortine fumogene, c'è ben poco di sostanzioso, di interessante e/o di nuovo: il luna park, il killer senza identità, gli arabeschi del destino, il mostro informe, sensibile e sgrammaticato (diretto discendente di quello apparso nelle pagine di "Dal profondo")... tutti elementi che fanno da sempre parte della poetica dell'autore, certo: ma il vero problema è che i personaggi non hanno proprio nulla che li faccia emergere dall'estesa collezione di fanciulle in pericolo, assassini letali, e mostri patetici, che Chiaverotti ha disseminato nelle sue precedenti storie dylaniane. E, a proposito di colpevole pigrizia, devo anche notare che si tratta del secondo speciale consecutivo la cui soluzione è basata su di un equivoco tra i nomi -soluzione che rimanda a sua volta a un'altra meraviglia sclaviana, "Il giorno del Giudizio".
C'è, infine, o forse alla base di tutto, il solito e difficilmente evitabile paradosso legato agli universi paralleli, che neppure qui ovviamente trova una soluzione efficace: se il futuro può essere modificato, vuol dire che in qualche modo il monastero deve essere "fuori dal tempo", come dice Eleanor a pagina 70 -ma, in questo caso, non avrebbe senso parlare di
simultaneità con gli eventi che accadono all'esterno, e dunque Eleanor non sarebbe in grado di intervenire "nello stesso momento", come lei stessa dice appena poche vignette prima, a pagina 69.