Dopo il caso isolato di "Ritorno al Crepuscolo" (forse si potrebbe contare anche "Maelstrom!", per certi versi), il morbo della sequelite inizia a diffondersi su Dylan Dog: nel giro di appena un paio d'anni appariranno albi come "La quinta stagione", "Il cuore di Johnny", "Il ritorno di Killex", e "Quando cadono le stelle", nei quali Sclavi ritornerà ai luoghi, ai personaggi e alle atmosfere di alcune delle sue storie più amate. Con il senno di poi (ma ho il sospetto che anche all'epoca avessi avuto questa impressione), questa insolita concentrazione di seguiti appare come un primo segnale di resa, quasi ad ammettere che i giorni migliori della testata, ormai, sono alle spalle -insomma, pare che il primo "primocentista" sia stato proprio Tiziano...
Anche se poi negli stessi anni, e ancora per un'altra stagione abbondante, sarà lo stesso Sclavi a smentirsi, regalandoci cose come "L'occhio del gatto", "Phoenix", "Tre per Zero", "Apocalisse", "Ghost Hotel". (Io ci metterei anche il numero del decennale, che se non altro mi aveva lasciato più soddisfatto del numero 100.)
Ad aprire questo filone, tuttavia, è Luigi Mignacco, che richiama in servizio il suo Pink Rabbit (qui ribattezzato inopinatamente Jumpo -non mi è chiara la sua insistenza nel non voler essere considerato "un coniglio rosa come tutti gli altri"). Non ho sottomano "I conigli rosa uccidono", cosa che da un lato mi secca perché mi impedisce di completare la mia revisione degli albi sceneggiati da Mignacco (è per questo che ultimamente sto ripescando dalla polvere digitale del passato questi vecchi thread in ordine apparentemente sparso, se qualcuno se lo fosse chiesto), ma che d'altronde mi permette di resistere alla tentazione di fare paragoni tra le due opere. Sarà per quello, o per il fatto che (a quanto ricordo) non mi pare di essere un fan accanito dell'originale, ma "Il paese delle ombre colorate" mi è sembrata una storia gradevole, che conferma pregi e difetti delle sceneggiature dylaniate dell'autore.
Tra i secondi, dialoghi a tratti troppo didascalici (quasi tutto lo scambio tra Dylan e Bloch alle pp. 62-65), qualche vaghezza di troppo sulle motivazioni e sui comportamenti dei personaggi (posso anche capire che Bambola/Betty fugga nel "mondo reale" per cercare Peter, anche se con un po' di pazienza magari l'avrebbe trovato là da dove veniva -Peter entra in quella dimensione subito dopo l'incidente, da quanto si capisce, e la prima cosa che fa è mettersi in cerca di lei-; ma perché, nel finale, non gli propone di andarsene via insieme?), e un finale piuttosto affrettato -anche se meno sdolcinato di quanto altri abbiano ritenuto, se non altro perché Peter e Betty non restano insieme.
Tra i primi, un ottimo incipit -anzi, due: sia quello animato, sia quello "reale"-, e la capacità di creare alcune buone scene, come la sequenza ospedaliera (un breve excursus sclaverottiano) e l'irresistibile serie di metafore sessuali visualizzate da Piccatto: parlo ovviamente della sequenza a pagina 69 (...), ma anche di un dettaglio che ho notato solo adesso, ossia i cannoncini del galeone che "esplodono" a pagina 23, quando Dylan la vede per la prima volta.
A proposito di Piccatto, qui è ancora al suo meglio, ribadendo la sua sintonia visiva con il personaggio di Groucho: la sua galleria di espressioni alle pp. 22-27 è impagabile.