A me non è parsa una storia dai toni così leggeri e ironici come altri hanno scritto, ma può anche darsi che a sviarmi siano stati proprio i disegni di Roi, quindi diciamo che su questo punto sospendo il giudizio.
L'incipit muto è molto affascinante, ed efficace il colpo di scena che lo conclude: ma da lì in poi Mignacco si mette a riciclare un bel po' del suo "Il sogno della tigre", con l'africano N'Oha al posto dell'indiano Singh in veste di "straniero a contatto con lo spirito della Natura", per approdare al più classico (per non dire frusto, per non dire illogico) dei messaggi: "L'uomo è la vera bestia".
Solo che, se in quell'albo gli riusciva di tenere in piedi la pista soprannaturale fino all'ultimo, scartandola (... più o meno) solo in dirittura d'arrivo, qui accade quasi il contrario, e il finale sa tanto di soluzione di comodo, con
E la dottoressa Jay Pelham non ha certo il fascino giovanile e svagato ed esotico, e l'ambiguità, della giovane Seline -al contrario, ci mette giusto due pagine e mezza per dichiararsi apertamente interessata ai comportamenti sessuali del Nostro.